1. Premessa
Il dibattito statunitense sul ruolo di statue e monumenti nei luoghi pubblici, intensificatosi a partire dal 2017 grazie agli stimoli dei movimenti di contestazione come Black lives matter, ha riportato all’attenzione di numerosi osservatori la sorprendente persistenza, nel Burnham Park di Chicago, del cosiddetto Balbo Monument. La volontà di commemorare le imprese del ras fascista di Ferrara da parte del paese che rappresentò una delle forze determinanti nella sconfitta dei regimi nazifascisti, appare, ancora oggi, agli occhi di molti come una bizzarria, un incidente della storia. Inaugurato nel luglio 1934, il monumento che, diversamente da ciò che il nome a esso comunemente attribuito sembrerebbe suggerire, non era una statua raffigurante il gerarca, ma un’antica colonna romana proveniente dal porto di Ostia Antica; fu un dono di Mussolini alla città che, l’anno precedente, aveva accolto con molti onori la Squadra atlantica guidata dall’allora generale, nonché ministro dell’Aeronautica, Italo Balbo, nell’ambito della Crociera aerea del decennale del regime. La decisione di celebrare in siffatto modo il volo transatlantico simboleggiava la volontà fascista di ricordare quella che era interpretata come una grande prova di orgoglio nazionale, una vittoria pacifica e collettiva della “nuova” Italia. Le autorità cittadine accolsero con piacere la donazione, che sembrava dimostrare la centralità assunta da Chicago, città ospite dell’Esposizione universale, a livello internazionale e rappresentava altresì un utile strumento per mantenere buone relazioni con la cospicua comunità italo-americana lì residente. Lo stesso Consiglio comunale della città, d’altronde, già l’anno precedente l’arrivo della colonna aveva deciso di intitolare al gerarca ferrarese una strada, la Balbo Drive, in una delle più importanti aree commerciali della città [Carter 2019, 222]. La celebrazione di Italo Balbo e della Squadra atlantica da parte di una porzione dell’opinione pubblica americana che, come si vedrà, negli aviatori vedeva gli interpreti di una nuova e moderna Italia, lontana dallo stereotipo del paese povero da cui le persone erano state costrette a fuggire, dimostrava la fascinazione per alcuni tratti dell’ideologia fascista. Senza indugiare eccessivamente nell’attribuzione di un valore simbolico alla colonna mussoliniana, si può, perciò, ritenere che essa rappresenti una metafora – peraltro persistente – della capacità fascista di penetrare, seppure solo parzialmente, nella società statunitense.
Il mantenimento del monumento anche successivamente al termine della Seconda guerra mondiale pone, d’altronde, alcuni interrogativi. La presunta ambiguità della figura di Balbo, anche in virtù della sua scomparsa nei cieli libici poco dopo l’aggressione italiana alla Francia e molti mesi prima dell’ingresso statunitense nel conflitto, consentì, negli Stati Uniti come in Italia, la costruzione di forme celebrative della trasvolata transoceanica “defascistizzate”. Italo Balbo, dunque, fu ufficialmente ricordato operando una scissione tra il gerarca fascista e il grande aviatore e relativizzando, così, le sue responsabilità politiche. Tale operazione culturale di cui, come è stato sottolineato, l’aeronautica italiana è stata una delle principali interpreti [Carter 2019, 227-228] e che trovò eco, sin dagli anni Quaranta, anche negli Stati Uniti [1], appare, tuttavia, particolarmente problematica dal punto di vista storiografico, alla luce degli obiettivi propagandistici attribuiti alla Crociera del decennale dallo stesso Balbo e da Mussolini. Negli ultimi anni, la figura del ras ferrarese appare tornata al centro di numerose controversie, tanto in Italia, quanto negli Usa. A seguito di alcune proteste parlamentari e giornalistiche, ad esempio, il Ministero della Difesa italiano ha, nel marzo 2022, rimosso il nome di Balbo dall’airbus del 31° stormo dell’aeronautica militare [Morosi, Rastelli 2022]. Molte polemiche hanno, inoltre, accompagnato tanto la decisione del sindaco di Orbetello di intitolare al fascista ferrarese l’idroscalo cittadino, quanto le proposte di dedicare una mostra – e una strada – a Italo Balbo nella sua città natale, dopo la vittoria elettorale del centrodestra nel 2019. Anche negli Stati Uniti, le contestazioni sul monumento e sulla denominazione della strada si sono recentemente intensificate, dimostrando come il processo di memorializzazione dell’impresa aviatoria compiuta dal gerarca italiano sia niente affatto pacificato e come esso continui a simboleggiare, piuttosto, alcune irrisolte contraddizioni degli Stati Uniti [Valentino 2022].
Le più recenti pubblicazioni [Carter 2019; Ottanelli 2022] hanno restituito la dimensione politica a un monumento che, lungi dall’essere esclusivamente celebrativo di un’impresa aviatoria, continua a rappresentare un controverso simbolo, cui sono attribuiti differenti significati da attori, talora in competizione tra loro per l’affermazione nello spazio pubblico di valori tra essi inconciliabili. In continuità con tali studi, questo saggio ambisce dunque a ricostruire il dibattito storiografico sul monumento e a interrogarsi sulle ragioni della sua presenza nella città di Chicago e sul suo mantenimento sino ai giorni presenti. In particolare, si intende cercare di comprendere come la figura di Italo Balbo sia stata utilizzata dal regime – e dallo stesso gerarca ferrarese – a scopo propagandistico, quali elementi abbiano fatto breccia in una parte dell’opinione pubblica americana, che indubbiamente accolse con simpatia la Crociera del decennale, e quali ragioni portino oggi alle contestazioni del monumento e, ciononostante, alla sua permanenza.
2. Un secondo Colombo
Il volo a tappe di 24 idrovolanti in squadriglia sull’Oceano Atlantico – da Orbetello sino a Chicago – guidato dal ministro dell’Aeronautica italiana trovò larga eco non solo sulla stampa italiana, ma anche sui giornali internazionali. Progettata sin dal 1931, dopo la prima traversata atlantica verso il Brasile [2], la nuova crociera fu immaginata da Balbo e Mussolini nell’ambito delle celebrazioni del Decennale della rivoluzione fascista, anche se la sua realizzazione slittò all’estate 1933 [Balbo 1934, 14-15]. Più che come un’impresa sportiva, la trasvolata fu intesa dal gerarca ferrarese come il debutto di una nuova stagione di voli commerciali tra Europa e Stati Uniti, in cui l’Italia avrebbe dovuto giocare un ruolo di primo piano [Segrè 1988, 286], e come una straordinaria occasione di propaganda per il regime fascista.
Dall’Europa al Labrador, dal Labrador al Canadà e dal Canadà a Chicago, – scriveva Balbo in un comunicato trasmesso all’Agenzia Stefani – il nostro non appare come un “raid” del vecchio senso sportivo. Il pubblico ha compreso che è il mondo che cammina, è la nuova anima che tutti ci prende e ci spinge verso il progresso, verso le nuove conquiste umane. L’aviazione italiana anziché compiere delle manovre militari in Europa, è venuta qui in America a portare un saluto amichevole adempiendo una missione civile. In conseguenza dei grandi progressi aggiunti, l’aviazione può, come le marine, effettuare crociere su tutti i mari e compiere importanti missioni civili. L’Italia ne ha dato per prima l’esempio. Come è stato possibile ciò? Gli aviatori italiani sono soldati al servizio di una nazione che ha un grande Capo animatore: Mussolini. Io debbo a Lui, ai Suoi preziosi ordini se ho saputo frenare i nervi e attendere il momento buono per la partenza della crociera, e debbo anche a Lui, al Suo fascino di condottiero, la mia incrollabile fede nella vittoria. Mussolini, da Roma, ispira e propizia le ali tricolori che portano ovunque il fremito del Suo grande cuore e della Sua grande mente, teso verso l’ideale di un nuovo mondo più prospero per tutti, più umano, più potente [3].
