Di recente, all’Istituto per la storia e le memorie del ’900 Parri, abbiamo restaurato e digitalizzato, in collaborazione con l’Associazione Home Movies, un fondo d’archivio consistente, composto da pellicole in 8 o 16 millimetri della produzione documentaristica di Giampaolo Bernagozzi e Pierluigi Buganè.

Bernagozzi è stato un uomo di cinema molto attivo nel panorama culturale italiano tra la fine degli anni Cinquanta e il 1986 (anno in cui è mancato), sia come critico, sia come docente accademico, sia come film maker e documentarista.

Come critico e studioso, ha dedicato tutta la sua attività al cinema indipendente, e in particolare al formato ridotto, quello che definiva il cinema “sommerso” perché non visibile, non fruibile in un mondo in cui l’industria cinematografica privilegiava esclusivamente la fiction e le grandi produzioni. Nell’Italia degli anni Cinquanta e Sessanta, secondo Bernagozzi, una politica culturale di stampo reazionario addirittura boicottava la produzione indipendente di documentari, a differenza di quanto avveniva in altre nazioni (Gran Bretagna, Jugoslavia, Olanda, Ungheria, Unione sovietica). Era prassi ordinaria perfino sottoporre le opere a una censura rigida quasi come quella fascista. Proprio in quegli anni, Bernagozzi fu molto attivo nella Federazione dei cineclub (Fedic), con la quale infaticabilmente creava o contribuiva a realizzare festival, mostre, spazi per far girare e valorizzare il cinema “a passo ridotto”, soprattutto in 16 mm.

Come docente, ricoprì la prima cattedra di Cinematografia documentaria e sperimentale al Dams di Bologna, da lui fortemente voluta, per restituire “pari dignità” al documentario, fino ad allora considerato un prodotto di serie B. Il testo del 1979 Il cinema corto. Il documentario nella vita italiana offriva un sistematico sguardo d’insieme alla produzione documentaristica italiana degli anni Cinquanta e Sessanta, rappresentandone a suo modo un manifesto. Il documentario, secondo Bernagozzi, viene troppo spesso soffocato dalle sopravvivenze di arcaiche burocrazie all’esterno e, all’interno, di un complesso sviluppo di contraddizioni che ne fa un genere mediocre. Perciò essere documentarista significa spesso essere costretti dal mercato a rinunciare a fare scelte autoriali, rendersi disponibili a ogni possibile sussulto dell’offerta. Senza contare che l’assenza di una scuola e di dialettiche interne ha radicalizzato in molti l’idea che il documentario sia semplicemente un trampolino di lancio per il lungometraggio.

Bernagozzi lavorò inoltre al rapporto tra cinema e scuola. Per esempio, fu il primo a far circolare i materiali dell’Archivio Luce, in particolare i cinegiornali fascisti, nelle scuole di tutta Italia. Suo obiettivo dichiarato era sfatare il mito dell’oggettività dell’immagine e mostrare la natura propagandistica non solo dei cinegiornali fascisti, ma anche dei cinegiornali del dopoguerra, la Settimana Incom, che definiva “le settimane del terrore” perché intrise di propaganda quasi come i notiziari fascisti.

Fu anche fondatore della Sezione audiovisivi dell’Istituto Parri di Bologna, aprendo la strada all’uso del cinema come fonte per lo storico e alla cosiddetta scrittura filmica della storia - procedimento che poi con il suo successore, Pierre Sorlin, ha caratterizzato e caratterizza tuttora il lavoro della sezione.

Come film maker e documentarista militante, infine, ha realizzato in collaborazione con Pierluigi Buganè circa 30 film, tutti in 8 o 16 mm. Gran parte di questi film sono conservati nel fondo restaurato e digitalizzato a cura di Home Movies. Formatosi come archeologo, docente di Storia romana prima di fondare la cattedra di Cinematografia documentaria e sperimentale, la passione per la fotografia e il cinema “amatoriale” lo portò a sperimentare il mezzo filmico. Fin da subito la sua produzione si focalizzò sul cinema di impegno civile e sul cinema d’inchiesta, da lui stesso così definito nel già citato Il cinema corto:

Può dar luogo a molti equivoci, soprattutto quando si interpreta come cinema-verità: cioè come cinema dove si pretende che l’immagine che fissa la vita parli per sé stessa, svincolata da ciò che la precede e da ciò che la segue. Il cinema-inchiesta invece è sempre manipolazione (e non lo dico in senso negativo) anche nei casi dove l’intervento degli autori è minimo. È sempre la somma di diversi elementi: di quello che c’è prima e di quello che c’è dopo il fatto puramente cinematografico.

I temi sui quali Bernagozzi e Buganè si sono in particolare soffermati sono l’antifascismo e la Resistenza, coniugati nell’atmosfera degli anni Sessanta e Settanta coi timori di una ripresa del neofascismo. Lo avrai camerata Kesselring, una delle sue opere più compiute, passa dalla narrazione degli eventi della Resistenza a Bologna alla “neo-resistenza” degli anni Settanta nei confronti delle stragi neofasciste. Dedicato a chi perdona, il suo ultimo lavoro, parte dalla strage nazifascista di Marzabotto per arrivare alla strage alla stazione di Bologna. Ha realizzato anche alcuni documentari specifici su stragi e terrorismo fascista, come Italicus e 28 maggio ore 10:12, Brescia.

Una selezione dei documentari del Fondo Bernagozzi-Bugané è stata presentata durante Archivio Aperto 2013 ed è visibile sul canale Youtube dell’Istituto per la storia e le memorie del ’900 Parri Emilia-Romagna. La selezione è un montaggio di brani tratti dai documentari più importanti di Bernagozzi e Buganè in formato 16 mm (l’unica eccezione è rappresentata da Dedicato a chi perdona, che fu realizzato in video):

  • Terezinské Gheto (1963): documentario su testi e disegni di bambini deportati durante la Shoah;
  • Nein (1965): documentario su opere presentate alla mostra Arte e Resistenza in Europa, Museo civico di Bologna (26 aprile-30 maggio 1965), che fa parte di un dittico con Der Sieger;
  • In Italia la guerra è finita (1967): documentario sull’Italia del boom economico e sulle guerre “imperialiste”, in particolare il conflitto nel Vietnam;
  • Caprera (1970): documentario sul “tradimento” dei valori della Resistenza;
  • Col bianco dei capelli di una madre... (1972): documentario sulle sofferenze e sul sacrificio dei soldati durante la Seconda Guerra Mondiale. 
  • Sbatti il mostro... dove vuoi (1973): documentario sulla coercizione scolastica e sull’apologia di fascismo nei libri di testo dell’Italia repubblicana;
  • Italicus (1974): documentario sulla strage del treno Italicus, avvenuta il 4 agosto 1974 a San Benedetto Val di Sambro;
  • 28 maggio ore 10:12, Brescia (1974): documentario sul terrorismo nero e la strage di Brescia;
  • Lo avrai camerata Kesselring (1976): documentario sui crimini nazifascisti e la resistenza a Bologna.
  • Dedicato a chi perdona (1985): documentario sulle reazioni degli abitanti di Marzabotto alla richiesta, fatta dal parroco, per la concessione del perdono a Walter Reder, il “boia di Marzabotto”.

Per approfondire lo studio della figura e delle opere di Giampaolo Bernagozzi segnaliamo Roberto Chiesi, Giampaolo Bernagozzi un’ispirazione civile (Fedic, Roma 1996), che contiene anche la filmografia completa delle opere. Il fondo Bernagozzi-Buganè è consultabile presso la Sezione audiovisivi dell’Istituto per la storia e le memorie del ’900 Parri.