Per quanto molto diverse tra loro e con un taglio differente – celebrativo, memorialistico o storico – le iniziative legate al centenario della Grande guerra stanno riempiendo l’Europa. Germania, Francia, Gran Bretagna, Italia, Austria... Perfino in Portogallo. Non così in Spagna, che in quel conflitto fu neutrale, per quanto la guerra smosse – e molto – le acque stagnanti del regime della Restaurazione di Alfonso XIII con un acceso scontro tra aliadófilos e germanófilos che si protrasse per tutta la durata del conflitto e con la tripla crisi del 1917, tra le Giunte di Difesa militari, l’Assemblea dei parlamentari di Barcellona e lo sciopero generale rivoluzionario. È anche vero, però, che le ricorrenze sono soprattutto altre per il paese iberico.

In Catalogna è il Tricentenario. Si celebrano i trecento anni da quel fatidico 1714, che segnò la fine della guerra di successione spagnola con la vittoria di Felipe V di Borbone e la caduta di Barcellona che, l’11 settembre di quell’anno, fu riconquistata, dopo quattordici mesi di assedio, dalle truppe del duca di Berwick. Per i catalani, l’11 settembre è la Diada, una festa nazionale. E quest’anno, in cui pare che una Catalogna indipendente non sia più qualcosa di utopico, il governo catalano ha organizzato molte celebrazioni, la maggior parte di stampo nazionalistico e patriottico. Ma di questo ne parleremo in una prossima corrispondenza.

In tutta la Spagna, poi, se in questo 2014 vi dev’essere un centenario è più facile che sia quello della Generazione del 14, il gruppo di scrittori e intellettuali, tra cui José Ortega y Gasset, Gregorio Marañón, Juan Ramóm Jiménez, Manuel Azaña e Ramón Gómez de la Serna, che vivacizzarono e tentarono di modernizzare, europeizzandolo, il paese iberico nei primi decenni del Novecento e nel periodo repubblicano. Fu Lorenzo Luzuriaga a coniare a fine anni Quaranta il termine di generazione del 14, scegliendo come momento chiave il discorso che nel marzo di quell’anno Ortega y Gasset pronunciò nel Teatro della Comedia di Madrid: Vieja y nueva política, una sorta di manifesto per quella generazione. E a tutto questo, a quel fiorire di riviste e di progetti culturali (dalla Revista de Occidente alla Residencia de Estudiantes fino alla Liga de Educación Política), ai legami con l’Europa e con le Americhe, è stata dedicata, alla Biblioteca Nacional de Madrid, un’interessante mostra, intitolata Generación del 14. Ciencia y modernidad, che si è potuto visitare dal mese di marzo fino allo scorso primo giugno. Curata da Antonio López Vega, Juan Pablo Fusi Aizpurúa, José Manuel Sánchez Ron, José Lebrero Stals e Carlos Pérez García, la mostra ha presentato oltre duecento oggetti, tra pitture, sculture, fotografie, lettere, materiale scientifico, opere d’arte e libri.

Detto questo, ci sono però anche alcune iniziative interessanti legate alla Grande guerra. A partire dalla pubblicazione di alcuni studi storici di qualità, come España en la Primera Guerra Mundial. Una movilización cultural di Maximiliano Fuentes Codera o Nidos de espías. España, Francia y la Primera Guerra Mundial, 1914-1919 di Eduardo González Calleja e Paul Aubert, che scandagliano due ambiti in cui la Spagna ebbe, direttamente o indirettamente, un certo protagonismo: quello culturale e quello dei servizi di spionaggio. E poi alcune mostre. Ad inizio giugno si è inaugurata a Logroño, nella Rioja, El archivo de Tánger. Crónica de la Gran Guerra, un’esposizione – che si potrà visitare nei prossimi mesi anche a Valencia, Madrid e in diverse città francesi – che raccoglie oltre sessanta fotografie, opera del capitano francese Juivord, acquistate all’archivio della città di Tangeri e restaurate dalla Casa de la Imagen di Logroño. Sempre nel mese di giugno a Barcellona è stato possibile visitare anche 100 años. Primera Guerra Mundial 1914-1918, una mostra, organizzata dalla Biblioteca comunale del Guinardò «Mercé Rodoreda», che ha presentato diversi materiali riguardo al primo conflitto mondiale (libri di memorie e diari, romanzi, poesie, fumetti, film e documentari).

L’evento sicuramente più interessante è stato però il Congresso internazionale 1914. La Gran Guerra y sus consecuencias. Las alternativas a la quiebra de la civilización liberal, organizzato dal Grup d’Estudis República i Demòcracia (GERD) e tenutosi presso l’Universitat Autònoma di Barcellona il 7 e l’8 maggio scorsi. Un congresso suddiviso in cinque panel a cui hanno preso parte una decina di specialisti spagnoli e di altre nazionalità che lavorano da tempo su tematiche quali la violenzia politica e la cultura della violenza in una prospettiva comparata (Alan Kramer, Giulia Albanese, Javier Rodrigo, Eduardo González Calleja), la propaganda (Antonio Niño), il pacifismo (Kevin Morgan), il nazionalsocialismo (Michael Grüttner), il maurassismo (Olivierd Dard) o la situazione del difficile dopoguerra nei diversi paesi europei (Francisco Romero Salvadó, Josep Puigsech, Adriá Llacuna). Le tematiche trattate dimostrano come uno degli scopi del congresso fosse proprio quello di proporre una interpretazione della guerra del 1914-1918 in una prospettiva di lungo periodo e da diversi punti di vista. Quanto la Guerra, in poche parole, abbia segnato il dopoguerra nei diversi paesi che hanno partecipato o meno, come nel caso della Spagna, al conflitto. Un approccio che, come si è dimostrato recentemente in diversi studi, è molto fertile, ed è quanto mai necessario a distanza di un secolo da quegli avvenimenti. Ci auguriamo comunque che questo interessante congresso non sia l’eccezione e che nell’arco del prossimo triennio si organizzino altre iniziative ben più consistenti legate al centenario della Grande guerra e alle influenze che il conflitto ha avuto sulla politica, la società, l’economia e la cultura spagnole.