L’adulazione nei confronti di Mussolini, in questa comunicazione così come nei molti discorsi da Balbo tenuti negli Stati Uniti, è stata considerata dagli studiosi come il tentativo di rabbonire un duce particolarmente infastidito dalla popolarità acquisita nel corso dell’impresa dal ministro che quest’ultimo avrebbe, d’altronde, pagato successivamente con il «dorato esilio» in terra libica [De Felice 1974, 284-286; Guerri 1984, 260-262; Segrè 1988, 303]. Sebbene forse pronunziate a tale scopo, le parole di Balbo provavano, tuttavia, una profonda comunità d’intenti tra i due uomini sul senso generale della missione. La dimostrazione della potenza della nuova Italia fascista rappresentava, infatti, uno degli obiettivi primari della trasvolata, che, se coronata dal successo – come effettivamente accadde –, avrebbe potuto giovare all’immagine del paese guidato da Mussolini e al suo regime politico. Per questa ragione, in molti, compreso lo stesso duce nel suo messaggio per l’inizio del dodicesimo anno del regime, insistettero sul carattere intrinsecamente fascista della spedizione aerea, capace di dimostrare «di qual tempra sia la nuova generazione del Fascismo» [4]. «L’impresa – scriveva il direttore dell’Istituto superiore di studi del lavoro e della previdenza Oddone Fantini – minuziosamente, lungamente, pazientemente preparata, rappresenta la perfezione del metodo, dell’ordine, della disciplina: virtù e qualità fasciste per eccellenza» [5].
Gli obiettivi propagandistici – più di quelli commerciali che non avrebbero avuto il seguito sperato – furono certamente raggiunti negli Stati Uniti, dove l’atterraggio degli «ambasciatori dell’Italia fascista» [6], il 15 luglio 1933, fu salutato con grande entusiasmo. Sin dai giorni della partenza da Orbetello, molti giornali americani seguirono con curiosità la trasvolata. Italians Fly For Chicago titolava, ad esempio, in prima pagina il «Chicago Tribune», il 1° di luglio, annunziando la partenza di 25 idrovolanti [7] e di 100 uomini in direzione della Esposizione nella città statunitense [8]. Nei giorni seguenti il quotidiano seguì costantemente la traversata, dedicandole numerose aperture e anticipando il clima di eccitazione che pervase Chicago e, più complessivamente, gli Stati Uniti, dinanzi all’impresa di Balbo [9]. Anche il «Chicago Herald and Examiner» prestò larga attenzione agli aviatori italiani, assecondando così le simpatie del suo editore, il magnate californiano William Randolph Hearst, per il regime di Mussolini [Diggins 1972, 59] [10]. Il giornale pubblicò anche una sorta di diario di bordo dello stesso Balbo, celebrando così l’impresa con le parole del suo animatore [11]. Non furono, del resto, esclusivamente i giornali della città dell’Illinois a salutare la trasvolata; anche il «New York Times», il 28 maggio, sottolineò come quella che stava per partire da Orbetello fosse «una delle più ambiziose e spettacolari imprese aviatorie» compiute sino a quel momento [12].
L’attenzione della stampa sembrò raggiungere la sua acme al momento dell’arrivo a Chicago, quando Balbo e gli “atlantici” furono salutati da una enorme folla la cui curiosità proprio i giornali avevano alimentato. Centinaia di migliaia di persone – addirittura un milione secondo alcuni eccitati resoconti [13] – si accalcarono sulle rive del Lago Michigan per assistere all’arrivo degli idrovolanti italiani, accompagnati da aerei militari statunitensi che nel cielo disegnarono la scritta Italy [Segrè 1988, 297].
Giunti in città, gli aviatori furono coinvolti in una messe di incontri, iniziative, celebrazioni, sempre accompagnate da una folta presenza di pubblico, raccontate minuziosamente e con un’abbondanza di immagini dalla stampa locale, in particolare da quella controllata da Hearst [14]. Il «Chicago Herald and Examiner», per l’occasione, diede alle stampe un manifesto a colori che riproduceva nella parte superiore tre idrovolanti in volo, una bandiera americana e un’aquila imperiale ad ali spiegate con la scritta «Viva Balbo!» e, in quella inferiore, i ritratti di Mussolini e del ministro ferrarese e una bandiera tricolore accompagnata dalla scritta, in italiano e in inglese: «Saluta [sic] Figli d’Italia arrivati attraverso l’aria. In nome degli Stati Uniti d’America, Chicago vi saluta» [15].
Anche la classe dirigente cittadina sembrò, d’altronde, accogliere con grande entusiasmo i trasvolatori atlantici. Il sindaco di Chicago Edward J. Kelly e il governatore dell’Illinois Henry Horner, entrambi esponenti democratici, sembrarono gareggiare nelle lodi e nei tentativi di compiacere l’ospite italiano. Sin dai giorni precedenti l’atterraggio il governatore aveva invitato i cittadini dello stato a salutare gli aviatori esponendo i colori nazionali italiani, in segno di amicizia e rispetto [16]. Per sottolineare il rilievo dell’avvenimento, lo stesso Horner decise di proclamare il 15 luglio come Balbo’s Day in tutto lo stato [17]. Lo scrittore Eugenio Giovannetti salutò, sul giornale dell’aeronautica, la decisione statunitense, sottolineando non solo come essa fosse il segno della rinnovata solidarietà tra i due popoli, ma come essa rappresentasse «un incantevole ma ben meritato premio agli italiani della nuova generazione, segnalatisi per disciplina, per sobrietà, per operosità mirabile, nella civiltà americana» [18]. Nel consiglio comunale della città, frattanto, il democratico Dorsey Crowe propose di rinominare una strada al generale Balbo, considerando il suo volo «un generoso gesto di amicizia nei confronti di Chicago e della nostra Esposizione Century of Progress» [19] [Carter 2019, 221]. Le parole forse più calorose furono, tuttavia, pronunziate dal sindaco della città che, accogliendo gli aviatori al Soldier Fields, espresse un forte sentimento di ammirazione nei confronti del ministro italiano. Dichiarò Kelly:
Cristoforo Colombo […] guidando ottanta uomini in tre piccole navi sul mare verso occidente ebbe il titolo di scopritore dell’America. La prima grande esposizione mondiale di Chicago, quaranta anni fa, celebrava il quarto anniversario dell’impresa di Colombo. È significativo il fatto che, in occasione della seconda esposizione mondiale, si possa oggi celebrare l’impresa di un altro grande italiano. Balbo ha condotto una forza più grande di uomini che non Colombo sul mare. L’America apprezza il coraggio e la bravura dimostrati dalla Squadra aerea italiana, in più è lusingata della scelta della città di Chicago quale meta [20].
Il paragone con il navigatore genovese, considerato il primo europeo a giungere sulle coste del continente americano, divenne un topos ricorrente utilizzato dagli uomini politici e dalla stampa americana e non solo [21]. Alcuni giornali delle città da lui visitate definirono, ad esempio, Balbo un «moderno Colombo» e un «Colombo dell’aria», descrivendo il suo volo come «tipico del coraggio italiano», ma un analogo parallelismo fu tracciato, tra gli altri, anche dal «Los Angeles Times», dal «San Francisco Chronicle» e dal «Boston Globe» [22].
Non fu dunque un caso se, tra le iniziative organizzate dal sindaco – che consegnò anche le chiavi della città a Italo Balbo –, un posto d’onore fosse riservato all’inaugurazione nel Grant Park, il 17 luglio 1933, di una nuova statua a Cristoforo Colombo, la cui costruzione era stata voluta dalla comunità italiana di Chicago [23].
Il primo monumento celebrativo dedicato dalla città alla trasvolata atlantica e al suo condottiero non fu dunque una statua dell’aviatore ferrarese, ma una del navigatore genovese, ai piedi della quale, tuttavia, fu posta una targa che, nelle intenzioni dei promotori, segnalava lo stretto legame tra le grandi imprese compiute dai due uomini. «Questo monumento – vi era infatti scritto – ha visto la gloria delle ali d’Italia guidate da Italo Balbo. 15 luglio, 1933» [Segrè 1988, 299; Guerri 1984, 255-256]. La celebrazione congiunta di Balbo e Colombo sembrava affondare le proprie radici in una scelta precisa e consapevole dell’amministrazione cittadina, interessata a rinsaldare i propri legami con la comunità italo-americana. La valorizzazione del navigatore genovese rappresentava, infatti, un tassello fondamentale utilizzato dai “prominenti” per agevolare l’inserimento politico e sociale della comunità immigrata dall’Italia nella razzializzata società americana. Negli anni del fascismo, in particolare, i leader delle comunità immigrate, come Generoso Pope a New York, investirono risorse ingenti nella costruzione di statue del navigatore genovese, utili a simboleggiare, nello spazio pubblico, la relazione inscindibile tra l’Italia e gli Stati Uniti, rappresentando, così, gli immigrati contemporanei, in particolare quelli appartenenti alla classe media, come “bianchi” facilmente assimilabili alla società statunitense [Ruberto, Sciorra 2017]. Il parallelismo tra Balbo e Colombo sembrò, dunque, rafforzare la volontà assimilatrice delle comunità italiane a Chicago e nelle altre città degli Stati Uniti. La trasvolata, tuttavia, rappresentò per gli italo-americani di tutto il paese anche un elemento di orgoglio, abilmente sfruttato dalla propaganda fascista, che sottolineò come l’impresa di Balbo potesse finalmente far sentire gli emigrati fieri della patria che avevano abbandonato.
