1. L’Emilia-Romagna e la guerra

1.1 Guerra

L’avanzata alleata dell’estate del 1944, arrestatasi davanti alla Linea gotica, e lo sfondamento delle linee tedesche nel settore orientale nel tardo autunno dello stesso anno, assestatosi lungo la Linea del Senio, resero l’Emilia-Romagna l’area d’Italia più a lungo interessata dai combattimenti. Tale protratto confronto militare contribuì all’inasprirsi sia degli attacchi della Resistenza, sia delle azioni anti-partigiane e della violenza nazista e fascista [Orgill 1967, 53; Morris 1993, 417-8; Dizionario della Resistenza 2000, 475-80]. I combattimenti, i bombardamenti aerei e terrestri e le demolizioni operate dai tedeschi causarono enormi danni alle arterie stradali, alla rete ferroviaria, ai ponti e agli impianti industriali. I centri abitati e le aree rurali, particolarmente nella fascia collinare e montana a ridosso della linea del fronte, furono interessati da estese distruzioni e dalla presenza di campi minati [Morris 1993, 417, 437, 473-5, 480-1; D’Attorre (ed.) 1980, 69, 213] [1].

Il Comitato di liberazione nazionale dell’Emilia-Romagna (Clner), costituitosi a Bologna nel 1943 ad opera del Partito socialista d’unione proletaria (Psup), del Partito repubblicano italiano (Pri), del Partito comunista d’Italia (Pci) e del Partito d’azione (Pda) e al quale avrebbero aderito, nel 1944, anche il Partito liberale italiano (Pli) e il Partito democratico cristiano (Pdc), fu il massimo organo della Resistenza regionale. Esigenze politiche e militari resero necessari numerosi cambiamenti nella composizione del Clner; tuttavia, i bolognesi furono costantemente l’elemento preponderante in tale organo. Inoltre, si assistette a una sovrapposizione tra il Cln regionale e quello provinciale bolognese e a una costante sotto-rappresentazione della diversità regionale [Alberghi (ed.) 1975, 134, 315-6; Onofri 1965, 26-7]. A causa delle difficoltà di collegamento, l’influenza del comando militare regionale e del Clner fu limitata alle zone orientali della regione, mentre il loro effettivo controllo ridotto alla sola provincia di Bologna. Tale situazione pesò sulla cooperazione e sul coordinamento politico e militare del movimento resistenziale e costò al Clner l’accusa, da parte dei Cln provinciali, di essere eccessivamente sbilanciato a favore del capoluogo.

La Resistenza attiva in Emilia-Romagna fu caratterizzata da un’elevata omogeneità ideologica e da una altrettanto elevata frammentarietà geografica. Nella Resistenza regionale, le rivendicazioni economiche e sociali apparvero determinanti nel favorire la mobilitazione e il sostegno popolare rispetto alle motivazioni patriottiche, favorendo così il Pci e le altre forze progressiste dell’antifascismo. Se le peculiarità della mentalità regionale furono all’origine di un forte sentimento localistico, che provocò fratture tra i vari Cln limitandone la cooperazione e la coesione, esse portarono tuttavia la Resistenza regionale a fornire originali contributi alla pratica democratica, alla partecipazione e al decentramento con ricadute positive sulla condotta della lotta partigiana [Dizionario della Resistenza 2000, 473-8, 496; Le campagne italiane e la Resistenza 1995, 238; Lombardi 2003, 226-7; Pavone 1991, 151]. Lo scarso peso dei cattolici nell’ambito della Resistenza bolognese contribuì ad aumentare la litigiosità tra il Clner e i Cln occidentali, nei quali tale componente era più cospicua e influente. Le crescenti divergenze portarono all’aumento dell’autonomia dei Cln occidentali, che vennero progressivamente a gravitare sul Comitato di liberazione nazionale dell’Alta Italia (Clnai) di Milano per costituirsi in Cln autonomo sul finire del 1944 [Dizionario della Resistenza 2000, 473-85; Bergonzini 1998, 85] [2].

