Noi tutti siamo soldati, al pari di quelli che combattono nei campi della gloria, noi apparteniamo al fronte interno e per esso dobbiamo lottare e vincere perché il nemico punta, colle sue male arti, precisamente sul fronte interno italiano [1].

Queste le parole riportate dal podestà di Bagnacavallo e pronunciate dal prefetto di Ravenna il 15 settembre 1942 in prefettura alla presenza dei podestà e dei commissari prefettizi della provincia di Ravenna. Tra i nemici che insidiano il fronte interno italiano è da annoverare anche la fame e la difficoltà ad avere un’alimentazione dignitosa. Come le amministrazioni comunali della Bassa Romagna sono state coinvolte nella lotta a questi nemici? Quali disagi ha conosciuto la popolazione durante la seconda guerra mondiale?

A partire da questi interrogativi e dalle ricognizioni effettuate negli archivi storici comunali di Bagnacavallo, Russi e Massa Lombarda, tre località della Bassa Romagna, ci proponiamo di indagare, in primo luogo, quali funzioni hanno avuto le amministrazioni comunali nella gestione e nel funzionamento del sistema di produzione, razionamento e distribuzione di generi alimentari proprio del regime fascista durante la seconda guerra mondiale; in secondo luogo, quali problemi e difficoltà si sono manifestate a livello locale in campo alimentare e, infine, come ha reagito la popolazione alla penuria di cibo e alle disfunzioni del sistema di approvvigionamento. Si tenterà in sostanza, attraverso l’analisi di un caso locale, di cogliere quegli aspetti generali di storia sociale, istituzionale ed economica caratterizzanti il vettovagliamento della popolazione civile italiana durante il secondo conflitto mondiale.

1. Il ruolo delle amministrazioni comunali in campo alimentare

Con lo scoppio della seconda guerra mondiale le amministrazioni locali divengono esecutrici di nuove funzioni e disposizioni relative anche alla disciplina alimentare. La regolamentazione della produzione, del razionamento e della commercializzazione di generi alimentari viene fissata attraverso un sistema complesso di norme nazionali e gestita da un altrettanto complesso apparato di enti, sezioni e uffici, dipendenti da diversi ministeri. Per far funzionare questa macchina occorre un punto di appoggio sul territorio, un referente prossimo ai cittadini, e questo non può essere altro che il Comune [Baldissara 1995, 104-114].

Con la legge n. 1716 del 27 dicembre 1940 viene introdotta la denuncia dei generi alimentari posseduti, come grano, farina di grano, paste alimentari, mais, farina di mais, riso, risone (riso greggio), olio di oliva, olio di semi, burro, lardo, strutto, sugna, pancette e simili; le amministrazioni comunali sono incaricate di censire questi generi sia presso gli industriali e i commercianti che presso i produttori agricoli, indicando i quantitativi occorrenti per il consumo familiare e – per quanto riguarda i cereali – anche per l’alimentazione del bestiame e per le semine.

Il censimento riguarda non solo i generi esistenti ma anche tutti quei beni che possono contribuire ad aumentare la produzione. Nel luglio 1941 i podestà ricevono l’ordine dai prefetti di provvedere «subito a censire i parchi privati ed a invitare alle coltivazioni» [2], affinché sia esaudito l’ordine di Mussolini di utilizzarli «per la piantagione di ortaglie», in modo da «non lasciare incoltivata una sola zolla», superando «ogni eventuale ostacolo aut pigrizia aut misoneismo di singoli» e contribuire ad alleviare il problema alimentare [3]. Il censimento nel territorio di Bagnacavallo non rileva, in un primo momento, alcuna area disponibile in quanto «nessuna proprietà ha zone che non siano intensamente coltivate a campo, frutteto od orto, e non esistono pertanto aree incolte, parchi e simili» [4], tuttavia dopo una successiva richiesta da parte del prefetto l’Ufficio tecnico del Comune, «per dare l’esempio a tutti i coltivatori», individua due appezzamenti di terreno di proprietà comunale, da destinare alla coltura di cereali. Si tratta di una parte dei cortili delle «Scuole urbane» di Bagnacavallo e del «Palazzone» nella frazione di Villanova e di «terreni nel campo sportivo» [5].

Nel tentativo di utilizzare ogni zolla e ogni cosa perché «nulla deve andare distrutto, tutto è utile e può servire» [6], si arriva a prendere in considerazione anche l’ammasso volontario dei frutti di ippocastano «per la utilizzazione industriale autarchica dell’amido in esso contenuto». Le amministrazioni comunali hanno il compito di contare le piante esistenti, sia di proprietà comunale che privata, e fare una stima dell’eventuale raccolto [7]. È una direttiva che stupisce il commissario prefettizio di Bagnacavallo il quale, dopo aver riferito dell’esistenza lungo i viali del paese di 40 piante di ippocastano, precisa che «non è mai stata effettuata la raccolta dei frutti, che peraltro deve dare risultati scarsi, essendo gli alberi predetti, assoggettati a taglio periodico dei rami», inoltre, maturando gradualmente,

le piante lasciano cadere tali frutti, che vengono raccolti generalmente dai ragazzi per curiosità e per giuoco, cosicché si ha l’impressione che riesca alquanto difficile una raccolta sistematica, a frutto acerbo, da eseguirsi in un solo momento.

Il commissario prefettizio sottolinea, inoltre, la mancanza di notizie relative alla raccolta dei frutti, alla loro conservazione e al loro prezzo, lasciando trapelare tutta la sua sorpresa e il suo disorientamento di fronte a tale invito [8], che, supponiamo, non abbia avuto alcun seguito.

Accanto all’utilizzo di nuove risorse e nuovi spazi per far fronte alle necessità alimentari, le istituzioni locali raccomandano lo sfruttamento dei prodotti di cui il territorio dispone. E così i podestà e i commissari prefettizi della provincia di Ravenna sono incaricati di sollecitare e disporre ogni iniziativa che faciliti il consumo della frutta, concedendo che

tale smercio venga effettuato anche da tutti i negozi alimentari e promuovendo da parte di pubblici esercizi la somministrazione di frutta fresca comunque confezionata, in modo che il pubblico trovi gradito sostituirla ad altri consumi, anche nei ritrovi.

Questo perché

la frutta costituisce un alimento ottimo sotto ogni punto di vista in quanto altamente nutritivo e fornita di caratteristiche tali da poter largamente integrare il minor consumo di altre derrate di cui il mercato non fosse rifornito con egual larghezza [9].