I giornali delle diverse comunità italiane seguirono con grande sollecitudine le visite di Balbo a Chicago, New York e Washington, raccontando dell’accoglienza trionfale riservata dai compatrioti all’aviatore italiano e sottolineando la funzione dell’Italia fascista nella costruzione di un’immagine nazionale finalmente trionfante anche all’estero. Scriveva ad esempio la rivista «Fiamma» di San Francisco:
L’Italia può oggi compiacersi di questa vittoria e guardare ridente nel futuro e marciare impetuosamente all’avvenire. C’è oggi in ogni cuore di italiano un legittimo orgoglio che nasce dalla coscienza della forza nazionale, dalla fede dei nostri aviatori, i quali hanno saputo offrire a tutto il mondo civile un’esatta immaginazione della forza espansiva dell’ala italiana. […] L’aviazione italiana deve questo suo sviluppo prima di tutto all’impulso datole da Mussolini ed alla profonda perizia e all’instancabile attività del ministro ITALO BALBO che chiamato dalla fiducia del Duce a reggere il dicastero dell’aeronautica le ha impresso un ritmo tutto nuovo e dinamico [24].
Anche gli italo-americani delle città vicine, come Detroit, accorsero a Chicago per salutare l’arrivo dei trasvolatori, nel desiderio di accogliere «le audaci navi aeree, che da un momento all’altro potevano apparire, annunziarsi al nostro orecchio coll’eroica sinfonia creata dai ventiquattro motori fendenti l’aria; delinearsi nella loro graziosa sagoma, riempirci la pupilla dei caldi colori della bandiera italiana» [25].
L’orgoglio nazionale suscitato dal volo sembrò spesso trasformarsi in una vera e propria celebrazione del regime fascista. Nel corso del banchetto organizzato dal giudice John Sbarbaro, che nei giorni precedenti era volato a Montreal per salutare i trasvolatori [26], cui parteciparono circa 4.000 persone, tra italiani, alcuni dei quali in camicia nera, e americani, le grida «eia, eia, alalà», che già erano risuonate nel corso della cerimonia al Soldier Fields [27], accompagnarono il discorso di Balbo, alle cui spalle si ergevano ritratti di Mussolini e del re d’Italia [Candeloro 2019, 155-157].
Un’accoglienza altrettanto impetuosa fu tributata ai trasvolatori anche a New York, con cerimonie e cortei che attraversarono i quartieri italiani di Brooklyn e che culminarono in una grande manifestazione al Madison Square Garden Bowl [Segrè 1988, 299-303] [28]. Il «Progresso Italo-Americano» di Generoso Pope, grande protagonista delle giornate newyorkesi di Balbo [29], pubblicò persino una bizzarra inserzione che recitava: «Volete Vedere S.E. Italo Balbo? Fatevi trovare alle 1.30 p.m. davanti gli Uffici del Cav. Gaetano La Loggia», segnalando come fosse previsto un servizio bus con speciali facilitazioni per clubs, logge e società [30].
L’entusiasmo degli italo-americani, abilmente raccontato dalla stampa, sembrò travalicare i confini delle grandi città: un gruppo di minatori italiani di Salt Lake City, riuniti nella Società Cristoforo Colombo donarono a Balbo 50 libbre di argento che il ministro volle indirizzare all’Ente opere assistenziali della provincia di Ferrara [31].
Malgrado le apparenze non tutti gli italiani d’America furono conquistati dall’impresa aviatoria. Le contestazioni a Italo Balbo non mancarono nella stessa Chicago, dove comunisti e socialisti denunciarono la presenza del sodale di Mussolini, richiamando la figura di don Minzoni, la responsabilità del cui assassinio ricadeva sul ministro ferrarese. Il nome del prelato ucciso ad Argenta irruppe anche nel corso del banchetto voluto dalla comunità italo-americana quando fu letto un ironico messaggio di congratulazioni per la trasvolata a suo nome [Ottanelli 2022, 97] [32]. Alcuni contestatori, riuniti nell’United front anti-fascisti e nella Anti-fascisti society cercarono invano di essere ricevuti dal sindaco, cui indirizzarono una lettera nella quale si denunciavano i molti sanguinosi omicidi compiuti dai fascisti, mentre la Lega italiana per i diritti dell’uomo e la Italian socialist federation organizzarono una distribuzione di volantini nei quali si esecrava l’accoglienza ufficiale in città di Balbo, descritto come un terrorista [33]. Alcuni attivisti antifascisti, inoltre, coprirono nottetempo l’insegna della nuova Balbo Drive con un cartello riportante la scritta Don Minzoni Drive [Candeloro 2019, 155-157]. Il trattamento riservato al ministro ferrarese e alla sua squadra fu, d’altronde, l’oggetto della contestazione della stampa antifascista in tutto il paese. Il periodico di San Francisco «Il Corriere del Popolo», ad esempio, oltre a ricordare la figura di don Minzoni, evocò lo spettro della rivalità tra Balbo e Mussolini e polemizzò apertamente con i fascisti locali e, soprattutto, col sindaco della città, l’italo-americano Angelo Rossi, colpevole di appoggiare una campagna contro Hitler, dimenticando i crimini fascisti del gerarca ora accolto con tutti gli onori [34]. Le proteste e le contestazioni antifasciste dimostravano, indubbiamente, la persistenza all’interno della comunità italiana di gruppi ostili al regime, ma il successo propagandistico della missione aerea non fu affatto trascurabile, non solo tra gli italo-americani, ma, più in generale, nell’opinione pubblica americana.
3. Una colonna antica per un’Italia moderna
La scelta di celebrare Italo Balbo e di rinominare a suo nome la 7th Drive, come effettivamente avvenne nel corso della trionfale visita del generale italiano [Balbo 1934, 261; Ottanelli 2022, 88], non era riducibile esclusivamente alla volontà delle autorità di Chicago di compiacere la comunità italo-americana, che pure apparve felice della decisione [35]. Né fu, del resto, la sola città meta dell’impresa di Balbo a utilizzare il nome del gerarca nella sua toponomastica. Anche la piccola cittadina di Shediac, in Canada, dove gli idrovolanti avevano fatto sosta prima dell’arrivo negli Stati Uniti accolti da eguale entusiasmo, come raccontato da Nello Quilici [36] sodale di Balbo che con lui morirà nei cieli di Tobruch, rinominò Pleasant Street col nome del generale ferrarese [Soucoup 2005, 98] [37]. Vie a suo nome furono, inoltre, inaugurate in città nelle quali il volo neppure aveva fatto tappa, come Providence, in Rhode Island, dove su pressione delle associazioni italo-americane le autorità locali decisero di rinominare due strade per celebrare Balbo e Mussolini [Luconi 2002, 42; Pretelli 2010, 65]. A San Francisco, la San Francisco Pioneers raccolse più di 1.500 firme di cittadini «rappresentanti varie nazionalità» per chiedere al Board of supervisors di modificare il nome di Chestnut Street in Balbo Street [38]. Anche se nella città della costa occidentale, dove pure la comunità italiana era molto forte e organizzata, la petizione non raggiunse il successo sperato, la diffusione di tali richieste sembrò dimostrare come il mito di Balbo e, attraverso di lui, della nuova Italia fascista potesse fare breccia all’interno di alcuni settori dell’opinione pubblica statunitense.