La Commissione Regionale Economica, costituitasi nell’ambito del Clner nel 1943, fu incaricata di ogni aspetto economico e finanziario inerente la lotta di liberazione. Tale organo reperì le risorse materiali, economiche e finanziarie per permettere al movimento resistenziale di operare sfruttando aziende (pubbliche e private), banche ed enti per ottenere finanziamenti e approvvigionamenti per le unità partigiane. Queste ultime, attenendosi alle direttive concordate con gli alleati e il Clnai, svolsero un ruolo essenziale nel difendere le scorte, i raccolti, il bestiame, i macchinari e gli impianti dei servizi pubblici da requisizioni, razzie e asportazioni tedesche e fasciste [Bergonzini (ed.) 1976, 96-8; Alberghi 1975, 318; Bergonzini 1998, 297-8] [3].

1.2 Economia

Alla Liberazione, l’economia delle province dell’Emilia-Romagna era prostrata dai lunghi anni di conflitto, dalla disastrosa gestione economica della guerra fascista, dalle requisizioni tedesche e dalle distruzioni e dai danneggiamenti portati dai combattimenti. Nel periodo prebellico, accanto a un settore agricolo molto produttivo si erano sviluppate industrie meccaniche, metallurgiche e agroalimentari inserite fin dal 1943 nell’economia di guerra tedesca, che come nella Grande guerra dipendeva dallo sfruttamento delle risorse e della manodopera dei territori occupati [Watson 2015, 344-7, 392-411] [4]. Le risorse necessarie allo sforzo bellico vennero garantite attraverso la requisizione dei prodotti agricoli e lo sfruttamento degli impianti industriali, i cui macchinari furono sistematicamente asportati, trasferiti o sabotati. Le requisizioni vennero sfruttate anche nella guerra anti-partigiana, per mezzo della distruzione sistematica delle derrate intrasportabili [Collotti 1975, 394-5; Bergonzini 1980, 221-2; Baldissara 1994, 93, 103] [5].

Le devastazioni subite dai terreni, la distruzione di fabbricati, nonché la presenza di campi minati e di vaste aree allagate vennero a sommarsi alle requisizioni di scorte, bestiame e macchinari, rendendo impossibile l’attività agricola [6]. Il grano, sottoposto sin dal 1939 a una stretta regolamentazione, fu soggetto a misure di razionamento sempre più severe, che culminarono in ripetute campagne requisitorie da parte tedesca. I tentativi della Resistenza di sottrarre le derrate agli ammassi ebbero un successo solo parziale [Onofri 1976, 96-98; Tassinari 1980, 42]. Le requisizioni causarono una contrazione del bestiame: 20% per i suini e 30% per bovini ed equini. Tuttavia, mentre nelle province di Reggio Emilia, Parma e Piacenza la diminuzione fu attorno al 10%, in quelle di Bologna e Ravenna si registrarono contrazioni superiori al 50% [Bergonzini 1980, 147-187; Ricostruzione agricola 1958, 36-7] [7].

Analogamente all’agricoltura, anche l’industria, le infrastrutture e i servizi di pubblica utilità subirono l’impatto della guerra. I bombardamenti aerei alleati contribuirono alla distruzione degli impianti industriali e delle infrastrutture di trasporto. Tuttavia, il danno più considerevole all’industria regionale fu causato dalle asportazioni di macchinari e attrezzature, e dalla requisizione di materie prime e prodotti finiti operati dai tedeschi [Ellwood 1985, 228; D’Attorre (ed.) 1980, 17]. In un’area duramente colpita come la provincia di Bologna, nel maggio 1945 risultava inattivo più del 60% delle aziende industriali [8]. La generalizzata carenza di materie prime, di combustibili, di ricambi e di materiali limitarono ulteriormente il ristabilimento dell’economia [Mercuri 1975, 94-5] e la possibilità di rimettere in efficienza gli impianti industriali danneggiati e le infrastrutture, molte delle quali (impianti gasieri, centrali elettriche, strutture ferroviarie e tramviarie) erano state sabotate o asportate dai tedeschi [Onofri 1996, 17, 23, 37; D’Attorre (ed.) 1980, 68-70; Paticchia 1995, 127] [9]. Esemplificativa la situazione del settore zuccheriero, industria di trasformazione di rilievo nell’economia regionale, i cui impianti risultarono quasi interamente distrutti o danneggiati; e che a causa dello stallo agricolo risentì anche della carenza di materie prime [D’Attorre e Zamagni (eds.) 1990, 249-50; D’Attorre (ed.) 1980, 35, 50].