Al contempo gli amministratori locali devono vigilare sull’andamento dei prezzi e sulla regolarità della vendita. Si tratta di controllare che la commercializzazione avvenga correttamente, ad esempio – come decide di fare il podestà di Bagnacavallo nel maggio 1941 – ponendo una guardia comunale presso ciascuna macelleria del paese per sorvegliare la ripartizione delle carni,

in vista del limitato quantitativo di carne ovina ammesso allo smercio, ed allo scopo di eliminare l’inconveniente prodotto dal fatto che i primi clienti che si presentano negli spacci tendono ad accaparrarsi quantità rilevanti delle carni stesse, con danno della rimanente clientela, che rimane sprovvista [10].

Inoltre le amministrazioni comunali sono incaricate di controllare il visual merchandising dei negozi, evitando che le vetrine «facciano sfacciatamente mostra di generi alimentari» [11].

Per queste funzioni di vigilanza e censimento nel marzo 1942 viene decisa l’istituzione di una Commissione comunale per la disciplina dei prezzi che «provvederà, nel miglior modo possibile, a regolarizzare il mercato dei consumi a beneficio dei cittadini» [12]. Tale commissione sarà poi rimpiazzata per direttiva della Sepral, (Sezione provinciale per l’alimentazione, di Ravenna), nell’agosto dello stesso anno, da un’altra commissione, denominata Commissione comunale per i servizi dell’alimentazione, che avrà il compito di

collaborare con l’Ufficio annonario comunale in materia di tesseramento; di controllare che siano tempestivamente inviati alla Sepral ed agli uffici di distribuzione dei commercianti i mod. “C” che – come noto – rappresentano la base per il rifornimento ai dettaglianti; di collaborare con le organizzazioni sindacali e con gli Enti Economici dell’Agricoltura per assicurare la esecuzione dei piani della produzione agricola secondo le disposizioni […]; di svolgere una, vasta ed intensa, opera di propaganda e di controllo per il sollecito ed integrale conferimento dei prodotti agricoli agli ammassi; di fissare il prezzo dei generi alimentari, le cui quotazioni non siano state stabilite anche per i comuni dagli organi Provinciali […]; di collaborare con l’Ufficio Distribuzione dei Commercianti per assicurare il regolare approvvigionamento dei Comuni; di sorvegliare l’esatta osservanza delle disposizioni impartite nel settore alimentare [13].

La Commissione comunale per l’alimentazione viene istituita per perfezionare l’organizzazione periferica della Sepral e per mirare «all’ordinato approvvigionamento della popolazione e alla inderogabile necessità di evitare qualsiasi pericolo inflazionistico». Essa è presieduta dal podestà o dal commissario prefettizio, e in sostanza deve occuparsi di:

a) produzione e conferimento agli ammassi: «Tutti i produttori dovranno essere interrogati dalla Commissione, allo scopo di stabilire se hanno conferito all’ammasso tutto il quantitativo di frumento o di altri generi dovuti», le affermazioni fatte dai produttori dovranno poi essere verificate perché questi «troppo spesso» cedono a «considerazioni egocentriche e, talvolta, addirittura egoistiche»;

b) distribuzione capillare delle risorse:

Si eviti l’economia chiusa provinciale e peggio ancora quella comunale; il compartimento stagno economico della provincia e del comune appartiene a una superatissima mentalità medievale ed è antitetica a quella politica economica nazionale che costituisce l’insegnamento primo della dottrina e della prassi fascista. […] Si curi la tempestività e la regolarità in ordine ai quantitativi dei generi razionati distribuiti alla popolazione e ai relativi controlli;

c) materia di prezzi:

É giunta la fine del così detto prezzo remunerativo: dobbiamo concedere solamente il prezzo ufficiale anche se questo dovesse essere apparentemente nocivo all’economia dei singoli. L’interesse dello Stato sia sempre interesse supremo [14].

Le mansioni delle Commissioni comunali per l’alimentazione ricalcano quelle svolte in precedenza, e tuttavia il loro lavoro aumenta in quanto si allarga la gamma di generi da censire e da portare all’ammasso, così come i provvedimenti da applicare. Il lavoro per la Commissione di Bagnacavallo si fa intenso fin da subito, stabilendo di iniziare «il controllo necessario per il conferimento del grano e per la denuncia delle patate e dei fagioli» [15]. L’amministrazione comunale è invitata ad adoperarsi «in ogni modo» affinché «il conferimento di patate da consumo nella nostra provincia» presso le ditte incaricate della raccolta raggiunga il quantitativo stimato dal Ministero dell’Agricoltura e delle Foreste di 27.600 quintali per l’anno 1942. L’appello al controllo fatto nell’ottobre 1942 risulta quanto mai necessario visto che, nonostante la raccolta delle patate in campagna sia conclusa già da tempo, il quantitativo conferito all’ammasso raggiunge soltanto 5.000 quintali [16].

La stessa situazione si verifica anche per le uova, il cui conferimento diviene obbligatorio a partire dall’aprile 1943: i podestà sono incaricati di persuadere i produttori a consegnare tutto il quantitativo, visto che i dati raccolti rilevano che le uova conferite nel comune di Bagnacavallo sono soltanto il 20% del totale stimato. Questi due episodi mettono in evidenza la pratica diffusa della sottrazione all’ammasso ad opera degli stessi produttori per il proprio fabbisogno alimentare o per il mercato nero.

La Commissione comunale per l’alimentazione si occupa poi del censimento di pollame e altri animali di bassa corte: a Bagnacavallo ne risultano 72.482 nel marzo 1943 [17]. Data la scarsità di carni suine e bovine, diventa fondamentale l’apporto delle carni bianche e di conseguenza anche il controllo sulla loro produzione e distribuzione. I commercianti incaricati hanno il compito di raccogliere pollame e conigli – ad eccezione di quelli concessi per il fabbisogno familiare – secondo le quantità stabilite dalla Sepral che poi ne disciplina la vendita [18]. Talvolta sono le stesse commissioni comunali che richiedono alla Sepral di poter obbligare gli allevatori di animali di bassa corte a mettere a disposizione della popolazione «una piccola percentuale di pollame» [19] o che prendono in esame la vendita di pollame e conigli data la insufficiente razione di carne bovina [20].