Non erano, del resto, soltanto italiani coloro che avevano affollato le strade di Chicago prima, di New York e Washington poi, per salutare i trasvolatori. A ricevere questi ultimi, inoltre, non vi erano esclusivamente le autorità e i rappresentanti della comunità italo-americana, ma militari, giornalisti, religiosi incuriositi dalla figura del ministro dell’Aeronautica italiana e affascinati dal nuovo regime italiano [39]. Tra coloro che accolsero Balbo vi era, ad esempio, l’ex ambasciatore statunitense in Italia Richard Washburn Child, grande amico, come sottolineavano i giornali, della nazione italiana e infatuatosi, durante il suo soggiorno italiano, della figura di Mussolini [Balbo 1934, 258-259; Diggins 1972, 31] [40]. A conferma dell’apprezzamento nei suoi confronti, il generale italiano ricevette, inoltre, nei suoi giorni a Chicago una laurea honoris causa in scienze da parte della Loyola University, università gesuita [41]. Anche gli imprenditori, americani e italo-americani, sembrarono particolarmente interessati all’impresa di Balbo: saluti al ministro italiano furono indirizzati, dalle pagine del giornale «L’Italia», da D. L. Toffenetti – che si definiva «un Italiano nato in Italia» – proprietario di diversi ristoranti in città e da Charles J. Vopicka, presidente della Atlas Brewing Company. L’impressione suscitata dal volo rappresentava, d’altronde, un’ottima occasione per le compagnie imprenditoriali, come la Standard Oil, che sfruttarono la popolarità di Balbo per pubblicare sui giornali inserzioni promozionali celebrative del volo e del suo artefice [42].
L’attrazione di alcuni settori dell’opinione pubblica statunitense per il fascismo italiano, di cui il volo rappresentava un simbolo particolarmente rilevante, appariva connessa alla sua valutazione di fenomeno politico moderno e innovativo. Accanto alla fascinazione per la figura di Mussolini, di cui era apprezzata la leadership virile ed energica [Bertellini 2019, 190-197], era l’approccio nei confronti della società moderna, la volontà di costruire un’alternativa rispetto alla contemporaneità [Griffin 2007], che sembrava particolarmente seducente agli occhi degli uomini e delle donne americane, in particolare in anni segnati dalla crisi economica. In questo senso, ad esempio, può essere letta l’attenzione manifestata – secondo i resoconti di Balbo – dallo stesso presidente Roosevelt nei confronti di alcune misure del governo fascista. Il ministro comunicò, infatti, a Mussolini che il presidente americano, oltre a proporre in risposta alle difficoltà economiche del paese un ritorno alla ruralità, che assomigliava alle campagne anti urbanesimo del fascismo, si sarebbe detto interessato all’organizzazione del lavoro in Italia [43]. Sebbene certamente viziate dalla volontà di compiacere il duce, le parole di Balbo sembravano confermare la capacità di alcuni aspetti delle riforme corporative italiane, in particolare, di divenire oggetto di valutazione e di analisi anche da parte degli estensori delle politiche economiche rooseveltiane che, seppure certamente assai differenti da quelle fasciste, si trovavano comunque a rispondere alla necessità di regolare il capitalismo in anni di crisi [Vaudagna 1981; Schivelbusch 2007; Pasetti 2016, 204-208]. Manifestazione evidente dell’idea di modernità del regime fascista fu, del resto, lo stesso padiglione italiano della Esposizione internazionale di Chicago, intitolata Century of Progress e meta della trasvolata, che intendeva mostrare il contributo dell’Italia alla costruzione del mondo futuro [Masina 2016, 247-290].
Ideato dagli architetti razionalisti Adalberto Libera e Mario De Renzi, il padiglione riproduceva un enorme aeroplano ed era dominato dalla presenza dei fasci littori, rappresentando così una «plateale esibizione di luce, linee e vetro che suggeriva le realizzazioni scientifiche italiane» [Ganz 2013, 135].
Nella tumultuosa Chicago, la grandiosa città nordamericana che nel centenario della sua fondazione lancia al mondo l’urlio delle sirene del progresso con una Esposizione che vuole essere all’avanguardia, per la perfezione e la superiorità con cui è inquadrato ogni elemento del grande panorama tecnico-scientifico – scriveva Francesco Cutry – l’Italia fascista per volere del Duce, è presente con le documentazioni dei primati che Essa vanta nel trionfale cammino dell’attività umana […]. L’Italia non poteva […] mancare ad una manifestazione di così alto interesse; la documentazione della potenza e della genialità inventiva dei Suoi figli non ha limite nel tempo, poiché millenaria è la sua civiltà alla luce imperiale di Roma [44].
Particolarmente importante, in questo senso, appariva proprio il contributo dell’aeronautica italiana, con la presentazione, all’interno dell’esposizione curata da Guglielmo Marconi sul contributo italiano al progresso scientifico e tecnologico, di documenti, immagini, modellini e cimeli, che dimostravano il ruolo fondamentale dell’Italia nei progressi del volo, di cui il fascismo rappresentava la massima espressione. La “retorica della modernità” [Lehmann 2010, 295-297] attraverso l’aeronautica che il padiglione e la stessa trasvolata di Balbo intendevano trasmettere rappresentava, dunque, la modalità prescelta dal regime per presentarsi alla società americana, di cui, d’altronde, lo stesso Balbo ammetteva di ammirare la forte carica modernizzatrice, definendo gli Stati Uniti come «il paese della più alta e moderna civiltà meccanica, lontana da ogni accademia e desiderosa di chiarezza e di semplicità, doti che l’Italia di Mussolini predilige e tiene in sommo onore» [45].
Il culto della modernità che la nuova Italia fascista intendeva celebrare, per mezzo della trasvolata e dell’allestimento del padiglione, non fu contraddetto, come potrebbe apparire, dall’invio, nel primo anniversario dell’impresa aviatoria, della colonna romana, che, negli anni successivi, sarebbe divenuta nota come Balbo Monument. Anticamente parte della Porta Marina di Ostia [Ottanelli 2022, 90], la colonna di marmo verde, alta 4,10 metri e con un diametro di 1,70 metri [46], rappresentava, come è stato sottolineato, un tentativo mussoliniano di riassumere centralità di fronte alla crescente popolarità del suo ministro [Segrè 1988, 303-304]. L’annunzio del dono di Mussolini alla città di Chicago fu dato, nel luglio 1933, dallo stesso Italo Balbo, durante il banchetto organizzato in suo onore [47]. Giunta via mare negli Stati Uniti, la colonna fu inaugurata il 15 luglio 1934, alla presenza del sindaco della città Kelly, del vicegovernatore dell’Illinois e dell’incaricato d’affari dell’ambasciata italiana [48]. L’anniversario non suscitò il medesimo entusiasmo della traversata e gli echi sulla stampa statunitense per quella che «Il Corriere Padano» definì «la più grande impresa dei tempi moderni» [49] furono indubbiamente meno vibranti dell’anno precedente, ma il disvelamento del dono rappresentò, comunque, un’importante occasione propagandistica per il regime fascista. Nel corso della giornata, definita Italian Day dalle autorità locali, numerose società italo-americane sfilarono nei pressi del padiglione italiano alla fiera, celebrando l’italianità fascista e partecipando all’inaugurazione del monumento. Alla base della colonna fu incisa un’iscrizione, in italiano e in inglese, che, nelle intenzioni fasciste, serviva a congiungere indissolubilmente le glorie dell’antica Roma imperiale a quelle dell’Italia del regime mussoliniano:
Questa colonna
Di venti secoli antica
Eretta sul Lido di Ostia
Porto di Roma Imperiale
A vigilare le fortune e le vittorie
Delle triremi romane
L’Italia Fascista auspice Benito Mussolini
Dona a Chicago
Esaltazione simbolo ricordo
Della Squadra Atlantica guidata da Balbo
Che con romano ardimento trasvolò l’oceano
Nell’anno XI del Littorio.
Come sottolineò lo stesso Balbo, d’altronde, nel suo discorso in italiano trasmesso via radio nel corso dell’inaugurazione, la colonna rappresentava un «ponte tra il vecchio e il nuovo mondo». Il mito di Roma, ben simboleggiato dalla colonna, non era dunque un semplice richiamo al glorioso passato italiano, quanto piuttosto il segno di un ambizioso ritorno della Roma imperiale, di cui il fascismo si sentiva, grazie alla sua opera di reinterpretazione della storia romana [Arthurs 2012], erede e continuatore.