2. Il Clner e gli Alleati

Per tutto il conflitto, le relazioni tra Resistenza italiana e Alleati furono caratterizzate da profonde ambiguità e diffidenze reciproche. Per prevenire situazioni analoghe a quella verificatasi in Grecia nel 1944, le autorità anglo-americane e il governo italiano mirarono a svuotare delle istanze di rinnovamento politico e sociale i Cln e ridurre l’autonomia delle unità partigiane [Ellwood 1977b, 123, Ellwood 1977a 306-7; Clarke 2008, 135, 417-8; Collotti 1977, 42-6, 50, 67]. Tale impostazione emerge chiaramente dagli accordi siglati tra il Clnai, gli Alleati e il governo nel dicembre 1944. Sebbene i Cln venissero formalmente riconosciuti quali legittimi rappresentanti del governo nelle zone liberate e fossero affiancati alle autorità militari alleate nell’amministrazione, essi avrebbero dovuto rispettarne le ordinanzee riconoscerne il predominante potere militare [Catalano 1955, 25-6; Ellwood 2001, 301-3]. Inoltre, l’impegno assunto dal Clnai di applicare la normativa comunale e provinciale del 1915 comportò un ulteriore indebolimento del potere dei Cln in sede locale [Baldissara 1994, 30; Bergonzini 1980, 220; Ellwood 1977a, 144-5] [10].

Per amministrare le zone occupate, gli Alleati avevano istituito l’Allied military government of the occupied territories (Amgot, in seguito rinominato Allied military government, Amg). Concepito e strutturato per gestire ogni aspetto dell’amministrazione civile e in grado d’operare in totale autonomia, questo organo era incaricato principalmente d’impedire qualsiasi intralcio alle operazioni militari e di prevenire disordini ed epidemie. Soltanto in seguito all’armistizio e al riconoscimento dello stato di co-belligeranza italiana, l’assistenza alla popolazione e la ricostruzione acquisirono priorità tra i compiti dell’Amg [Ellwood 1985, 49-50, 53-5, 61; Harris 1957, 231, 237, 551-2; Turchi 2016, 19-20]. Nonostante l’efficienza del governo militare fosse compromessa da numerose difficoltà, gli Alleati avviarono lo sfruttamento delle risorse economiche e finanziarie italiane per sostenere lo sforzo bellico e per soddisfare i bisogni sia delle proprie forze armate sia dei civili residenti nelle zone liberate. Questo ultimo aspetto acquisì progressiva importanza quando gli Alleati iniziarono a considerare il miglioramento delle condizioni di vita della popolazione un fattore essenziale per la stabilità politica del paese [Ellwood 1977a, 63, 306-7; Ellwood 1985, 3-4, 139-43; Collotti 1977, 41-3; Harris 1957, 231; Mercuri 1975, 79, 89-91, 100] [11].

La pervasiva supervisione che l’Amg esercitò sui Cln ne limitò fortemente la libertà di manovra. Sebbene questi ultimi fossero incaricati dell’amministrazione, mancavano tuttavia dell’autorità e delle risorse necessarie per poter espletare i loro compiti. Tale situazione non tardò a rivelarsi problematica, poiché gli Alleati si rifiutarono talvolta di ratificare le nomine dei funzionari o di appoggiare i provvedimenti adottati dai Cln. Inoltre, sia le amministrazioni sia i Cln dovettero costantemente confrontarsi con l’Amg da una posizione di inferiorità, aggravata dalla totale dipendenza dagli aiuti alleati, che venne abilmente sfruttata da questi ultimi per dar corpo a pressioni politiche [Fauri 2010, 85-86, 129-32; Collotti 1977, 67; Paticchia 1995, 59, 252-60] [12].