La scelta di censire anche patate, fagioli, altri legumi, uova e carni bianche dà l’idea dell’importanza, in assenza di altri alimenti, che questi prodotti assumono nella dieta degli italiani durante il periodo bellico, soprattutto per il loro valore proteico [21]. «È necessario tenere in efficienza il lavoro del pollame che nelle attuali contingenze è utile all’economia di guerra», suggerisce l’importante ditta di Russi Fratelli Babini [22] che a causa della carenza di mangimi arriva a trovarsi «da qualche tempo in serie difficoltà per poter mantenere attivo un importante ramo della propria attività, quello cioè riguardante la produzione della carne di pollame» [23].

2. Voce del verbo mancare

Oltre a verificare ciò di cui dispone il territorio, le amministrazioni comunali, proprio perché a stretto e diretto contatto con la popolazione, sono le prime a riscontrare ciò che manca e, dunque, ad avere il quadro della condizione alimentare locale. Si preoccupano di segnalare agli organi competenti le carenze e le mancanze e a chiedere interventi.

Il commissario prefettizio di Bagnacavallo, comune in gran parte rurale che conta quasi 17.000 abitanti e in cui si allevano animali di ogni specie, informa nella primavera 1942 che ci sarebbe bisogno di un’assegnazione di mangimi di ben più di 200 quintali.

Infatti qui si hanno, regolarmente denunciate, 400 vacche lattifere, 320 scrofe, 1100 maiali da allevamento, e si è verificato l’inconveniente che covate di maialetti sono andate perdute, perché, causa la mancanza di mangimi, la scrofa non aveva latte sufficiente all’allevamento della prole [24].

Ancora a luglio si sottolinea la scarsa assegnazione di mangimi che risulta «assolutamente insufficiente a coprire anche la minima parte del fabbisogno». Il numero di «borelle» non è diminuito, ma è la

resa unitaria di ognuna che è scesa a circa 2/3 della resa normale, venendo così a mancare 1/3 del latte normalmente disponibile in questa stagione. La riduzione è da attribuirsi alla mancanza di mangime che non consente la fornitura di beveraggi alle lattifere stesse [25].

La mancanza di mangimi [26] determina la resa del latte e non a caso l’insufficienza di latte è spesso lamentata dalla popolazione. Un vigile urbano di Russi nel maggio 1941 informa il podestà che

il quantitativo di latte per il fabbisogno della popolazione diminuisce sensibilmente tutti i giorni. Tale fatto potrà fra breve causare la mancanza quasi assoluta del latte, ciò lo dimostra che quelli che ne consumano normalmente un litro, oggi devono accontentarsi di mezzo litro od un quarto di litro [27].

Ancora nell’ottobre 1942 la Commissione comunale per l’alimentazione di Russi constata la mancanza di latte, a suo dire «determinata principalmente dal fatto che i produttori preferiscono servirsene per confezionare formaggi per uso proprio e per farne mercio a prezzi di affezione» e ipotizza dei provvedimenti che possano indurre i produttori di latte a destinare alla popolazione «parte del loro prezioso prodotto» [28]. Così anche a Bagnacavallo, il commissario prefettizio segnala come nel maggio 1942 sia tornata «a manifestarsi una deficienza di latte per la popolazione» [29].

Oltre al latte, tra gli alimenti ricchi di proteine, scarseggiano a Bagnacavallo anche le «carni suine insaccate» per le famiglie che «non avendo macellato un suino, o comunque partecipato nella divisione di un suino, sono assolutamente prive di tale alimento» [30]. La segnalazione fatta dal commissario prefettizio nel febbraio 1942 viene ripetuta anche a luglio insieme alla richiesta di assegnare «una certa quantità di salumi che qui da molto tempo sono introvabili, mentre mi risulta che in comuni vicini anche recentemente è stata effettuata una considerevole distribuzione» [31].

La domanda di maggiori assegnazioni riguarda anche il pesce: a Russi la quantità di pesce consegnata nel dicembre 1940, «è insufficiente ai bisogni di questo importante centro», «specie in quei giorni della settimana in cui non potendo disporre di carne il pubblico dei consumatori si rivolge al pesce», ma la quantità che il locale mercato «offre di tale sano e nutriente alimento è assolutamente inadeguata alla domanda» [32].

Sulla piazza di Bagnacavallo il pesce manca per molto tempo nell’inverno 1943-44, tanto che il commissario prefettizio nel febbraio 1944 si rivolge per farne richiesta prima al Segretario del fascio repubblicano di Porto Corsini, poi all’Amministrazione Valli di Comacchio, poi al Direttore del mercato del pesce di Porto Garibaldi e infine alle Sepral di Ferrara e di Ravenna. Ma l’attivismo del commissario non ottiene l’esito sperato: gli viene replicato che la pesca nel periodo invernale è scarsa, se non addirittura ferma e non c’è disponibilità di pesce. Risposta difficile da accettare per il commissario visto che

da indiscrezioni ricevute sembra che il pesce che veniva assegnato al Comune di Bagnacavallo ed a quelli limitrofi e che non è stato assegnato in questi ultimi mesi, sia andato a incrementare il mercato nero [33].

È un sospetto da ritenersi fondato, data la diffusione che ha nell’intera nazione il commercio irregolare, alimentato dalla disorganizzazione del mercato ufficiale che lascia ampio spazio alle iniziative dei privati dando vita a un doppio mercato [Legnani 1992, 333-366; Legnani 1991, 109-118].

Interno del reparto selezione della ditta di esportazione frutta Cortesi & Savorelli” di Bagnacavallo, 1937 [Bagnacavallo 1900-1950. Immagini e documenti del primo cinquantennio del ‘900 1999, 62].
Interno del reparto selezione della ditta di esportazione frutta "Cortesi & Savorelli” di Bagnacavallo, 1937 [Bagnacavallo 1900-1950. Immagini e documenti del primo cinquantennio del ‘900 1999, 62].

Di fronte a questa insufficienza di generi alimentari, si cerca di puntare su ciò che offre il territorio. Il Comune di Bagnacavallo si rivolge ai produttori ortofrutticoli per «raccomandare la maggiore intensificazione possibile delle loro coltivazioni, allo scopo di ovviare alla scarsità del pane, della carne e di altri alimenti». L’obiettivo è di sfruttare ancora di più il comparto più sviluppato nel territorio, ovvero l’ortofrutta. Ma è «indispensabile per diverse coltivazioni, come quelle dei pomidori, delle patate, dei sedani ed altre, che non potrebbero essere condotte a termine, senza la protezione contro le crittogame», l’assegnazione di solfato di rame [Banzola 2015, 31; Remondini 1999, 295]. Pertanto il commissario prefettizio di Bagnacavallo ne avanza richiesta sottolineando come

particolarmente in questo momento […] tutte le energie devono essere intese ad un unico fine la necessità di aiutare le coltivazioni ortofrutticole, le quali possono portare un contributo sensibilissimo per l’approvvigionamento della popolazione [34].

