Mentre l’Europa ricorda il centenario della Grande guerra, in questo 2014 la Catalogna è sommersa di iniziative celebrative, memorialistiche e storiche che ricordano un altro avvenimento storico poco conosciuto a nord dei Pirenei. L’11 settembre del 1714, la città di Barcellona fu riconquistata, dopo quattordici mesi di assedio, dalle truppe spagnole del duca di Berwick. La riconquista del capoluogo catalano pose fine alla guerra di successione spagnola, che era durata quasi un quindicennio e aveva visto il coinvolgimento diretto delle grandi potenze del Vecchio continente. I catalani, che appoggiavano il pretendente al trono Carlo d’Austria, furono sconfitti, i Borbone instaurarono una monarchia assolutista e per punire i “traditori” catalani il re Filippo V impose i Decreti di Nueva Planta che abolirono le autonomie locali catalane esistenti dal Medio Evo.

Fino alla fine del XIX secolo, in Catalogna i fatti del 1714 hanno avuto ben poca centralità. Con il nascere del catalanismo politico tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento quella data riacquistò poco a poco importanza e divenne un simbolo: nel 1980, non a caso, si scelse l’11 settembre come il giorno della festa nazionale catalana, la Diada. Le aspirazioni indipendentiste catalane dell’ultimo biennio hanno ridato ancora maggiore centralità all’11 settembre e ai fatti che in quel giorno si ricordano. Dal 2012, infatti, la manifestazione organizzata il giorno della Diada ha visto crescere i propri partecipanti da poche decine di migliaia a oltre un milione. È in questo contesto politico che si devono leggere e interpretare le innumerevoli iniziative che hanno invaso Barcellona e la Catalogna in questo 2014, l’anno del Tricentenario.

Purtroppo, una parte importante del ricchissimo programma di iniziative – mostre, conferenze, tavole rotonde, installazioni, spettacoli, ecc. – ha visto una politicizzazione notevole, riscontrabile sia nell’utilizzazione a fini politici della storia catalana sia nella rilettura di eventi del passato in una chiave chiaramente nazionalistica. Niente di nuovo, per carità, ma in alcuni casi questo imprinting è così grezzo da risultare quanto meno controproducente per gli organizzatori. Nella presentazione del sito del Tricentenario, i cui atti sono stati organizzati e finanziati dalla Generalitat de Catalunya, la regione autonoma catalana, si legge ad esempio che la commemorazione del 1714 è «una magnifica opportunità sia per celebrare la tenacia di un popolo – e le sue ragioni – sia, soprattutto, per imparare dagli errori e dalle cose giuste fatte», e che il Tricentenario si basa su quattro pilastri: «commemorare, reimmaginare, coesionare e proiettare», con l’obiettivo di mettere in luce «il vincolo persistente tra il 1714 e il 2014, il filo che unisce ciò che eravamo, ciò che siamo e ciò che saremo». Il presidente della Generalitat de Catalunya, Artur Mas, lo ha espresso molto bene, affermando in più d’una occasione che «la Catalogna vuole difendere con i voti quello che hanno difeso gli eroi del 1714», facendo riferimento al referendum di autodeterminazione che il governo catalano ha convocato per il 9 novembre prossimo. Così la settimana dell’11 settembre di quest’anno, giorno in cui un’altra grande manifestazione ha occupato pacificamente le strade di Barcellona, sulla facciata del Palau della Generalitat, la sede del governo catalano, si è potuta vedere la videoproiezione animata della senyera, la bandiera catalana, opera dell’artista Franc Aleu intitolata In Memoriam.

Secondo questa logica e con questi obiettivi è stato inaugurato un anno prima del Tricentenario, l’11 settembre 2013, il Centro Cultural del Born, il quartiere che è stato protagonista dell’ultima resistenza barcellonese all’assedio delle truppe borboniche nel settembre del 1714. In esso si possono visitare dei resti archeologici – unici nel loro genere – della città di Barcellona precedenti alla guerra di successione. Il bellissimo Centro, che utilizza l’antica struttura modernista del mercato del Born e all’ingresso del quale si staglia una enorme bandiera catalana, presenta diversi spazi, in cui si organizzano mostre, conferenze, presentazioni di libri, concerti e spettacoli. L’opportunità di offrire alla cittadinanza e ai molti turisti che invadono ogni anno Barcellona uno spazio per conoscere la storia della città e della cultura catalana è però viziato pesantemente da una lettura nazionalista del passato catalano in chiave antispagnola. Nella presentazione del Centro si parla della «Barcellona del 1700, la prospera città che ha subito l’assedio del 1714, di epica ed eroica resistenza, prima di concludersi con la perdita delle libertà nazionali della Catalogna, che a tre secoli di distanza non sono ancora state restituite» e si ricorda che «se siamo coscienti delle nostre origini e di chi siamo, sapremo sempre meglio verso dove dobbiamo avanzare come popolo». Come sottolinea Francisco Morente Valero, professore di storia contemporanea dell’Università Autonoma di Barcellona, «la proposta del Centro cultural del Born si riassume in una storia di buoni (i catalani eroici e resistenti) e di cattivi (gli spagnoli sanguinari e liberticidi). Così è stato trecento anni fa e così è anche adesso. Che fosse falso nel 1714 e che lo sia anche nel 2014 fa lo stesso. Il mezzo è il messaggio e il Born assolve perfettamente questa funzione».

