La vita di Vera Vigevani Jarach percorre il ’900 e si dipana attraverso momenti fondamentali per la storia del secolo: il fascismo, la Shoah, la dittatura in Argentina. Nata a Milano nel 1928, lasciò l’Italia dieci anni dopo, quando, in seguito all’approvazione delle leggi razziali nel 1938, la sua famiglia decise di espatriare in Argentina. Solamente il nonno rimase in Italia, convinto che nel nostro paese non sarebbe successo nulla: morì nel 1943 ad Auschwitz. In Argentina Vera sposò Jorge Jarach. Dal matrimonio nacque Franca, che, in ragione della sua attività politica, venne arrestata il 25 giugno del 1976. I genitori non seppero più nulla di lei: quasi certamente fu uccisa con i voli della morte [Vigevani V., Guelar D., Ruiz B. 2013].
Vera Vigevani è una delle fondatrici dell’organizzazione Madres de Plaza de Mayo, e ora appartiene all’associazione Linea fundadora. Il suo compito è molteplice: la ricerca della giustizia e la volontà di evitare che l’oblio scenda sulla storia che l’ha vista protagonista e parte in causa. Per questo motivo, il nostro incontro inizia proprio con la domanda: perché ricordare? Emerge così come la memoria sia per lei un dovere civile, un impegno imprescindibile: ricordare il passato al fine di riconoscere i meccanismi e le cause di ciò che è avvenuto, per poter reagire ed evitare di rimanere indifferenti.
Ricordare attraverso i luoghi
Secondo Pierre Nora [1978, 401] i luoghi di memoria sono «des lieux, au sens précis du terme, où une société quelle qu’elle soit, nation, famille, ethnie, parti, consigne volontairement ses souvenirs ou les retrouve comme une partie nécessaire de sa personnalité: lieux topographiques, comme les archives, les bibliothèques et les musées; lieux monumentaux, comme les cimetières ou les architectures; lieux symboliques, comme les commémorations, les pèlerinages, les anniversaires ou les emblèmes; lieux fonctionnels, comme les manuels, les autobiographies ou les associations: ces mémoriaux ont leur histoire» [1]. In Argentina, un luogo di memoria molto significativo è l’Escuela de Mecánica de la Armada (Esma), ovvero la scuola della marina militare dove il regime rinchiudeva e torturava i prigionieri. Vera Vigevani racconta di come l’Esma sia diventato un luogo dedicato alla memoria, ma una memoria attiva e propositiva che si integra alla tematica dei diritti umani.
Giustizia, perdono, riconciliazione
Dopo tanti anni, si stanno celebrando i processi contro i militari e i civili che si sono macchiati di crimini durante la dittatura. Questi procedimenti giudiziari avvengono a una certa distanza di tempo dagli eventi, e dopo un periodo in cui in Argentina erano state emanate leggi che di fatto impedivano il loro svolgimento. Nell’intervista Vera racconta la sua necessità di rincorrere, seppur dopo molto tempo, la verità giudiziaria, che diventa estremamente importante non solo per le persone direttamente colpite dal lutto, ma per tutta la comunità. Per questo motivo si continua a testimoniare anche in tribunale: essere testimone per la giustizia, per la società, e per i giovani a cui passare, appunto, il testimone. In questo senso, la testimonianza diventa fondamento di una cittadinanza attiva.
Ferite che non si rimarginano, cicatrici che devono segnare la strada verso la speranza
Le ferite si cicatrizzano, ma rimangono i segni, le tracce che non si cancellano mai. Vera ci parla delle sue cicatrici e della volontà di raccontarle: quelle di una bambina che viene espulsa da scuola, che va in Argentina, che perde il nonno ad Auschwitz; e quelle di una madre che perde la sua unica figlia diciottenne, uccisa nei voli della morte. Due morti che non hanno trovato sepoltura. Da questo ricordo, Vera vuole percorrere le strade verso la speranza, una speranza verso una società simile a quella desiderata dai giovani argentini.
Sto cercando una parola per definirmi
A volte indicata come “militante della memoria”, questa formula non la convince perché le ricorda i militari. In realtà, Vera sostiene di non conoscere un’esatta definizione per se stessa e per quello che fa, per cui conclude il suo racconto riflettendo sul valore della testimonianza e trovando la vera chiave per comprendere la propria attività nell’impegno verso il futuro, ovvero nella volontà di affidare la testimonianza ai giovani.
Bibliografia
- Nora P. 1978
- Mémoire collective, in Le Goff J., Chartier R., Revel J. (eds.) 1978, La Nouvelle Histoire, Paris: Cepl
- Vigevani V., Guelar D., Ruiz B. 2013
- I ragazzi dell’esilio. Argentina (1975-1984), Roma: 24 marzo Onlus / Bologna: Qudulibri
Risorse on line
- Il rumore della memoria
- http://www.corriere.it/cultura/speciali/2014/il-rumore-della-memoria
- Madri di plaza de Mayo - Linea fundadora
- http://madresfundadoras.blogspot.it
Note
1. «Luoghi, nel senso preciso del termine, in cui una società, qualunque essa sia, nazione, famiglia, etnia, partito, registra volontariamente i suoi ricordi o li ritrova come una componente necessaria della sua personalità: luoghi topografici, quali archivi, biblioteche e musei; luoghi monumentali, come cimiteri o architetture; luoghi simbolici, come commemorazioni, pellegrinaggi, anniversari o emblemi; luoghi funzionali, come manuali, autobiografie o associazioni: questi monumenti hanno la loro storia».