Tra queste coltivazioni bisogna ricordare la vite. Il comparto vitivinicolo costituisce una fetta importante del reddito locale e conosce un’importante crescita negli anni Venti e Trenta [35], crescita che «ha dato vita a Lugo, a Faenza, a Bagnacavallo e a Russi ad una vera e propria grande industria enologica» [36]. Nel periodo bellico per sopperire alla carenza di zucchero si suggerisce di incrementare il consumo di uva:

Il largo uso di tale prodotto merita particolare incoraggiamento nelle contingenze attuali; in cui la limitazione dello zucchero può essere attenuata dall’uva, ricca di sostanze zuccherine e assimilabili dagli organismi di ogni età [37].

I Comuni ravennati nel 1941 sono invitati a favorire la costituzione di comitati locali che facciano propaganda in merito al consumo di uva; anche l’anno seguente a ridosso della vendemmia viene disposta l’istituzione di «spacci di uva» gestiti o controllati dall’amministrazione comunale e che dovranno vendere «il prodotto a basso prezzo in modo da incrementare al massimo il consumo dell’uva, cibo igienico e nel contempo efficace complemento all’attuale regime alimentare» [38]. La disposizione, in un territorio come quello di Bagnacavallo dove la coltivazione della vite è la principale attività economica, viene considerata superflua in quanto «esistono già numerosi spacci di frutta e verdura, presso i quali viene smerciata uva alla popolazione» e poi «dato l’ambiente rurale, e l’abbondanza del raccolto di uva (genere che trovasi alla portata del consumatore) non è sentita minimamente la mancanza del prodotto». Tuttavia nell’obbedienza all’ordine, si assicura che «sulla pubblica Piazza, sia istituita al momento opportuno, la vendita di uva» [39].

Il sottosegretario di Stato all'agricoltura del Reich, Herbert Backe, in visita alla Cooperativa Frutticoltori di Massa Lombarda, 1939 [Casadio, Casadio Strozzi 1985, 72].
Il sottosegretario di Stato all'agricoltura del Reich, Herbert Backe, in visita alla Cooperativa Frutticoltori di Massa Lombarda, 1939 [Casadio, Casadio Strozzi 1985, 72].

Insieme alla viticoltura l’intero comparto ortofrutticolo è il fiore all’occhiello dell’economia della Bassa Romagna: Massa Lombarda è nota in tutta Europa per i suoi frutteti e per le sue industrie conserviere, dove si lavora la metà della frutta prodotta in tutta la provincia di Ravenna, destinata in buona parte al mercato estero e, durante il periodo bellico, soprattutto a quello tedesco [Remondini 1999, 277-292]. Anche nei comuni limitrofi sono presenti ditte che producono marmellate e altre conserve, ma nonostante l’abbondanza locale di questi generi, il commissario prefettizio di Russi nel 1942 accusa la mancanza di conserva di pomodoro, la cui quantità è «assolutamente insufficiente al fabbisogno dei consumatori», chiedendone una maggiore assegnazione «in misura adeguata al bisogno e a prezzi normali» [40]. Similmente il podestà di Massa Lombarda afferma che «la mancanza di marmellata proprio a Massalombarda che la produce con maestria è cosa inconcepibile» [41]. Anche il commissario prefettizio di Bagnacavallo prega nel marzo 1942 la Sepral di assegnare al suo comune «la quantità di marmellata che spetta in base appunto alla popolazione» [42].

In momenti successivi ricompaiono nel territorio di Bagnacavallo consistenti quantitativi di marmellata e di concentrato di pomodoro, soprattutto a partire dal 1943 [43], tanto che nell’estate del 1944 il Comune fa presente alla Sepral «che non ritiene necessarie nuove assegnazioni di marmellata fino all’inizio della stagione invernale», anche «in considerazione della grande quantità di frutta che a buon prezzo viene immessa giornalmente sul mercato» [44].

Come si evince da questi esempi, molte contraddizioni sulla gestione complessiva dell’alimentazione della popolazione civile emergono nella distribuzione dei generi razionati: è nel passaggio dalla campagna alla tavola che qualcosa non funziona, qualcosa di non controllabile e gestibile dalle amministrazioni comunali, come evidenziano le richieste e le rimostranze sulle sperequazioni nelle assegnazioni e sulle mancate distribuzioni.

Gli agricoltori di Bagnacavallo che nell’estate 1941 hanno denunciato la quantità prodotta «nulla hanno più saputo circa la destinazione di tali patate, e domanderebbero di ricevere disposizioni, potendo la merce deteriorarsi, germogliare, etc». Si auspica siano «messe in commercio, a disposizione della popolazione ed a completamento della razione di pane che è scarsa» [45]. Il prodotto, dunque non manca, mentre decisamente mancante è la Sepral che ancora nel mese di febbraio 1942 non ha dato indicazioni circa la distribuzione di un prodotto la cui raccolta è terminata l’estate precedente. Nel febbraio 1942 il commissario prefettizio di Bagnacavallo segnala alla Sepral che si verificano nella vendita dei generi contingentati «di frequente spiacevoli inconvenienti i quali possono turbare la tranquillità della popolazione», come ad esempio nella vendita di baccalà tanto che «una parte della popolazione è rimasta sprovvista, mentre altra parte ha potuto provvedersene più del necessario». Lo stesso è avvenuto anche per la distribuzione di formaggio, «con l’aggravante che esiste di fatto una forte sperequazione nell’assegnazione» stessa fatta agli esercenti se si considera che a un esercente sono stati consegnati 2 quintali di grana e 90 kg di pecorino, mentre agli altri rivenditori poche decine di chilogrammi di formaggio [46].

