1. Un progetto per celebrare il 70°

Il 9 maggio 2015, in una piazza affollata, all’ombra del monumento al Partigiano di Parma, il Centro studi movimenti ha presentato Una stagione di fuoco. Fascismo guerra resistenza nel Parmense, edito da Fedelo’s. Il volume, con testi di Margherita Becchetti, William Gambetta, Massimo Giuffredi, Ilaria La Fata e Guido Pisi, è il risultato di un anno di lavoro e di Siamo tutti partigiani. Facciamo la storia!, un progetto ben più ampio, ideato e coordinato a partire dal 2014.

Il volume Una stagione di fuoco
Il volume Una stagione di fuoco

In vista del 70° della Liberazione, infatti, all’interno del nostro collettivo di ricerca, la discussione circa la necessità di aggiornare gli studi sulla Resistenza parmense si è fatta più urgente e incalzante. Anche perché l’ultimo libro di sintesi della storia partigiana della provincia era quello di Leonardo Tarantini, il comandante partigiano “Nardo”, che nel 1978 scrisse La Resistenza armata nel Parmense. Un libro certamente ricco d’informazioni ed episodi ma che ripercorreva unicamente gli aspetti militari di quella straordinaria vicenda e che dunque risultava ormai superato, non solo sul piano della ricerca storiografica – che negli ultimi 30 anni ha notevolmente ampliato il panorama degli studi – ma anche per il clima culturale e politico nel quale fu elaborato e diffuso.

Dalla fine degli anni settanta a oggi, poi, nella nostra provincia ci sono state molte altre micro pubblicazioni sulla guerra e la Resistenza: memorie o storie di piccole comunità, approfondimenti di singoli eventi o ricostruzioni di vite di alcuni protagonisti. Una bibliografia molto ricca alla quale però mancava un volume che sapesse inquadrare complessivamente le dinamiche militari in quelle politiche e sociali.

All’interno del Centro studi movimenti abbiamo discusso molte volte sull’idea di realizzare questo aggiornamento. E finalmente, nel 2014, ci siamo messi al lavoro pensando a uno studio di storia locale in grado di dialogare con la riflessione storiografica nazionale e internazionale più recente. Un libro sulla guerra e la Resistenza a Parma che affrontasse un ampio spettro di indagine, che non considerasse solo gli aspetti militari ma tenesse conto, ad esempio, di quei comportamenti ostili al potere nazifascista che sono stati identificati con la categoria di «resistenza civile» o di «lotta non armata», che analizzasse i complessi rapporti tra combattenti e civili, che fosse capace di mostrare le difficoltà del movimento clandestino nei centri urbani, o i contrasti interni ai partiti del Cln o alle stesse formazioni partigiane, che mettesse in luce la dialettica – talvolta conflittuale − tra la guerriglia e gli uomini delle missioni alleate, o ancora i rapporti tra il fascismo della Repubblica sociale e i comandi nazisti.

Adesivi
Adesivi

2. Andare oltre la ricerca storica

Nelle nostre intenzioni, però, scrivere un libro di questo tipo non significava soltanto aggiornare l’analisi storiografica, ma anche valorizzare la Resistenza antifascista in relazione a un presente immiserito e depauperato da qualsiasi sogno di rigenerazione sociale e politica. Significava esprimere il nostro bisogno di ricordarne la ribellione contro un potere violento e inaccettabile. Significava contrapporci ai processi di delegittimazione che l’antifascismo e la lotta partigiana stessa hanno subito negli ultimi decenni. Scrivere un libro di questo tipo, insomma, era molto più di una semplice ricerca storica.

Per questo, fin da subito, abbiamo pensato di condividere il progetto con l’intera città, una città che continuava a dichiararsi «democratica e antifascista» ma che spesso, soprattutto negli ultimi decenni, aveva mostrato di essere confusa. Anche a Parma, infatti, in molte occasioni avevamo avuto modo di notare come, soprattutto i più giovani, mancassero di conoscenza e consapevolezza delle proprie radici o avessero una visione distorta del passato. Svolgendo attività didattica nelle scuole avevamo spesso verificato come tra i ragazzi fosse diffusa la convinzione che il passato non avesse più nulla da insegnare, che ciò che vivevano fosse sempre successo e sempre sarebbe accaduto, e che nulla potesse cambiare: in quella loro percezione il tempo era ridotto a un eterno presente e il futuro non sarebbe stato che una sua insignificante ripetizione.

Ci sembrava, dunque, che ciò che si era spezzato in molti di loro non fosse solo il filo della memoria antifascista quanto il filo stesso della storia. E se era il ruolo della storia ad esser venuto meno, da qui, secondo noi, bisognava ripartire per tentare di capire la trasformazione: altrimenti cosa può farsene della memoria chi non riesce più a collocare nella storia la sua esistenza?