Guardino essi – scrisse, infatti, l’allora governatore della Libia – sempre più a quel punto ideale che sfavilla di luce antica e nuova, ed è fonte perenne di orgoglio, ma anche richiamo severo alla virtù, retaggio, l’uno e l’altra di Roma eterna. Milioni e milioni di fratelli di lingua e di sangue, accomunati in quella gloria, sintetizzando di qua dall’Atlantico, in quel segno di civiltà romana, la voce del diritto e la voce del dovere: la nuova coscienza che Benito Mussolini ha imposto e irrobustito negli italiani che, dentro e fuori dai confini, per tutte le terre del mondo, lavorano a innalzare il nome, il prestigio, la gloria della grande madre Roma: ad essi il compito di sentirne e di viverne la sacra, la eterna, la maestosa dignità civile! [50].
Un monumento che celebrava il fascismo, col suo culto della romanità e le sue ambizioni nei confronti della società moderna, era dunque stato posizionato, con la compiacenza di autorità e gruppi di interesse affascinati da alcuni aspetti del modello politico e sociale del regime, nella moderna e cosmopolita città di Chicago.
4. Le contestazioni
Lo scoppio della guerra e la contrapposizione tra Italia e Stati Uniti cancellarono o ben occultarono le simpatie che diversi uomini politici, imprenditori e intellettuali americani e una parte della comunità italo-americana avevano manifestato nei confronti del regime fascista. La colonna donata da Mussolini, unico resto della grande esposizione internazionale del 1933-1934, e la strada intitolata al gerarca fascista rimasero tuttavia parte dello spazio pubblico di Chicago, malgrado i dibattiti sul nome della Balbo Drive fossero iniziati sin dall’immediato dopoguerra. Alcune associazioni di veterani, insieme ai residenti della zona, richiesero, infatti, nel 1946, che la strada venisse dedicata a un caduto nella guerra appena conclusa contro il nazifascismo, celebrando così un eroe americano anziché uno dei fondatori del regime fascista [Lacher 2017]. Il candidato sindaco repubblicano Russell Root sembrò condividere tale posizione, sostenendo, come ricorda Fraser Ottanelli, che anche i giovani italo-americani che avevano combattuto non avrebbero certamente voluto commemorare l’ex ministro fascista. Lo stesso ambasciatore italiano negli Stati Uniti Alberto Tarchiani, anche in virtù del suo passato di leader antifascista, chiese al sindaco della città la rimozione delle targhe presenti sulla statua di Colombo e sul monumento donato dal duce nel 1934. Il diniego da parte di Edward J. Kelly, ancora in carica, ad accondiscendere a queste richieste fu accompagnato da un’affermazione che se, da un lato, esprimeva la volontà di questi di non rinnegare una decisione da lui assunta precedentemente, sembrava altresì dimostrare come la “defascistizzazione” della memoria di Balbo fosse già avviata. Il sindaco, preoccupato di non mettere in discussione le sue buone relazioni con la comunità italo-americana, avrebbe infatti, retoricamente, chiesto all’ambasciatore: «Perché, Balbo non ha trasvolato l’Atlantico?» [Guerri 1984, 256; Ottanelli 2022, 99]. Le prime contestazioni ai monumenti fascisti della città furono dunque di natura schiettamente antifascista, motivate dalla volontà di alcuni settori della città di Chicago di rivendicare la partecipazione bellica contro i paesi dell’Asse. Le polemiche sembrarono, tuttavia, sbiadire nel corso dei decenni, sia perché l’anticomunismo sostituì l’antifascismo nella discussione pubblica americana, sia per la volontà di non urtare la comunità italo-americana della città che nelle statue di Colombo e nella colonna dedicata alla trasvolata vedeva sempre più dei simboli nazionali tout court, rimuovendo, più o meno consapevolmente, il loro valore politico.
L’opera di decostruzione simbolica della trasvolata, considerata come eroica impresa aviatoria e, per gli italiani di Chicago, come simbolo di un momento glorioso della storia della patria d’origine sembrò del resto trovare la propria consacrazione nella partecipazione del figlio di Balbo, Paolo, e di alcuni reduci della Crociera del decennale alla sfilata del Columbus Day del 1973. La memoria dell’impresa del 1933 – proprio come il giorno dedicato a Colombo – era assunta come momento cardine del processo di costruzione identitaria della comunità italo-americana cittadina ed era letta come elemento di valorizzazione “etnica” piuttosto che politica, anche se è assai probabile che tra i più accesi sostenitori delle celebrazioni non mancassero simpatizzanti del regime mussoliniano. Dieci anni più tardi, per il cinquantesimo anniversario del volo, una squadra di trasvolatori partì da un piccolo comune lombardo per replicare il volo sino a Chicago, dimostrando come, anche in Italia, la depoliticizzazione sostanziale dell’impresa balbiana fosse ormai compiuta [Vergani 1983] [51]. La progressiva assimilazione della comunità italiana di Chicago e la disintegrazione degli antichi legami etnici sembrarono, tuttavia, indebolire parzialmente la valorizzazione della memoria della trasvolata. Nel 1993 il volo fu ricordato esclusivamente con una piccola cerimonia organizzata dal centro culturale italiano della città, con una scarsa partecipazione di pubblico. La crescente riluttanza a partecipare alle iniziative dei membri della comunità non era – come notò con rammarico nel 1998 Don Fiore, presidente del comitato che riuniva le associazioni italo-americane – un improvviso ripudio della trasvolata in quanto espressione del regime fascista, ma la prova del disinteresse e dell’ignoranza della storia italo-americana della città [Ballowe 1998; Carter 2019, 224].
L’attribuzione di una caratterizzazione principalmente “etnica” al Balbo Monument sembrò, tuttavia, alimentare una nuova polemica proprio a partire dagli anni Ottanta, quando le contestazioni sembrarono improntate più che alla matrice fascista del monumento stesso, alla sua natura di prodotto di un’eredità “bianca”. L’emergere di nuove sensibilità da parte di comunità sino a quel momento discriminate, anche sul piano simbolico, fu dimostrato chiaramente da due articoli, pubblicati nel 1981 e nel 1983, dall’editorialista afroamericano del «Chicago Tribune» Vernon Jarrett. Jarrett sottolineò polemicamente l’assenza di un monumento dedicato all’haitiano Jan Baptiste Pointe DuSable, uno dei fondatori dell’insediamento da cui sarebbe sorta Chicago, biasimando la presenza della colonna e della via dedicata a uno dei fondatori di un regime che, peraltro, era stato responsabile del massacro di migliaia di cittadini etiopi. Sebbene il riferimento alla natura fascista della colonna fosse evidente, le parole dell’autore indicavano chiaramente la necessità di ampliare le forme di rappresentazione nello spazio urbano. Le associazioni della comunità italo-americana risposero, non sorprendentemente, rivendicando l’importanza storica della trasvolata, ribadendo la lettura “defascistizzata” della figura del gerarca ferrarese e insistendo sul valore simbolico dei monumenti per la comunità italiana della città [Ballowe 1998; Lacher 2017]. A conferma dell’evoluzione del discorso pubblico cittadino, un nuovo dibattito sulla presenza del monumento celebrativo di Balbo sorse nel 1993, quando, dinanzi al rifiuto di dedicare una statua al politico portoricano Pedro Albizu Campos, un consigliere comunale denunciò come la città di Chicago, che pure aveva accettato un dono dal governo fascista italiano, rifiutasse ora di accoglierne uno della comunità portoricana [Ottanelli 2022, 99-100; Carter 2019, 225]. L’antifascismo, che nell’immediato dopoguerra era stata la principale ragione di mobilitazione contro il monumento, sembrò, alla fine del Ventesimo secolo, temporaneamente divenire un sostegno a rivendicazioni di natura etnico-comunitaria, in una logica di contestazione che aveva come obiettivo la richiesta, altrettanto politica, di mettere in discussione la “bianchezza” della società americana e la sua persistente ostilità alla valorizzazione delle differenze anche nello spazio pubblico.