Anche il podestà di Russi nell’ottobre 1942 richiama l’attenzione della Sepral

sul fatto che in questa piazza le castagne, dopo una primissima fugace apparizione, sono del tutto scomparse. La causa di tale fenomeno è, naturalmente da ricercare nel prezzo che su la nostra piazza è tenuto fermo i £ 4,60 per kg, prezzo di listino. Ma, a quanto mi si assicura da persone degne di fede, parrebbe che sui mercati dei Comuni vicini e vicinissimi il prezzo per tale merce tanto apprezzata e che, come è noto, costituisce un ottimo, nutrientissimo complemento del pane, […] sarebbe assai più alto: £ 6-7 al Kg. D’altra parte, mi si assicura pure che nei luoghi di produzione le castagne si pagano correntemente £ 5,70-5,75.

Fintanto che s’impone così rigidamente il prezzo di listino, «questa popolazione sarebbe condannata a non gustare, né ora né poi, questo eccellente prodotto, se non acquistandolo sui mercati dei Comuni suaccennati, si intende a prezzo maggiorato» [47].

Il tentativo di calmierare i prezzi finisce spesso per produrre effetti opposti a quelli voluti. Spesso i prezzi all’ingrosso superano quelli fissati per calmiere per la vendita al minuto. Il risultato di queste incongruenze è quella di incoraggiare la sparizione dai mercati di molti generi e la loro sottrazione alla normale rete distributiva [Barbanti 1991, 284; cf. Bertolo 1974, 9].

Un discorso a parte per Massa Lombarda:

Oltre cinquant’anni di intenso lavoro, di rinuncie, di sacrifici di pionieri, e di potenti realizzazioni hanno dato a Massa Lombarda un volto industriale. Sette stabilimenti per la lavorazione ed esportazione delle frutta, numerose cantine industriali, vari stabilimenti per la preparazione delle polpe di frutta, tre fabbriche di conserve di pomodoro e concentrazione, la fabbrica di marmellata “S/A Massalombarda”, la fabbrica di congelazione frutta e verdura abbinata da industriali tedeschi a la S/A Massalombarda, uno zuccherificio, una fabbrica di macchine industriali-agricole, una segheria e fabbrica imballaggi, una fabbrica di carta ondulata e tante altre minori attività danno a Massalombarda quella sua particolarità tanto discussa, studiata ed ammirata che il Duce ebbe un giorno a definire di “grande apporto all’economia della Nazione” [48].

Etichetta della ditta “S.A. Massalombarda”, 1939.
Etichetta della ditta “S.A. Massalombarda”, 1939.

Così il podestà Giovanni Foschini descrive al prefetto di Ravenna nell’autunno 1942 la città. Massa Lombarda si è affermata nei primi decenni del Novecento come la capitale della frutticoltura italiana, settore che ha fatto da traino allo sviluppo dell’industria agroalimentare e delle industrie dell’indotto. Ma, come i comuni circostanti e specialmente nella stagione estiva, la cittadinanza deve confrontarsi con la penuria alimentare. Nel luglio 1941, «in questo momento di intensissimo lavoro è particolarmente sentito il disagio per la mancanza di olio, che è la base più economica della preparazione di qualsiasi cibo» [49].

Tutti i fornai accusano deficienza per la confezione giornaliera del pane. Tale deficienza è stata da me effettivamente riscontrata e pertanto vorrei pregare di esaminare la possibilità di aumentare l’assegnazione, tenendo presente che oltre mille unità affluiscono dai paesi vicini per la lavorazione della frutta, e, tali unità influiscono sul maggior consumo del pane che acquistano in luogo. Inoltre gran numero di mezzadri e terziari devono ancora trebbiare il grano prodotto ed anche questi pesano ancora per qualche tempo sul consumo giornaliero del pane prodotto dai forni. Ai primi di Agosto poi avrà inizio la campagna saccarifera ed altre industrie (conserve alimentari), con notevole afflusso di mano di opera forestiera [50].

Nel mese successivo:

data la limitatissima assegnazione di carni bovine, si constata un forte disagio per l’approvvigionamento della popolazione che specie nei mesi estivi da Luglio a tutto Ottobre la popolazione stessa aumenta, oltre a quella presente e residente, di circa 1200 giornalmente (maestranze affluenti da luoghi limitrofi presso numerosi stabilimenti industriali: zuccherificio, frutticoli, etc.) [...]. Sono quindi ad esortarvi vivamente di volere – possibilmente – concedere [...] una speciale sensibile assegnazione di frattaglie e trippe [51].

Il problema dell’approvvigionamento – secondo quanto afferma il podestà – è dovuto al mancato adeguamento delle assegnazioni rispetto all’effettiva popolazione presente nel territorio nei mesi estivi. Di fatti, vi sono circa 800 persone impiegate presso gli stabilimenti di lavorazione della frutta e di prodotti ortofrutticoli e circa 400 persone presso lo zuccherificio:

Una certa percentuale di tale personale risiede in permanenza in questo Comune ed in gran parte affluisce da luoghi limitrofi nelle primissime ore del mattino rimanendovi fino a tarda sera ed in ogni caso è obbligato a consumare qui i propri pasti, senza avere la possibilità, specialmente per il pane, di potersi rifornire dai luoghi di partenza data l’ora prestissima in cui devono trovarsi sui lavori.

Senza tenere conto quindi del non trascurabile numero di forestieri (commercianti, industriali, viaggiatori, commissionari, etc.) che, durante tale periodo di tempo transitano per Massa Lombarda [52].

La strategia del podestà e del commissario prefettizio è quella di insistere sul carattere industriale di Massa in modo tale che la città non sia «considerata alla stregua di un qualsiasi insignificante e comune centro agricolo» e il regime alimentare venga adeguato «all’importanza delle sue molteplici attività cittadine nel campo della produzione industriale ed agricola e nello sviluppo commerciale». Considerando che la percentuale di popolazione addetta all’industria eguaglia in proporzione quella dei «più importanti centri industriali d’Italia», si richiede un trattamento maggiormente consono «alle peculiari necessità alimentari dei lavoratori», «specie per quanto riguarda la somministrazione della carne» e un «regime alimentare uguale» a quello di città come Ravenna, Faenza, Lugo, superando la «pregiudiziale aritmetica della mancanza del requisito del numero degli abitanti» [53].

Ancora nel maggio 1944 è il Partito fascista repubblicano locale a raccogliere dati statistici sulla produzione industriale di Massa Lombarda (numero di operai, giornate di lavoro, importo salari, quantità prodotte) al fine di ottenere dal ministero il riconoscimento di «zona eminentemente industriale» e ricevere «quelle assegnazioni alimentari che spettano ai centri di grande importanza industriale come il nostro» [54].