Locandina del progetto
Locandina del progetto
A questa situazione non potevamo contrapporre nostalgie ma studi nuovi e rigorosi, i cui risultati potessero essere utilizzati da tutti e quindi contribuire a una maggiore consapevolezza democratica. Dovevamo sottrarre la storia della Resistenza ai pochi sacerdoti della memoria, fossero essi uomini delle istituzioni o protagonisti; dovevamo sottrarla al privilegio della condivisione di una piccola minoranza e restituirla alla collettività, alla polis nel suo insieme, dovevamo di nuovo renderla un bene comune del quale non ci si può disinteressare, uno strumento culturale necessario alla trasformazione delle relazioni di potere dell’esistente. Dovevamo, insomma, attivare in città una nuova consapevolezza storica, cioè la consapevolezza di vivere in un flusso di tempo storico, di esistere in un presente determinato da ciò che è stato e, a sua volta, determinante per ciò che sarebbe stato. Così è nato il progetto Siamo tutti partigiani. Facciamo la storia!, un’operazione certamente non facile ma che ha dato risultati incoraggianti.

3. L’appello alla città

Quando il 25 aprile 2014 – in collaborazione con l’Anpi provinciale – abbiamo presentato pubblicamente il progetto, abbiamo scelto di farlo nella forma di un appello ideale e concreto alla città: a tutti abbiamo chiesto di attivarsi nel recupero della storia della Resistenza, di assumersi la responsabilità di farla propria, consapevolmente, di indicarla come fase storica cui continuare a riferirsi nell’azione politica presente, come eredità civile cui continuare a far riferimento. Abbiamo chiesto loro di collaborare con noi: da un lato inviandoci documenti, fotografie, carte e ricordi ancora chiusi nei cassetti di famiglia, dall’altro partecipando a una «sottoscrizione popolare» per finanziare la ricerca e il volume, per consentirci di essere liberi dalle consuete sovvenzioni della politica istituzionale o degli sponsor privati. Fin dalle prime settimane, e per un intero anno, entrambi gli appelli hanno riscosso molta attenzione e adesione e il progetto si è via via articolato in modo sempre più complesso.

 Vendita fragole partigiane
Vendita fragole partigiane

Sulle pagine web dell’edizione locale di “Repubblica” abbiamo aperto il blog Siamo tutti partigiani nel quale, settimanalmente, per un anno intero, abbiamo pubblicato racconti, fotografie e contributi inviatici dai cittadini sulle storie di loro familiari o amici partigiani o deportati. Erano ricordi e storie di vita di chi, in modi differenti, aveva partecipato alla lotta antifascista, alcuni più conosciuti per il ruolo pubblico che nel dopoguerra avevano ricoperto, altri, invece, emersi per la prima volta dal privato dei ricordi familiari. Tutti ugualmente capaci di mostrare una netta scelta di campo contro il nazismo e contro i collaboratori della Repubblica di Salò.

Alcune librerie e osterie della città sono diventati luoghi di raccolta delle sottoscrizioni e in questo modo la raccolta di denaro ha raggiunto e superato abbondantemente gli obiettivi che ci eravamo prefissi. Collettivi e associazioni antifasciste di diverso orientamento – dall’Anpi all’area della sinistra antagonista – hanno sostenuto il progetto con varie attività e iniziative, così come molti artisti e intellettuali ci hanno offerto il loro supporto con piccoli videoclip, ognuno con le parole, i mezzi e le forme della propria arte. Parole, suoni e immagini che, periodicamente abbiamo pubblicato sul blog e sui social network. La solidarietà, poi, è arrivata anche da organizzazioni culturali e politiche e da istituti di ricerca di altre città come la Fondazione Gramsci Emilia Romagna o l’Istituto Ernesto De Martino di Sesto Fiorentino.

Tra le tante note positive – e al di là del migliaio di cittadini di Parma e della sua provincia che hanno collaborato con noi – continuava a emergere una grave mancanza, quella delle istituzioni e della politica. Se si scorre la lista dei sostenitori del progetto, si notano certo i nomi di alcuni amministratori e dirigenti di partiti d’ispirazione democratica ma, a parte loro, la classe dirigente di Parma e dei comuni della provincia non si è mostrata granché interessata. E dire che tante volte li abbiamo sentiti dichiarare – nelle loro fasce tricolorate − dell’importanza del «ricordare il passato», della «memoria storica», della Resistenza come «fondamento della democrazia».