Così le due mostre permanenti del Centro, intitolate Fino ad ottenerlo! L’assedio del 1714 e Barcelona 1700. Dalle pietre alle persone, sono accompagnate da altri pannelli esplicativi che poco hanno a che vedere con i fatti di tre secoli fa, come, tra gli altri, una serie di profili biografici di politici catalani (il presidente della Generalitat Lluis Companys, il dirigente democristiano Manuel Carrasco Formiguera, l’anarcosindacalista Joan Peirò, ecc.) fucilati dai franchisti durante e alla fine della Guerra Civile del 1936-1939. La lettura che si vuole offrire al visitatore è chiara: la Spagna è sempre stata il nemico della Catalogna, una nazione oppressa ormai da trecento anni di dominio straniero. Un’interpretazione che fa rabbrividire qualunque storico, tranne quelli che hanno abbracciato la lotta per l’indipendenza catalana di questi ultimi anni. E non sono pochi, purtroppo. Un esempio è rappresentato da Espanya contra Catalunya: una mirada histórica (1714-2014), un congresso di storia tenutosi a dicembre del 2013 e organizzato dal Centre d’Història Contemporània de Catalunya e dalla Societat Catalana d’Estudis Històrics. Un incontro, che più che un congresso è stato un atto di propaganda politica a cui hanno partecipato non pochi storici catalani e che è stato pesantemente criticato in ambito accademico e pubblico.

Detto questo, bisogna riconoscere che al di là di altri casi simili – come 300 Undici Settembre (1714-2014). Dalla sconfitta alla Diada della Nazione, mostra esposta al Museu d’Història de Catalunya, il cui direttore, non a caso, è stato dal 2000 al 2008 il promotore del congresso citato anteriormente, Jaume Sobrequés i Callicó – si sono potute e si possono ancora visitare esposizioni e mostre di un certo interesse. All’Onze de Setembre – l’11 settembre – e alle rivendicazioni catalane legate a quella data hanno dedicato due mostre anche l’Arxiu Històric de la Ciutat de Barcelona (Undici settembre. Storia della commemorazione della Diada a Barcellona) e l’Arxiu Municipal Contemporani (Dalla demolizione della Ciutadella alla rivendicazione dell’11 settembre). La migliore ricostruzione storica è quella offerta da Il mondo del 1714 esposta al Museu d’Història de Barcelona (Muhba), da sempre attento a non confondere la politica del presente con la storia passata. Ma poi, con alti e bassi per quanto riguarda l’offerta qualitativa, si sono organizzate esposizioni che toccano quasi tutti gli ambiti: dalla fotografia (A proposito dell’11 settembre presso l’Arxiu Fotogràfic de Barcelona) alla scultura (Rafael Casanova. La divulgazione di una scultura monumentale presso il Museu Frederic Marès – Rafael Casanova guidò l’esercito catalano durante la difesa di Barcellona del 1713-1714), dalla lingua catalana (1714. Il catalano ieri, oggi e domani presso il Centre de Normalització Lingüística de Barcelona) al giornalismo e alla propaganda (1714. Notizie e propaganda presso il Collegi de Periodistes de Catalunya), dalla medicina (Il mondo della salute nella Barcellona del 1714 presso il Collegi Oficial de Metges de Barcelona) alla musica (Le musiche del 1714 presso il Museu de la Música de Barcelona).

È impossibile in questo spazio ricordare anche le moltissime conferenze, le tavole rotonde, gli incontri e gli spettacoli organizzati quasi ogni giorno nell’ultimo anno. Per una panoramica di tutte queste iniziative si può consultare il programma del Tricentenario nel capoluogo catalano. Vale però la pena menzionare altre due iniziative. La prima è La battaglia finale, una serie di grandi installazioni esposte in 13 piazze e vie del centro storico di Barcellona con fumetti dell’artista Oriol García Quera che rappresentano gli episodi chiave del 1714. La seconda è BCN 1714. Un percorso sonoro nella storia, un audio guida per smartphone e tablet che permette di conoscere, mentre si passeggia per la città, i principali luoghi barcellonesi della guerra di successione del 1713-1714.

Nel 2014 c’è stata anche un’altra commemorazione in Catalogna: quella del centenario della Mancomunitat catalana, l’istituzione, creata nel 1914 e soppressa nel 1925 durante la dittatura di Miguel Primo de Rivera, che riuniva i quattro consigli provinciali catalani. Fu il primo riconoscimento dell’unità territoriale catalana da parte dello stato spagnolo. A questo centenario si sono dedicati, sia a Barcellona che negli altri capoluoghi di provincia della Catalogna (Tarragona, Girona e Lerida), varie mostre e vari incontri, passati comunque in secondo piano per il protagonismo dato al Tricentenario del 1714.