La situazione dell’Emilia-Romagna rappresenta un caso paradigmatico della dipendenza dall’aiuto alleato. Tale aiuto, inizialmente amministrato dall’Amg responsabile per il territorio regionale, spaziò dalle derrate alimentari ai pezzi di ricambio. Gli Alleati si occuparono, infatti, anche della riparazione e della messa in funzione di condotte, infrastrutture di trasporto (stradali e ferroviarie), centrali elettriche e relativi impianti [Paticchia 1995, 55] [13]. La ripresa delle attività economiche venne sostenuta dagli Alleati, che coinvolsero il Clner nella gestione e nella distribuzione degli aiuti, così che quest’ultimo funse da raccordo tra l’Amg, la popolazione, i Cln locali, l’amministrazione e gli enti italiani. Il Clner divenne il portavoce delle esigenze del territorio [14], ma le relazioni con gli Alleati furono per quest’ultimo fonte di frustrazione, poiché dovette sottostare all’azione dell’organizzazione burocratico-militare anglo-americana, vedendosi tuttavia relegato a un ruolo subalterno e privo di autonomia.

Benché il Clner vedesse ridimensionarsi la propria autorità, esso dovette sopperire alle mancanze degli Alleati che – lamentava il Clner – non contribuivano proporzionalmente a quanto imponevano [15]. Nonostante le numerose riserve e i risentimenti causati dall’opprimente controllo dell’Amg, l’atteggiamento del Clner fu improntato a una pragmatica collaborazione, dettata dalla consapevolezza della necessità di qualsiasi aiuto che gli alleati fossero stati disposti a concedere [D’Attorre (ed.) 1980, 225] [16].

3 Il Clner e i partiti

Nell’aprile 1945, i Cln iniziarono la lotta per vedere riconosciuto il proprio ruolo nell’Italia liberata. Tuttavia, la subordinazione che caratterizzava la relazione tra i partiti e i Cln, nettamente a favore dei primi, compromise le possibilità di successo di tali sforzi. Fu ben presto chiaro che non vi erano ragioni per protrarre la convivenza dei partiti entro strutture che erano state espedienti temporanei per garantire l’influenza partitica sul movimento resistenziale. Inoltre, il ritorno alla competizione politica e le numerose questioni costituzionali irrisolte spinsero i partiti a una chiara e netta differenziazione [Michel 1973, 337]. È utile tuttavia sottolineare che, per radicarsi, i partiti sfruttarono in parte il ruolo da essi avuto nella coalizione resistenziale, rivendicandone l’eredità valoriale e ideale [Lama 2007, 150; Pavone 1991, 151]. Il dibattito sul ruolo che avrebbero dovuto svolgere i Cln nell’Italia liberata fu caratterizzato da profonde divergenze tra i partiti: un contrasto che finì per favorire le posizioni espresse dal Pli, che in un attacco protrattosi dal gennaio al novembre 1945 cercò di limitarne in ogni modo le funzioni politiche [Vaccarino 1977, 283, 290-7, 306]. Nel giugno 1945, per evitare serie spaccature del fronte resistenziale, venne deciso di trasformare i Cln in organi consultivi privi di qualsiasi potere politico o amministrativo. Il Pli ottenne, inoltre, che i Cln non venissero dichiarati «organi permanenti del nuovo assetto democratico» [Aga-Rossi 1969, 228, 235; Vaccarino 1977, 305-8, 314; Lama 1995, 219]. Nel 1945 la convergenza delle forze conservatrici e moderate (sia interne sia esterne ai Cln) riuscì, infatti, a limitare le rivendicazioni socio-economiche di cui si era fatta portavoce buona parte del movimento resistenziale[Mammarella 1974, 109-15; Ellwood 1977b, 123, 127-9; Baldissara 1994, 30; Michel 1973, 306-8].

L’esperienza del Clner s’inserisce nel più vasto contesto nazionale. Tale organo cercò, con scarsa convinzione, di rendere indispensabile il proprio mantenimento. Tuttavia, per un organo politico privo di funzioni amministrative, in balia delle decisioni dei partiti che lo formavano e di cui era espressione, e che subiva forti pressioni tanto dagli Alleati quanto dalla società, questo si rivelò ben pesto un tentativo vano e ben al di sopra delle sue reali possibilità. Nel clima politico determinatosi nel dopoguerra la distanza tra i partiti, essendo divenuta presto incolmabile, precluse al Clner l’opzione della cooperazione fra le diverse forze politiche e lo portò a essere un’ennesima arena di scontro a discapito della sua potenziale efficacia. Se il Clner non era mai stato autonomo dai partiti, esso si trasformò in stanza di compensazione dei conflitti interpartitici [17].