4. Un lavoro collettivo

Alla fine, ne è emerso un libro diverso, soprattutto per il percorso con il quale è stato promosso, finanziato ed elaborato: Una stagione di fuoco non ha usufruito dei consueti finanziamenti istituzionali, non è stato scritto nel chiuso di qualche studio senza rapporti con la società, non è il prodotto di alcuna promozione editoriale. Una stagione di fuoco è un libro inconsueto. È nato da un’esigenza collettiva, comune a tutti coloro che, in qualsiasi modo, vi hanno contribuito, compresi i cinque autori. Anche noi, infatti, ci siamo dovuti mettere in gioco, non solo prestando la nostra attività di ricerca gratuitamente ma confrontandoci in una faticosa, sebbene proficua, elaborazione collettiva, tanto nell’analisi della documentazione quanto nella stesura del testo. Il risultato non è dunque di una raccolta di singoli saggi ma un testo interamente scritto, corretto e rielaborato a dieci mani.

Dattiloscritto
Dattiloscritto

Una stagione di fuoco affronta la storia della Resistenza parmense nel più generale quadro della seconda guerra mondiale, dalla crisi della dittatura fascista all’immediato dopoguerra, e nei suoi aspetti più straordinari ma anche dissonanti: dal 25 luglio all’8 settembre, dalle prime bande alle formazioni più strutturate, dal movimento clandestino in città ai tanti atti di lotta non armata, dall’azione dei partiti antifascisti alle spontanee mobilitazioni di piazza, fino ai giorni dell’aprile 1945 e alle elezioni libere di un anno dopo. In diciotto capitoli, abbiamo raccontato la lotta partigiana anche nei suoi aspetti meno conosciuti, mostrando le contraddizioni e i conflitti di un movimento fatto di uomini e donne reali e non di oleografiche figure eroiche… Insieme al coraggio, ne abbiamo dunque raccontato le paure, gli errori insieme alle virtù, l’amore insieme al rancore, la vita insieme alla morte. Abbiamo cioè voluto restituire prima di tutto la dimensione umana dei combattenti visto che, per decenni, la Resistenza è stata raccontata attraverso paradigmi che poco avevano a che fare con uomini e donne in carne e ossa e molto con la visione politica che via via li ha rappresentati. Visioni politiche che hanno contribuito – e contribuiscono ancor oggi − a banalizzare un complesso fenomeno storico, nel quale, invece, le contraddizioni e le sfumature sono molteplici e fondamentali.

Noi, liberi da ogni vincolo istituzionale o politico, abbiamo scritto un testo che tenta di spiegare e contestualizzare quella complessità; abbiamo ricostruito relazioni non sempre facili, quelle tra uomini e donne all’interno delle formazioni partigiane, quelle tra le brigate e una popolazione già stremata dalla guerra, quelle tra italiani ribelli e alleati talvolta diffidenti. Abbiamo raccontato la brutalità dell’occupazione tedesca e del fascismo di Salò, le stragi, le deportazioni, le torture che tanti parmigiani hanno dovuto subire. Abbiamo raccontato tanti altri modi in cui uomini e donne hanno resistito a tedeschi e fascisti, anche senza armi. Abbiamo, insomma, voluto raccontare la storia della guerra e della Resistenza come momento di passaggio fondamentale tra la crisi della dittatura fascista e la fondazione della Repubblica democratica. Un passaggio alla fine del quale molte aspettative furono deluse. E tuttavia, un passaggio che resta denso di scelte e speranze sulle quali vale la pena riflettere per il nostro presente.

Anche per questo, alla fine di tutto, abbiamo scelto di presentare il volume e i risultati di un anno di lavoro il 9 maggio 2015, ai piedi del monumento al Partigiano, una data e un luogo fortemente simbolici per la storia democratica della città. Il 9 maggio 1945, infatti, pochi giorni dopo la Liberazione, le formazioni partigiane della provincia sfilarono per le vie della città, acclamate dalla folla festante, tra abbracci, sorrisi e speranze. Il monumento al Partigiano, invece, eretto in piazza della Pace nel 1956, è stato ed è ancora oggi il luogo più importante di espressione dei valori democratici.

Presentare Una stagione di fuoco insieme alle trecento persone che avevano affollato la piazza è stato emozionante, perché ora sappiamo che una parte significativa della città lo ha voluto, per il piacere di conoscere il suo passato, perché ha cercato in esso ideali che spera possano essere riproposti, o più probabilmente per entrambe le cose. In ogni caso, pensarlo e scriverlo in questo fermento collettivo lo ha già reso un «bene comune».

Videovignetta di Gianluca Fogliazza per la campagna Siamo tutti partigiani.


Risorse

Una stagione di fuoco. Fascismo guerra resistenza nel Parmense
http://csmovimenti.org/it/una-stagione-di-fuoco-3
Siamo tutti partigiani. Facciamo la storia!
https://www.youtube.com/watch?v=8d1-JkREk4Q
Video appello
https://www.youtube.com/watch?v=nfzAm_-pd1I
Video presentazione
https://www.youtube.com/watch?v=okYAGin3rR4
Blog
http://siamo-tutti-partigiani-parma.blogautore.repubblica.it