Nonostante i diversi tentativi e convincimenti, l’istanza presentata non ottiene l’esito sperato.

3. Le reazioni della popolazione

Di fronte alla carenza di generi alimentari, la preoccupazione dei podestà e dei commissari prefettizi è anche rivolta alle conseguenze politiche, specialmente di ordine pubblico, che una situazione come questa potrebbe creare. In diverse occasioni gli amministratori comunali pongono all’attenzione della Sepral o del prefetto gli «spiacevoli inconvenienti i quali possono turbare la tranquillità della popolazione» [55], «le irose lamentele di questa popolazione», le «lagnanze e proteste che hanno messo in un comprensibile imbarazzo» la commissione comunale per l’alimentazione [56] e il «grave malumore» causato da mancate consegne a cui bisogna provvedere tempestivamente «allo scopo di evitare che il consumatore abbia motivi di esprimere commenti poco lusinghieri» [57].

Il podestà di Massa Lombarda nel richiedere una maggiore assegnazione di cibo per il suo comune analizza gli aspetti di questa situazione:

Siamo fieri di compiere il nostro dovere, ma desideriamo che il nostro compito sia aiutato e compreso. […] Potremo così dimostrare che andiamo incontro al popolo ed eviteremo che la protesta per qualche mancanza possa diventare pretesto e degenerare in forte malcontento, facendo diversamente accettare il poco con disciplinata fermezza. E tale malcontento, come tale disciplina hanno riferimento in gente che ha dato figli alla Patria e che ne ha in tutti i fronti [58].

Lo schema è semplice: sfamando il popolo, si evitano la protesta e il dissenso che potrebbero portare allo scollamento dal regime e alla disgregazione del fronte interno. Ma questo non accade, anzi, con l’inizio dei bombardamenti, le difficoltà nei trasporti, l’avvicinarsi del fronte di guerra e lo sfaldamento politico-istituzionale, le condizioni di vita della popolazione peggiorano, il malcontento cresce e sfocia in azioni sovversive. La crisi alimentare fa, dunque, «da detonatore di un’esplosione di agitazioni e manifestazioni e della diffusione di un generalizzato orientamento ostile al regime» [Barbanti 1991, 284]. Alcune operaie delle industrie conserviere di Massa Lombarda nella primavera 1943 si recano in municipio e, generando un po’ di trambusto, reclamano la razione di burro non pervenuta quel mese [L’habitat dei partigiani a Massa Lombarda 1986, 15-16] [59]. Il successivo 10 settembre si assiste, sempre a Massa Lombarda, alla prima grande azione di massa con lo svuotamento dell’ammasso del grano e la distribuzione parziale alla popolazione [L’habitat dei partigiani a Massa Lombarda 1986, 23]. La distribuzione del grano portato all’ammasso viene auspicata anche nel giugno 1944 dal commissario prefettizio di Bagnacavallo nel timore che un bombardamento distrugga gli ammassi dell’anno precedente, nell’imminenza del raccolto e nel tentativo di placare gli animi e gli stomaci della popolazione.

Alla luce degli avvenimenti in corso la distribuzione del grano giacente negli ammassi, verrebbe ad essere accolta dalla popolazione della zona con la maggior soddisfazione e varrebbe a calmare in parte le preoccupazioni esistenti nelle famiglie, circa la possibilità avvenire, di alimentare le famiglie stesse.

La non avvenuta distribuzione, in caso che gli avvenimenti bellici dovessero portare alla distruzione anche parziale del grano esistente negli ammassi, sarebbe certamente causa di così grave malcontento fra la popolazione, da lasciare presumere i più gravi incidenti e le conseguenze dei quali non potrebbero essere riparabili così facilmente come potrebbe apparire a prima vista [60].

Ma il malcontento è già diffuso e radicato, e il fronte interno ormai collassato: nel giro di poche settimane diversi contadini danno vita al boicottaggio della trebbiatura invocato dal movimento di liberazione. Si tratta di ritardare la mietitura, di lasciare il grano mietuto nei campi e di impedire la trebbiatura sabotando le macchine [Casadio 1979, 175-176; Cavina 2005, 80]. Nella notte tra il 18 e il 19 luglio a Villanova, frazione di Bagnacavallo, tre delle quattro trebbiatrici vengono rese non utilizzabili [61]; nella frazione di Boncellino nella notte del 26 luglio viene incendiata una trebbiatrice e ne viene sabotata un’altra [62].

La tempra della popolazione viene messa a dura prova soprattutto poi nei lunghi mesi successivi, tra dicembre 1944 e aprile 1945, quando il fronte si arresta sul fiume Senio. All’indomani della liberazione, nel gennaio 1945, a Bagnacavallo le «lamentele della popolazione agricola» non si placano ancora, a causa

della situazione in cui viene a ritrovarsi l’economia rurale, base della nostra zona, per la quasi generale evacuazione dalla campagna della popolazione ivi esistente […]. L’evacuazione anzidetta significa la dispersione di gran parte del patrimonio zootecnico, già compromesso dalla razzia tedesca, la perdita dei prodotti presso i magazzini rurali incustoditi, di gran parte dei beni familiari, l’abbandono dei campi, e la crisi più nera per tutta la popolazione civile nella veniente annata [63].

Il problema alimentare per la popolazione ravennate non sembra, dunque, prossimo a risolversi.

4. Conclusioni

Descrivere i disagi vissuti dalla popolazione e il suo malcontento significa indagare e conoscere una fra le ragioni che hanno indotto progressivamente la popolazione romagnola a prendere le distanze dallo Stato fascista: il rapporto di fiducia tra cittadini e Stato si gioca sulla capacità di quest’ultimo di rispondere – in particolare nelle situazioni di emergenza – ai bisogni della cittadinanza. In questo senso, come detto inizialmente, la fame diviene uno dei fattori che insidiano e fanno barcollare il fronte interno italiano.

In questo rapporto tra cittadini e istituzioni, il ruolo affidato alle amministrazioni locali è risultato contenuto, limitato spesso al solo censimento e al controllo della produzione e della distribuzione di alcuni generi alimentari; e tuttavia – come si è visto – le amministrazioni comunali dei territori presi in esame si erano adoperate, coi mezzi a loro disposizione, per difendere e sostenere la produzione agricola e l’industria agroalimentare locale.