4. Il Clner alla Liberazione

Al momento della Liberazione, il Clner risentiva di tutti quei fattori che ne avevano limitato l’efficacia durante il periodo della lotta clandestina. Nonostante i documenti suggeriscano che la sua composizione venisse modificata per permettere un’adeguata rappresentatività delle realtà territoriali della regione, i bolognesi continuarono a costituire la parte preponderante dei suoi membri. La scarsa coesione del movimento resistenziale emiliano-romagnolo continuò a rappresentare il più potente ostacolo a una efficace azione di tale organo.

Sebbene da più parti s’insistesse per un più stretto collegamento tra le province, le ritrosie a una maggiore collaborazione che avevano caratterizzato il periodo della lotta di liberazione si tradussero in una diffusa ricerca di soluzioni indipendenti. Se la fortissima connotazione politica, unita alle spinte localistiche e all’eccessiva attenzione per Bologna, preclusero al Clner la possibilità di porsi alla guida della Resistenza emiliano-romagnola, alla Liberazione a tali fattori si aggiunsero condizionamenti e spaccature politiche e sociali che, evidenziatesi a livello nazionale, si riflettevano sul contesto politico regionale. Inoltre, l’interazione tra i diversi organi locali fu caratterizzata da una conflittualità che comportò il permanere di divergenze e incomunicabilità [Dizionario della Resistenza, 469-73, 479-81; 485; Lama 1995, 169, 219] [18].

Nel maggio 1945 il Clner si componeva di due organi fondamentali: il Consiglio e l’Ufficio di segreteria. Il Consiglio, organo deliberativo del Comitato, era composto da due rappresentanti per ciascun partito e adottava le proprie decisioni all’unanimità. L’Ufficio di segreteria si componeva del presidente (cui spettavano sia la rappresentanza del Clner, sia i rapporti con l’Amg), del segretario e di quattro vicesegretari, questi ultimi incaricati dei diversi aspetti della gestione generale, dell’attività amministrativa e propagandistica e dei rapporti tra il Clner e i Cln subordinati. Furono istituiti dodici Commissariati, speculari alla ripartizione dell’Amg – Agricoltura, Alimentazione, Assistenza, Banche e Credito, Commercio, Comunicazioni, Culto e Giustizia, Industria, Lavoro, Sanità e Igiene, Scuola, Trasporti – cui furono attribuite sia funzioni consultive di carattere tecnico, sia l’attuazione delle decisioni adottate dal Consiglio. Tuttavia, il tardivo insediamento dei Commissari solo alla fine del luglio 1945 contribuì a ridurre l’effettività e la tempestività dell’azione del Clner. A sottolineare l’attenzione per l’economia, venivano previste l’istituzione di una segreteria dedicata ai commissariati economici e la possibilità di raggruppare i Commissariati per settore [19].

5. La Commissione regionale economica

I Cln regionali dell’Alta Italia istituirono Commissioni regionali economiche la cui azione ed efficacia appare oggi ampiamente disomogenea. Per rafforzare la cooperazione interregionale e favorire il continuo confronto tra i vari organismi regionali, nel 1945 venne istituita la Commissione centrale economica del Clnai. Va, però, sottolineato che per molto tempo il Clner non prese parte ai lavori di tale organismo di coordinamento [Ellwood 1985, 52-3, 227; Baldissara 1994, 26] [20].

I tentativi del Clner di giocare un ruolo attivo e determinante nella ripresa economica vennero frustrati dagli orientamenti assunti sia dagli Alleati, sia dal governo. La decisone di quest’ultimo di affidare la gestione economica alle preesistenti Camere di commercio, industria e agricoltura apparve infatti complementare alla scelta alleata di privare le Commissioni economiche di competenze, per evitare inutili sdoppiamenti delle sezioni dell’Amg. Nonostante alla Commissione emiliano-romagnola non fosse riconosciuto alcun ruolo ufficiale, essa, per fronteggiare la crisi alimentare ed economica, collaborò con l’Ufficio provinciale statistico economico per l’agricoltura (Upsea), la Sezione provinciale dell’alimentazione (Sepral), l’Ente risi, i Centri latte e le organizzazioni zootecniche e dei trasporti [Bergonzini 1980, 296; Bergonzini 1998, 48-9] [21].