Le mobilitazioni del 2017, dopo le manifestazioni dell’estrema destra a difesa dei monumenti confederati a Charlottesville, che sarebbe sfociata nell’uccisione della giovane militante antirazzista Heather Heyer, sembrarono riconciliare, in una forma nuova, le rivendicazioni a sostegno di una maggiore rappresentazione nello spazio pubblico dei gruppi subalterni e il richiamo all’antifascismo. La polarizzazione della politica statunitense e il riaccendersi del dibattito sull’eredità del fascismo anche negli Stati Uniti a seguito dell’elezione di Donald Trump [Blitzer 2016; Arthurs 2019, 125-126] contribuirono indubitabilmente a tale prospettiva, insieme al mutamento della constituency democratica, nella quale la componente italo-americana sembrava almeno parzialmente aver perduto la propria rilevanza. Le richieste di rimozione della colonna e di sostituzione del nome della Balbo Drive, ora definite dal consigliere Ed Burke come una «imbarazzante anomalia» [Lacher 2017], sfociarono in manifestazioni e proteste pubbliche [52], inducendo molti uomini politici di Chicago, in particolare del partito democratico, a sostenerle ufficialmente. La reazione delle associazioni italo-americane, alcune delle quali vicine alla destra italiana [Ottanelli 2022, 101] e comunque desiderose di presentarsi come garanti dell’identità italiana anche per mantenere la propria funzione di rappresentanza, confermò le posizioni difensive già assunte negli anni precedenti e la pretesa di considerare il monumento esclusivamente come un prodotto artistico che celebrava l’Italia e la comunità italo-americana cittadina. Il presidente di Casa Italia, John Ferrentino dichiarò così alla stampa, a proposito della proposta di rimozione della statua e di mutamento del nome della strada proposti da Burke insieme al collega Gilbert Villegas: «Per come la vedo, ci sono problemi artistici legati a quella statua – ma cosa succederebbe se la prossima settimana qualcuno avesse un problema con Picasso?» [Borrelli 2017]. Anche lo storico Dominic Candeloro, intervistato dal «Corriere della Sera», pur definendosi esponente di centrosinistra, espresse la discutibile opinione che il monumento rappresentasse «il momento di massimo orgoglio nella storia degli italiani a Chicago, un momento importante per la città stessa», arrivando a paragonare l’impresa di Balbo allo sbarco sulla luna. Tali prese di posizione trovarono eco anche in Italia, dove il monumento venne definito «un simbolo per gli italo-americani nella città dell’Illinois» [Marinelli 2017] denunciando altresì, con uno zelo decisamente eccessivo e poco comprensivo dei mutamenti sociali e culturali degli Stati Uniti, la «furia iconoclasta» di «alcuni manifestanti oltranzisti» contro Italo Balbo [La furia iconoclasta 2017].
La discussione cittadina in merito alle presenze – e alle assenze – nello spazio pubblico proseguì negli anni successivi. Nel corso delle proteste seguite all’assassinio di George Floyd, alcuni manifestanti cercarono di abbattere la statua di Cristoforo Colombo in Grant Park, che era stata uno dei primi simboli delle celebrazioni per la trasvolata balbiana, portando a sua una temporanea rimozione [Vinicky 2020]. La colonna dono di Mussolini, nella quale sono ancor oggi visibili, benché assai deteriorati, gli originali quattro fasci littori che ne adornavano la base, e la Balbo Drive sembrarono, al contrario, resistere alle polemiche.
La nuova sindaca di Chicago, Lori Lightfoot, eletta nel 2019, diede vita al Chicago monuments project [53], con l’obiettivo di rispondere alla crescente insoddisfazione per l’assenza di figure femminili, afroamericane e latine nella toponomastica e nei monumenti pubblici. La stessa sindaca, tuttavia, in un evidente tentativo di mitigare lo scontro con i settori più conservatori e con l’associazionismo italo-americano, sostenne, nella primavera 2022, la necessità che la statua di Colombo tornasse al proprio posto [Spielman 2022]. Nonostante le indicazioni del comitato da lei stesso insediato, che suggerivano la rimozione del monumento a Balbo [Chicago Monuments Project 2022], Lightfoot, nell’estate 2022, appariva ancora in cerca di una mediazione tra le differenti posizioni. Le tensioni politiche e razziali della società statunitense, d’altronde, non si erano placate e la forte radicalizzazione delle destre americane – che si erano anche fortemente alimentate del tema della cosiddetta cancel culture e della presunta volontà delle minoranze di eliminare il passato – ha indotto anche i settori più progressisti della comunità italo-americana cittadina a dichiarare pubblicamente la necessità di superare forme ormai vetuste di celebrazione dell’identità italiana. Il presidente dell’Italian American heritage society Gabriel Piemonte, contrapponendosi alle tradizionali posizioni del Joint civic committee of Italian Americans, si è espresso così contro il riposizionamento delle statue di Colombo – oltre a quella di Grant Park, un’altra statua era stata rimossa da un parco cittadino – e ha suggerito di ricollocare in un museo la colonna mussoliniana [Romano 2022]. La frattura all’interno della comunità italo-americana che, sino ai tempi più recenti, attraverso le proprie organizzazioni aveva rappresentato la principale ragione – e, per molti versi, anche il principale pretesto – per evitare la rimozione dei monumenti fascisti, appare oggi sintomatica della necessità cittadina di “fare i conti” con una memoria, quella della gloriosa accoglienza dei trasvolatori di Italo Balbo, che non riguarda esclusivamente gli italiani di Chicago, ma la città nel suo complesso.
5. Conclusioni
La presenza a Chicago di un’eredità materiale del fascismo, simboleggiata dalla colonna mussoliniana, ma anche dalla statua di Colombo in Grant Park e dalla Balbo Drive, pone alcune importanti domande sulla storia e sul presente della società americana e, quasi come in uno specchio, anche sulla società italiana. La loro stessa esistenza dimostra, anzitutto, la pervicace volontà di Italo Balbo e Benito Mussolini a che la trasvolata producesse un segno nella comunità italo-americana, ma anche nella collettività americana, svelando, chiaramente, la natura propagandistica della Crociera del decennale e smentendo le ipotesi interpretative del volo esclusivamente come gloriosa impresa aviatoria. L’accoglienza di una parte consistente della comunità italiana emigrata, ma anche l’opposizione di una frazione minoritaria ma combattiva, rivelano, d’altronde, quanto gli stessi contemporanei fossero consapevoli della portata simbolica della trasvolata. L’attenzione con cui, anche negli Stati Uniti, alcuni guardarono alla figura di Italo Balbo dimostra, altresì, l’abilità del fascismo italiano di affascinare, in particolare grazie al mito della sua modernità, non solo singoli esponenti politici e intellettuali, ma interi settori dell’opinione pubblica. In questo senso, i monumenti rappresentano una forma di heritage della permeabilità statunitense – non solo all’interno delle comunità italo-americane – non all’intera ideologia fascista come era stata concepita a Roma, ma ad alcuni aspetti di essa. Il fascismo non conquistò gli Stati Uniti, ma sembrò fornire quello che è stato definito, pure riferendosi ad altri contesti geografici, come un repertorio di idee [Zachariah 2014], che poteva essere reinterpretato e utilizzato anche in un paese democratico alle prese con una drammatica crisi economica. La modernità del volo di Balbo rappresentava, in questo senso, un elemento simbolico per un regime che stava proponendo al mondo nuove forme politiche e sociali e la sua celebrazione sembrò rispondere anche ad esigenze interne della società americana.
La difficoltà, nel secondo dopoguerra, di esaminare la questione dei monumenti fascisti sembra dunque legata anche alla necessità, da parte degli Stati Uniti, di rifiutare l’idea della possibile ibridazione – o contaminazione – con l’ideologia di un regime che era stato sconfitto militarmente. La stessa comunità italo-americana, d’altronde, sembrò in difficoltà nell’affrontare la questione della propria compromissione con il regime, che l’invio dei soldati nel corso della Seconda guerra mondiale sembrava aver sublimato in una sorta di redenzione con il sangue. La recente volontà espressa da alcuni membri dell’associazionismo italo-americano e da alcuni studiosi, come lo stesso Ottanelli, di trovare nuove forme di valorizzazione del contributo italiano alla società statunitense, che prescinda dalla celebrazione di figure come Balbo e come lo stesso Colombo, rappresenta un elemento interessante e significativo dell’evoluzione del dibattito pubblico nel paese. La possibilità di ridiscutere dei monumenti fascisti nella città di Chicago e del loro ruolo simbolico e identitario, tuttavia, è scaturita negli ultimi anni principalmente dalla forza – talora espressasi con rabbia – delle minoranze e dei movimenti progressisti, che hanno rivelato a una società civile disattenta la forza simbolica dei monumenti nel costruire identità locali e nazionali. In questo senso, la modalità con la quale, assai spesso, in Italia è stata interpretata e raccontata la lotta contro le statue – o il loro abbattimento – sembra non cogliere l’importanza del disvelamento, anche dal punto di vista storiografico [Arthurs 2019, 134-135], di alcune questioni a lungo sottaciute. I “nuovi barbari” alfieri della cosiddetta cancel culture sembrano, ad esempio, proprio nella città di Chicago, aver posto il problema dell’eredità del fascismo italiano nella società americana, interrogando uomini politici, studiosi e membri delle organizzazioni comunitarie sulle ragioni di un monumento che, lungi dall’essere un’anomalia, rappresentava il segno di una storia di tentata, e parzialmente riuscita, penetrazione fascista negli Stati Uniti.