Questa breve incursione nella storia dei tre comuni ravennati rappresenta una prima battuta nella ricerca e auspica l’avvio di una più capillare indagine riguardante anche altri comuni romagnoli aventi le medesime caratteristiche di quelli esaminati (centri di piccole o medie dimensioni, con un’agricoltura intensiva e sviluppata e un’industria agroalimentare fiorente). Ne potrebbe derivare un quadro ampio e definito circa le difficoltà incontrate in tempo di guerra in un territorio che, trovandosi ai primi posti in Italia nella produzione agricola e agroalimentare, sembrava al riparo dalle penurie più gravi.

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Note

1. Verbale della Commissione comunale per i servizi dell’alimentazione di Bagnacavallo, 20 settembre 1942, Archivio storico comunale di Bagnacavallo (d’ora in poi ASCBc), b. Commissione comunale servizi alimentazione.

2. Circolare del prefetto di Ravenna, 30 luglio 1941, ASCBc, Carteggio amministrativo 1942, f. 89/1.

3. Circolare del prefetto di Ravenna, 19 agosto 1941, ivi.

4. Podestà di Bagnacavallo al prefetto di Ravenna, 7 agosto 1941, ivi.

5. Podestà di Bagnacavallo al prefetto di Ravenna, 19 agosto 1941, ivi. Successivamente, nell’agosto 1942, si deciderà di «coltivare a grano il campo sportivo lasciando libera soltanto l’area della pista», «di abbattere i pioppi del foro boario per coltivare a grano parte di tale area» [Verbale della Commissione comunale per i servizi dell’alimentazione di Bagnacavallo, 28 agosto 1942, in ASCBc, b. Commissione comunale servizi alimentazione]. Cfr. Costa 2006, 274.

6. S.A. Bertagni al Podestà di Bagnacavallo, 26 settembre 1942, in ASCBc, Carteggio amministrativo 1942, f. 89/6.

7. Consorzio provinciale fra i produttori dell’agricoltura al Comune di Bagnacavallo, 30 aprile 1942, ivi.

8. Commissario prefettizio di Bagnacavallo al Consorzio provinciale fra i produttori dell’agricoltura di Ravenna, 30 aprile 1942, ivi.

9. Circolare del Consiglio provinciale delle Corporazioni di Ravenna, 20 luglio 1940, in Archivio storico comunale di Massa Lombarda (d’ora in poi ASCML), Carteggio amministrativo 1940, b. EE 1659. Probabilmente ci si riferisce alla mancanza di zucchero e altri carboidrati.

10. Podestà di Bagnacavallo alla Prefettura di Ravenna, 14 maggio 1941, in ASCBc, Carteggio amministrativo 1941, f. 92/3.

11. Circolare del prefetto di Ravenna, 4 aprile 1942, in ASCML, Carteggio amministrativo 1942, b. EE 1674.

12. Istruzione per la Commissione comunale per l’alimentazione, 5 marzo 1942, in ASCBc, b. Commissione comunale servizi alimentazione, f. 1.

13. Verbale della Commissione comunale per i servizi dell’alimentazione di Bagnacavallo, 19 agosto 1942, in ASCBc, b. Commissione comunale servizi alimentazione.

14. Regolamento Commissioni comunali per l’alimentazione, 20 settembre 1942, in Archivio storico comunale di Russi (d’ora in poi ASCRu), Carteggio amministrativo 1942.

15. Verbale della Commissione comunale per i servizi dell’alimentazione di Bagnacavallo, 28 agosto 1942, in ASCBc, b. Commissione comunale servizi alimentazione. Cfr. Costa 2006, 267.

16. Unione fascista dei commercianti della provincia di Ravenna al podestà di Bagnacavallo, 31 ottobre 1942, in ASCBc, b. Commissione comunale servizi alimentazione, f. 5.

17. Podestà di Bagnacavallo alla Sepral di Ravenna, 6 marzo 1943, in ASCBc, b. Commissione comunale servizi alimentazione, f. 8.

18. Decreto del prefetto di Ravenna, 10 marzo 1943, in ASCBc, b. Ufficio razionamento - Corrispondenza, f. 38.

19. Podestà di Russi alla Sepral di Ravenna, 3 ottobre 1942, in ASCRu, Carteggio amministrativo 1942.

20. Verbale della Commissione comunale per i servizi dell’alimentazione, 14 ottobre 1942, in ASCBc, b. Commissione comunale servizi alimentazione.

21. Nel territorio romagnolo sono richiesti soprattutto i fagioli, «in tempi in cui le proteine povere avevano di gran lunga il sopravvento su quelle nobili» [Costa 2006, 237-238].

22. La storica ditta fondata nel 1862 si occupa della lavorazione di piume, penne e pelli, produce uova e pollame, ne raccoglie dalle famiglie coloniche che ne hanno in eccesso e li esporta specialmente in Europa centrale, insieme a piumini e accessori di abbigliamento. Cfr. Baravelli 2014, 142-146.

23. Ditta Fratelli Babini al Consorzio agrario di Ravenna, 11 settembre 1941, in ASCRu, Carteggio amministrativo 1941.

24. Commissario prefettizio di Bagnacavallo alla Sepral di Ravenna, 6 maggio 1942, in ASCBc, Carteggio amministrativo 1942, f. 92/3.

25. Commissario prefettizio di Bagnacavallo alla Sepral di Ravenna, 19 luglio 1942, ivi. La morte per denutrizione di suini piccoli e la diminuzione della produzione di latte si registra anche nel vicino comune di Conselice, cfr. Barbanti 1991, 284.

26. La disponibilità di mangimi si attesta a circa il 50% del livello normale, cfr. Bertolo et al. 1974, 6-7.

27. Vigile di polizia municipale di Russi al podestà di Russi, 27 maggio 1941, in ASCRu, Carteggio amministrativo 1941. Per la provincia di Ravenna cfr. Banzola 2015, 35.

28. Podestà di Russi alla Sepral di Ravenna, 3 ottobre 1942, in ASCRu, Carteggio amministrativo 1942.

29. Commissario prefettizio di Bagnacavallo alla Federazione provinciale delle cooperative di Ravenna, 13 maggio 1942, in ASCBc, Carteggio amministrativo 1942, f. 89/1.

30. Commissario prefettizio di Bagnacavallo alla Sepral di Ravenna, 11 febbraio 1942, in ASCBc, Carteggio amministrativo 1942, f. 92/3.

31. Commissario prefettizio di Bagnacavallo alla Sepral di Ravenna, 19 luglio 1942, ivi.

32. Podestà di Russi alla Direzione del mercato del pesce di Porto Corsini, 14 dicembre 1940, ASCRu, Carteggio amministrativo 1940.