Il commercio su lunga distanza, declinante sin dall’inizio della guerra, risentiva della scarsità di merci, della debolezza della domanda, della distruzione delle infrastrutture di trasporto, lavorazione e stoccaggio, e delle limitazioni imposte dagli Alleati al commercio [22]. Il Clner decise quindi la riattivazione – dopo un temporaneo scioglimento – della Commissione affinché si occupasse del commercio interprovinciale, considerato prioritario per reperire, attraverso scambi tra province, bestiame, macchinari e altre merci. Sebbene durante il periodo cospirativo la progettualità del Clner si fosse orientata verso l’istituzione di cooperative, le difficoltà nell’attuazione di tali ambiziosi piani e l’urgenza delle ripresa economica lo spinsero a dare impulso all’istituzione di nuove organizzazioni di categoria. Tali associazioni si occuparono principalmente di reperire materie prime [Brini 1978, 25-8, 183-4; Onofri 1976, 105-6].

5.1 Distribuzione, propaganda e controllo dei prezzi

Dal momento che l’alimentazione della popolazione e l’afflusso di numerose materie prime venne a dipendere quasi integralmente dagli aiuti forniti dagli Alleati, la Commissione economica fu particolarmente attiva nel tentare di regolare i prezzi e gestire il flusso delle materie prime e delle derrate fornite. Inoltre, tale organo si adoperò sia per ottenere maggiori quantità di materie prime dagli stessi Alleati, sia per reperirle autonomamente [Fauri 2010, 129-31; Bergonzini 1985 7-8] [23]. La Commissione contribuì a valutare l’entità delle scorte disponibili sul territorio regionale, incaricandosi della mediazione per gli scambi interprovinciali. Nel maggio la Commissione concorse, ad esempio, alla stipula dalle convenzioni interprovinciali per l’importazione di latticini nella provincia di Bologna; mentre nell’agosto, facilitò l’importazione di carne refrigerata da altre province della regione per sopperire alla carenza verificatasi nel bolognese [24].

La politica dei prezzi che il Clner cercò di favorire, inserita nel quadro di altre attività assistenziali, era volta a garantire l’acquisto dei prodotti alimentari a tutte le fasce della popolazione. Esemplificativa è l’accesa discussione relativa all’abbandono del prezzo calmierato per il pane, tenutasi in una riunione del Clner. Il Consiglio optò per il mantenimento di un controllo sul prezzo per impedire la speculazione e per permettere l’acquisto di questo bene essenziale. Il Clner ipotizzò anche un proprio intervento diretto nel caso della vendita di vino a Bologna nel 1945, attraverso l’emissione di buoni a nome del Cln medesimo per permettere ai meno abbienti l’acquisto a prezzi ragionevoli [25]. Nonostante il Clner non avesse risorse, strumenti o autorità per intervenire direttamente sui prezzi o per importare prodotti, vigilò tuttavia sulla speculazione e sulle alterazioni dei generi alimentari [26].

A causa della mancanza di specifiche attribuzioni, l’azione del Clner si tradusse spesso in attività di propaganda che, sfruttando il prestigio di cui godeva, puntavano a influenzare i comportamenti collettivi e individuali, particolarmente in merito all’alimentazione [27]. Gli appelli a una maggiore autodisciplina nei consumi alimentari e a una maggiore adesione nei conferimenti ai Granai del popolo sono esemplificativi di tale attività. Tuttavia, la sfiducia nella propaganda emerge da un verbale del marzo 1946, nel quale gli stessi membri ne mettono in dubbio sia l’efficacia, sia l’utilità, arrivando ad affermare che soltanto il diretto intervento dei partiti aveva contribuito in precedenza a determinare una maggiore disciplina nei conferimenti [28].

Si può supporre che la Commissione si avvalse di collegamenti informali con associazioni di categoria e organizzazioni preposte all’approvvigionamento per organizzare distribuzioni prioritarie o per allocare equamente le derrate disponibili. Un esempio di tali pratiche viene fornito dai dibattiti del Consiglio relativi ai conferimenti ai Granai del popolo. La mancata consegna della produzione avrebbe comportato l’esclusione del colono e della sua famiglia dalle distribuzioni di aiuti. Il Clner s’impegnò a emettere certificati che attestassero l’eventuale impossibilità del colono a conferire il raccolto [29].