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Note
1. Alimentate dalle modalità della morte di Balbo, accidentalmente colpito nei cieli di Tobruch dalla contraerea italiana, le voci, smentite dalla gran parte degli storici [Guerri 1984, 387-390, Segrè 1988, 490-491], di un complotto ordito contro l’allora governatore della Libia contribuirono a costruire l’immagine dell’oppositore interno di Mussolini, favorendo la sua “defascistizzazione”. A tale scopo giovò assai anche quello che è stato definito come il mito del Balbo “amico degli ebrei”, presto diffusosi anche nelle comunità ebraiche internazionali. Il giornale «The Southern Jewish Weekly», pubblicato a Jacksonville, in Florida, pubblicò così la notizia della morte del ras ferrarese con l’emblematico titolo Balbo Was a Friend, in «The Southern Jewish Weekly», 19 luglio 1940, p. 2. La costruzione di tale mito fu dovuta, indubbiamente, alla nota amicizia di Italo Balbo con il podestà Renzo Ravenna e con altri esponenti della comunità ebraica ferrarese [Pavan 2006; Michaelis 2021].
2. I. Balbo, L’articolo del Ministro, in «Le vie dell’aria», 18 giugno 1933, p. 1.
3. I. Balbo, La grande missione civile, in «Le vie dell’aria», 23 luglio 1933, pp. 1-2.
4. La Crociera area del Decennale è stata l’esaltazione della Rivoluzione nei cieli e sull’Oceano, in «Le vie dell’aria», 5 novembre 1933, p. 1
5. O. Fantini, Il valore di un’impresa, in «Universalità fascista», V, 8 (agosto 1933), pp. 388-389. Anche «La Domenica del Corriere», d’altronde, descrisse «l’audacissimo volo di Balbo e dei suoi cento eroi» come «altra splendida realizzazione dell’Italia di Mussolini», Scene della Grande Crociera, in «La Domenica del Corriere», 30 luglio 1933, p. 4.
6. L’Atlantico settentrionale sorvolato dalla Squadra di Italo Balbo, in «La Crociera Aerea del 1° Decennale», n.u., luglio 1933, p. 3.
7. Da Orbetello partirono, effettivamente, 25 aerei, uno dei quali previsto come scorta [Segrè 1988, 292].
8. Italians Fly For Chicago, in «Chicago Daily Tribune», 1 luglio 1933, p. 1. Balbo, presumibilmente compiaciuto per le attenzioni, conservò alcune copie dei giornali italiani e statunitensi, che parlavano di lui e della trasvolata. Tali giornali sono oggi conservati presso l’archivio dell’Istituto di storia contemporanea di Ferrara (AISCOFE) nel Fondo Donazione famiglia Paolo Balbo.
9. Flying Italians in Iceland, in «Chicago Daily Tribune», 6 luglio 1933, p. 1; Italians Fly For Labrador, in «Chicago Daily Tribune», 12 luglio 1933.
10. Gen. Balbo With 25 Planes Hops for Chicago; 101 Italian Fliers Safely Cross the Alps, in «Chicago Herald and Examiner», 1 luglio 1933, p. 1; Balbo Air Armada Reaches Iceland, in «Chicago Herald and Examiner», 6 luglio 1933, p. 1; A. Thornsteinson, Balbo Holds Air Fleet Ready for Sea Flight Today, in «Chicago Herald and Examiner», 8 luglio 1933, p. 1; Balbo Planes Flying Sea!, in «Chicago Herald and Examiner», 12 luglio 1933, p. 1. La figura di Hearst, fondatore di un impero editoriale negli Stati Uniti – di cui faceva parte anche il «Chicago American» – e membro del partito democratico, ispirò, com’è noto, Orson Welles per il suo capolavoro Quarto Potere (1941).
11. Gen. Balbo’s Own Story!, in «Chicago Herald and Examiner», 7 luglio 1933, p. 1
12. Balbo Mass Flight Soon, in «The New York Times», 28 maggio 1933, p. 8. Giornali statunitensi grandi e piccoli, dall’«Evening Star» di Washington al periodico in lingua spagnola «La Opiniòn» di Los Angeles, sino al «Brownsville Herald» della città texana di Brownsville, dedicarono, d’altronde, nel luglio 1933, articoli all’impresa di Balbo. Italian Aviators Rest for Next Hop, in «The Evening Star», 6 luglio 1933, p. 1; La Flota de Balbo Llega a Islandia, in «La Opiniòn», ٦ luglio 1933, p. 1 e Air Armada’s Chief May Be Italy’s Next Dictator, in «The Brownsville Herald», 9 luglio 1933, p. 14.
13. Un milione di persone acclama i nostri aviatori sulle rive del Michigan, in «Le vie dell’aria», 23 luglio 1933, p. 6.
14. Balbo Flyers Here. Thousands Cheer Armada e Chicago Thousands Roar Greeting to Balbo Fleet, in «The Chicago American», 15 luglio 1933, p. 1 e p. 3; Balbo’s 24-Plane Armada Lands in Chicago; Completes Daring 6,100-Mile Hop From Italy; Million on Lakefront Roar Welcome to Heroes; Crowds Wait Hours to Hail Greatest Conquest of Air e Balbo’s Silver Planes on Dazzling Lake Create Unforgettable Picture, in «Chicago Herald and Examiner», 16 luglio 1933, pp. 1-3; Chicago Hails Balbo Fleet; Thousand on Lake Front Cheer Landing of Italian Air Fleet – Gen. Balbo, the Commander, Center of All Eyes e Italian Airmen Given Rousing Welcome in Soldiers’ Field After Landing – Hailed by Crowds at World’s Fair, in «Chicago Sunday Tribune», 16 luglio 1933, p. 1 e pp. 16-17; Large Crowd Greets Italian Flyers as They Attend Mass, in «Chicago Daily Tribune», 17 luglio 1933, p. 28 e Crowds Cheer Balbo at City Hall, in «Chicago Herald and Examiner», 17 luglio 1933, p. 3.
15. AISCOFE, Fondo Donazione famiglia Paolo Balbo.
16. Display Flags of Italy, Plea of Governor, in «The Chicago American», 7 luglio 1933, p. 3 e Governor Proclaims State Honors for Balbo Fleet, in «Chicago Herald and Examiner», 8 luglio 1933, p. 1.
17. Un milione di persone acclama i nostri aviatori sulle rive del Michigan, in «Le vie dell’aria», 23 luglio 1933, p. 6
18. E. Giovannetti, Balbo’s day, in «Le vie dell’aria», 23 luglio 1933, p. 3.
19. Name Street for Balbo, Is Honor Plan, in «The Chicago American», 11 luglio 1933, p. 2.
20. Un milione di persone acclama i nostri aviatori sulle rive del Michigan, cit. Anche il governatore nel proprio intervento aveva evocato l’altro figlio d’Italia partito dal vecchio continente alcuni secoli prima [Ottanelli 2022, 88]. Le parole del sindaco erano riportate anche da altri giornali, talora con parole differenti; mai mancava, tuttavia, il riferimento a Colombo. Accoglienza che rimarrà memorabile, in «L’Italia. The Italian News», 18 luglio 1933, p. 1.