33. Cfr. ASCBc, Carteggio amministrativo 1944, f. 86.

34. Commissario prefettizio di Bagnacavallo a Giovanni Boschini, 6 marzo 1942, in ASCBc, Carteggio amministrativo 1942, f. 89/1.

35. Al secondo congresso nazionale di frutticoltura svoltosi a Lugo nel 1927 si affermava: «L’Agro Lughese […] costituisce quasi un’oasi della viticoltura ove la densità della superficie alberata vitata, la fertilità veramente eccezionale delle viti, il perfezionamento tecnico degli agricoltori e la loro virtù lavorativa, fanno sì che la produzione di uva raggiunga cifre che non temono confronto con quelle di qualunque altra zona romagnola e superficie alberata vitata» [Dotti 1928, 625].

36. «Accanto alla produzione vinicola sono poi sorte altre industrie del ramo, quali acetifici, distillerie di liquori e sciroppi d’uva, distillerie per la produzione di alcol, e industrie che utilizzano i sottoprodotti di tali lavorazioni, quali, per citarle, quelle della lavorazione dei vinaccioli» [Baravelli 2014, 146] .

37. Circolare del prefetto di Ravenna, 11 settembre 1941, in ASCML, Carteggio amministrativo 1941, b. EE 1669. Il consumo dell’uva veniva in realtà già promosso da diverso tempo, specialmente attraverso le feste nazionali dell’uva istituite nel 1930, cfr. Carroli 2009, 7.

38. Circolare del prefetto di Ravenna, 26 agosto 1942, in ASCBc, Carteggio amministrativo 1942, f. 89/2.

39. Podestà al prefetto di Ravenna, 2 settembre 1942, ivi.

40. Commissario prefettizio di Russi alla Sepral di Ravenna, 17 novembre 1942, in ASCRu, Carteggio amministrativo 1942.

41. Podestà di Massa Lombarda al prefetto di Ravenna, 26 novembre 1942, in ASCML, Carteggio amministrativo 1944, b. EE 1683.

42. Commissario prefettizio di Bagnacavallo alla Sepral di Ravenna, 28 marzo 1942, in ASCBc, carteggio amministrativo 1942, f. 92/3.

43. Cfr. ASCBc, Carteggio amministrativo 1943, b. Ufficio razionamento – Corrispondenza, f. 38. Piergiorgio Costa, riferendosi alla Società anonima per la conservazione della frutta, Saba, di Bagnacavallo, ricorda «come le marmellate di quest’industria, in piccoli mastellini di legno, fossero spesso il nutrimento principale in tante giornate di fame del periodo bellico» [Costa 2006, 233].

44. Commissario prefettizio di Bagnacavallo alla Sepral di Ravenna, 18 agosto 1944, in ASCBc, Carteggio amministrativo 1944, b. Ufficio razionamento – Corrispondenza, f. 58.

45. Commissario prefettizio di Bagnacavallo alla Sepral di Ravenna, 11 febbraio 1942, in ASCBc, Carteggio amministrativo 1942, f. 92/3.

46. Commissario prefettizio di Bagnacavallo alla Sepral di Ravenna, 18 febbraio 1942, ivi.

47. Podestà di Russi alla Sepral di Ravenna, 12 ottobre 1942, in ASCRu, Carteggio amministrativo 1942.

48. Podestà di Massa Lombarda al prefetto di Ravenna, 26 novembre 1942, in ASCML, Carteggio amministrativo 1944, b. EE 1683.

49. Podestà di Massa Lombarda alla Sepral di Ravenna, 8 luglio 1941, in ASCML, Carteggio amministrativo 1941, b. EE 1668.

50. Podestà di Massa Lombarda alla Sepral di Ravenna, 14 luglio 1941, ivi.

51. Podestà di Massa Lombarda al Direttore dello stabilimento carnificio militare Casaralta (Bologna), 3 agosto 1941,ivi.

52. Attestazione del podestà di Massa Lombarda, 25 luglio 1941, ivi.

53. Commissario prefettizio di Massa Lombarda al prefetto di Ravenna, 28 agosto 1943, in ASCML, Carteggio amministrativo 1943, b. EE 1678.

54. Partito fascista repubblicano di Massa Lombarda alle ditte locali, 19 maggio 1944, in ASCML, Carteggio amministrativo 1944, b. EE 1683.

55. Commissario prefettizio di Bagnacavallo alla Sepral di Ravenna, 18 febbraio 1942, in ASCBc, Carteggio amministrativo 1942, f. 92/3.

56. Commissione comunale per l’alimentazione di Russi alla Sepral di Ravenna, 12 novembre 1942, in ASCRu, Carteggio amministrativo 1942.

57. Commissario prefettizio di Bagnacavallo alla Prefettura di Ravenna, 17 ottobre 1941, in ASCBc, Carteggio amministrativo 1941, f. 92/3.

58. Lettera del podestà di Massa Lombarda al prefetto di Ravenna, 26 novembre 1942, in ASCML, Carteggio amministrativo 1944, b. EE 1683.

59. Cfr. Cavina 2005, 20.

60. Commissario prefettizio di Bagnacavallo alla Prefettura di Ravenna, 9 giugno 1944, in ASCBc, Carteggio amministrativo 1944, f. 83/1.

61. Commissario prefettizio di Bagnacavallo alla Prefettura di Ravenna, 19 luglio 1944, ivi.

62. Commissario prefettizio di Bagnacavallo alla Prefettura di Ravenna, 27 luglio 1944, ivi. Cfr. Costa 2006, 297.

63. Giunta comunale di Bagnacavallo al Governatore di Bagnacavallo, 25 gennaio 1945, in ASCBc, Carteggio amministrativo 1945, f. 67/3. Questa situazione è avvalorata dalla testimonianza di Bruno Rossi, classe 1929, sfollato a San Potito, frazione di Lugo, a ridosso del fiume Senio a 3 Km da Bagnacavallo: «Il 21 gennaio del 1945 il Governatore ci firmò un permesso per rientrare in casa, a prendere su qualcosa di utile, ma purtroppo non trovammo quasi niente: i 44 quintali di grano insaccati erano stati usati per costruire postazioni difensive. Il grano bagnato dalle piogge aveva germogliato ed era tutto marcio» [Quando eravamo bambini c’era la guerra. San Potito terra di nessuno 2016, 16].