La costante partecipazione di dirigenti degli enti dell’agricoltura e dell’alimentazione alle sedute del Cln regionale lascia pensare che esistesse un collegamento organico tra i primi e quest’organo della Resistenza [30]. La scarsità e frammentarietà dei documenti disponibili, tuttavia, non permette di valutare con più precisione l’entità e le dinamiche di tale cooperazione.

La crisi alimentare e la carenza di alloggi, inoltre, non avrebbero potuto essere affrontate senza il ricorso a una rete di organizzazioni assistenziali. Il Clner contribuì all’amministrazione degli enti benefici, delle opere pie e degli ospedali, nominando un Commissario incaricato della loro gestione. Grazie al loro ingente patrimonio, anche immobiliare, il contributo di questi istituti all’assistenza non fu ridotto alla sola distribuzione di derrate [31]. Il Clner si fece, infatti, promotore di sottoscrizioni a favore sia di enti, ospedali e istituti assistenziali, sia di specifiche categorie particolarmente svantaggiate [32].

5.2 Agricoltura, industria e lotta alla disoccupazione

Nel 1945, a causa dei danni della guerra, dei sabotaggi e delle requisizioni la situazione dell’agricoltura della regione appariva disastrosa. Soltanto l’adeguata ricostituzione del patrimonio zootecnico avrebbe permesso la ripresa dell’attività agricola [33]. Il Clner intervenne in prima istanza nella ridistribuzione del bestiame che l’esercito tedesco in ritirata aveva abbandonato alle proprie spalle, comprendente tanto le some delle forze armate, quanto il bestiame precedentemente requisito. Il bestiame già di proprietà dell’esercito tedesco poté essere agevolmente assegnato in uso ai coloni e ai carrettieri che ne fecero richiesta; mentre per il restante bestiame requisito o disperso sorsero problemi di attribuzione, in quanto talvolta l’effettiva proprietà – di difficile attribuzione – venne contestata.

Per favorire l’attività agricola il bestiame già delle forze armate tedesche venne assegnato dal Clner a individui o a gruppi anche con la finalità di impedire comportamenti abusivi da parte dei Cln locali, che talvolta ne pretesero però la restituzione o il pagamento. Va sottolineato che l’assenza di disposizioni relative al bestiame non ne permetteva la compravendita, ma soltanto la custodia [34]. Il bestiame requisito rappresentò, dunque, una questione spinosa tanto per l’effettiva determinazione della proprietà, quanto per il prezzo richiesto per riscattalo. I proprietari che avessero individuato tra le mandrie recuperate bestiame di loro proprietà avrebbero dovuto corrispondere un prezzo, arbitrariamente stabilito dagli Alleati, sette volte superiore a quanto eventualmente pagato durante l’occupazione. Il Clner intervenne tanto per cercare di ridimensionare il contributo dovuto per il riscatto, quanto per redimere le dispute generate da bestiame rivendicato da più individui [35].

L’aumento del numero di capi di bestiame, sia per la produzione di latte sia per l’impiego agricolo, fu ostacolata dalle limitazioni alleate al commercio interprovinciale e dalla ritrosia delle province meno colpite dalle requisizioni tedesche a trasferire bestiame verso le aree dove la scarsità era più accentuata [36]. La Commissione economica venne incaricata dal Clner di determinare i contingenti, di organizzare lo scambio di bestiame e di soprintendere alle assegnazioni in collaborazione con le amministrazioni pubbliche e le organizzazioni di categoria. Contestualmente a tale operazione, si evidenziarono numerosi problemi legati principalmente all’insoddisfazione dei coloni per lo stato del bestiame fornito dalle province esportatrici (Modena, Reggio Emilia, Parma). Le condizioni dei capi, raramente soddisfacenti, ne limitavano l’attitudine al lavoro o alla produzione di latte, così che molti coloni rifiutavano di prenderlo in consegna. Inoltre, fu persistentemente rilevato che il prezzo richiesto per tale bestiame era considerevolmente più alto di quello pagato durante l’occupazione, facendo crescere i sospetti da parte degli acquirenti di essere vittime di speculazioni [37]. Benché non fossero imputabili all’operato del Clner o della commissione, tali complicazioni compromisero l’efficacia dell’operazione ed ebbero – si può supporre – ripercussioni sull’immagine del Clner.