21. Il parallelismo con Colombo fu molto utilizzato anche in altri paesi europei. I soci dell’associazione Nederland Italie di Amsterdam ad esempio regalarono, per tramite del console italiano in città, il ferrarese Ferruccio Luppis, autore del testo, una pergamena a Balbo che così recitava: «A Italo Balbo che le glorie di Cristoforo Colombo rinnova nei cieli risolcati dall’aquile romane i nipoti di Heemskercke e Barentz lanciano il saluto degli invitti figli del mare che incatenato accoglie il suo breve riposo per l’ardua impresa avvincente due mondi nel candore delle ali amiche. I soci della Nederland Italie accolgono e porgono l’augurio dell’Italia ammirata». Gli italiani residenti ad Amsterdam a Italo Balbo, in «Il Corriere Padano», 8 luglio 1933, p. 6.
22. A Modern Columbus, in «Washington Times», 5 luglio 1933, p. 28. Lo stesso articolo comparve anche sul «Chicago Tribune» e, con esplicita citazione da quest’ultimo, sul giornale della comunità italo americana di Chicago «L’Italia». Le citazioni degli altri giornali sono contenute in Mussolini’s Wings over Columbia Shores, in «Columbus. The Italian-American Magazine», dicembre 1933, pp. 12-48. La rivista, diretta da Vincenzo Campora e pubblicata a New York, dedicò l’intero numero di fine anno all’impresa aviatoria e pubblicò numerosi estratti di giornali statunitensi che celebravano l’impresa. Oltre ai frequenti paralleli con Colombo, non mancavano, sui giornali americani, raffronti tra Balbo e Cesare, Lindbergh e, forse anche per assonanza, il navigatore Balboa.
23. Crowds Cheer Balbo at City Hall; Flier Greeted by Mayor and Farley, in «Chicago Herald and Examiner», 18 luglio 1933, p. 2.
24. G. Cardellini, Ali d’Italia, in «Fiamma, Rivista Italiana d’America», luglio-agosto 1933, pp. 4-5.
25. Le feste in onore di S. E. Balbo e dei suoi “95 uomini di carne col cuore d’acciaio”, in «La Tribuna Italiana d’America», 21 luglio 1933, p. 1.
26. Honor Balbo Is Horner Plea, in «The Chicago American», 7 luglio 1933, p. 4.
27. La trionfale accoglienza di Chicago agli aviatori italiani, in «La Tribuna Italiana d’America», 21 luglio 1933, p. 2.
28. Balbo Air Armada Due Here At 4:15 P.M., in «Brooklyn Times-Union», 19 luglio 1933, p. 1 e Thousand Cheers As Balbo Planes Arrive, in «Brooklyn Times-Union. Special Aviation Extra», 19 luglio 1933, p. 1. Il giornale riportava anche una vignetta nella quale il mondo era schiacciato da uno stivale a forma d’Italia con la scritta «Italy’s Air Squadron».
29. La Trionfale Giornata Italiana di New York: Onoranze Ufficiali e Popolari ai 100 di Balbo. Il Lunch offerto da Pope ai volatori e Milioni di Newyorkesi Acclamano la Squadra Atlantica, in «Il Progresso Italo-Americano», 22 luglio 1933, pp. 1-2.
30. «Il Progresso Italo-Americano», 21 luglio 1933, p. 4.
31. I minatori italiani di Salt Lake donano 50 libbre d’argento agli Atlantici, in «Le vie dell’aria», 30 luglio 1933, p. 3 e Cinquanta libbre di argento offerte a Italo Balbo dai minatori italiani di Salt Lake e destinate all’E.O.A. di Ferrara, in «Il Corriere Padano», 21 luglio 1933, p. 6.
32. Anche l’anarchico Carlo Tresca, esule a New York, inviò un telegramma a Balbo firmato don Minzoni [Segrè 1988, 305].
33. Protest Balbo Welcome Here, in «The Chicago American», 15 luglio 1933, p. 2.
34. A Chicago, col naso in aria, in attesa di Balbo e Questa è buona, in «Il Corriere del Popolo», 22 giugno 1933, p. 2; Se non arrivasse… sarebbe il… benvenuto?, in «Il Corriere del Popolo», 6 luglio 1933, p. 1; “Eppur si muove”… eppur… vola l’antifascismo, in «Il Corriere del Popolo», 27 luglio 1933, p. 1 e Una campagna contro Hitler appoggiata dal sindaco Rossi, in «Il Corriere del Popolo», 17 agosto 1933, p. 1. Balbo era stato l’oggetto delle contestazioni del giornale già nel corso della sua prima visita negli Stati Uniti, nel 1928. “Una quindicina di persone” al grande ricevimento a Italo Balbo a Los Angeles!, in «Il Corriere del Popolo», 3 gennaio 1929, p. 1.
35. Chicago perde la 7th St. e acquista una “Balbo Avenue”, in «La Tribuna Italiana d’America», 21 luglio 1933, p. 2.
36. N. Quilici, L’incontro dell’America con l’Italia Fascista. La traversata alla radio di Shediac, in «Le vie dell’aria», 12-19 agosto 1934, pp. 7-8.
37. Diversamente da quanto accaduto a Chicago, tuttavia, la cittadina canadese allo scoppio della guerra eliminò i riferimenti al fascismo, tornando all’antico nome della strada.
38. P. Trevisani, Si vuol dedicare una via ad un mandante in assassinio?, in «Il Corriere del Popolo», 24 agosto 1933, p. 2.
39. Il comitato d’accoglienza a New York per Balbo, presieduto da Generoso Pope, era composto da una lunga lista di personalità – italoamericane e non – a dimostrazione della popolarità dell’impresa. Thousand Here Will Greet Balbo, in «The New York Times», 19 luglio 1933, p. 3.
40. Italian Fliers to Be Greeted by R. W. Child, in «Chicago Herald and Examiner», 8 luglio 1933, p. 2.
41. Le vibranti giornate di Chicago, in «Le vie dell’aria», 23 luglio 1933, p. 7.
42. D. L. Toffenetti, Salve al Generale Italo Balbo e Il saluto di un noto industriale allo stormo, in «L’Italia. The Italian News», 18 luglio 1933, p. 3. Sul «Brooklyn Times Union» comparvero pubblicità del Joe’s Restaurant, del grande magazzino Frederick Loeser & Co., della birra Piel Bros., «Brooklyn Times Union», 19 luglio 1933, p. 7. Oltre alla pubblicità della Standard Oil, presente anche su altri giornali americani, vi era anche un saluto a Balbo firmato da uno dei distributori della General Electric. Le imprese italo-americane sfruttarono commercialmente la trasvolata in maniera ancora più evidente: un olio di arachidi chiamato “Ali d’Italia” fu lanciato sul mercato [Chiaricati 2021, p. 46]. Anche uno spaccio di birra nella Little Italy di San Francisco fu rinominato in onore di Balbo, E perché non s’intitola al “Duce”?, in «Il Corriere del Popolo», 24 agosto 1933, p. 1.
43. I. Balbo, L’ardente spontaneo entusiasmo popolare, in «Le vie dell’aria», 30 luglio 1933, p. 2. Cfr. anche Guerri 1984, 263.
44. F. Cutry, La partecipazione dell’Aeronautica Italiana all’Esposizione mondiale di Chicago, in «Le vie dell’aria», 23 luglio 1933, p. 3.
45. I. Balbo, Considerazioni dopo la seconda crociera atlantica, in «Le vie dell’aria», 3 settembre 1933, p. 1.
46. La colonna romana donata dal Duce a Chicago, in «Le vie dell’aria», 30 luglio 1933, p. 3.
47. Una colonna romana donata dal Duce, in «Le vie dell’aria», 23 luglio 1933, p. 7.
48. Italian Day at Fair Marked by Unveiling, in «The Evening Star», 16 luglio 1934, p. B-15.
49. G. Ravegnani, La più grande impresa dei tempi moderni, in «Il Corriere Padano», 12 luglio 1934, p. 3.
50. Un ponte ideale fra la civiltà antica e la nuova, in «Il Corriere Padano», 17 luglio 1934, p. 1.
51. La nuova trasvolata, organizzata dall’azienda Siai Marchetti, aveva anche chiari obiettivi commerciali.
52. Nell’agosto gruppi di manifestanti si riunirono nei pressi della colonna, chiedendone la rimozione, e proposero di rinominare la Balbo Drive dedicandola alla militante afroamericana Ida B. Wells [Protesters 2017].
53. Si veda il sito: https://chicagomonuments.org.