Per favorire la ripresa economica e l’occupazione, il Clner si occupò anche di questioni relative all’industria sostenendone la ripresa delle attività. Esemplificativo è il caso della ditta Righi, nella quale la produzione era controllata con il consenso alleato dal Cln aziendale. Per riprendere la produzione ed evadere le commesse alleate, quest’ultimo chiese aiuto al Clner affinché si adoperasse per facilitare il rientro dei macchinari e la riattivazione dell’accesso al credito [38].

Lo stallo economico era causa di una enorme massa di disoccupati e sottoccupati agricoli e industriali, alla quale si aggiunsero al loro rientro circa 30.000 profughi, prigionieri di guerra ed ex-deportati. Nell’estate 1945 era stato possibile evitare un drastico peggioramento dei livelli occupazionali soltanto grazie a un accordo sulla sospensione dei licenziamenti, che tuttavia sarebbe scaduto in settembre facendo crescere il totale dei disoccupati di ulteriori 100.000 unità. Alla popolazione residente nelle città della pianura vennero ad aggiungersi, nell’autunno 1945, gli sfollati delle zone appenniniche distrutte dalla guerra [Paticchia 1995, 67-71].

In assenza di prospettive di una rapida ripresa economica a causa delle difficoltà nella riattivazione degli impianti industriali, della lentezza della ripresa agricola e del ristagno di consumi e commerci, la sola risposta alla crisi occupazionale poté venire dal settore pubblico. Gli Alleati e il governo avviarono infatti alcuni lavori di ricostruzione di servizi di pubblica utilità, vie di comunicazione, opere idrauliche e di bonifica e ponti. Nonostante l’enorme numero d’interventi necessari, l’esiguità dei finanziamenti permise l’apprestamento solo di una frazione di essi [Paticchia 1995, 55, 75, 231-33]; e anche quelli attivati subirono a causa del maltempo una sospensione nel tardo autunno 1945, con significative ripercussioni occupazionali [Baldissara 1994, 298] [39]. All’inizio del 1946, nonostante gli sforzi congiunti delle istituzioni, del Clner e degli Alleati, le condizioni economiche e alimentari della popolazione rimanevano ancora sensibilmente più critiche rispetto alla primavera 1945 [40]

5.3 Mediazione

Il Clner s’inserì, infine, sia nelle trattative tra lavoratori e proprietari di alcuni stabilimenti industriali, sia nelle dispute che interessarono il settore agricolo [41]. Il coinvolgimento del Clner nella vicenda Ducati, ad esempio, suggerisce che quest’organo svolse una rilevante opera di mediazione tra la proprietà e i lavoratori per poter riaprire lo stabilimento. Le discordie rispetto alla scelta di un nuovo direttore erano infatti aggravate dai timori di rappresaglie verso i proprietari, i quali avevano lasciato che fino all’aprile 1945 lo stabilimento producesse per le commesse belliche di guerra tedesche. Le parti chiesero al Clner di suggerire un nominativo di mutuo gradimento e la proprietà si disse disponibile a riaprire lo stabilimento sotto il controllo della Commissione, che venne quindi incaricata dal Consiglio d’incontrare le parti [42].

Fin dal periodo cospirativo il Clner si era occupato, in stretta collaborazione con la Camera del lavoro, anche delle vertenze agricole. Tale collaborazione aveva portato all’applicazione nel pieno dell’occupazione tedesca del Patto colonico del 1920: il cosiddetto Paglia-Calda. Nel luglio 1945, l’inerzia dimostrata tanto degli Alleati quanto del governo nell’affrontare le vertenze agricole convinse il Clner a tentare di porvi rimedio favorendo le trattative tra la Federterra e l’Associazione agricoltori, in rappresentanza rispettivamente dei lavoratori agricoli e dei proprietari. Il Clner vide in tale coinvolgimento nelle trattative un’occasione per dimostrare agli Alleati e alla popolazione che i Cln e le forze politiche erano responsabili e affidabili, migliorandone così l’immagine [Casali (ed.) 1982, 136, 169-73] [43].

Il Clner si scontrò tuttavia più volte con i Cln locali, periferici e provinciali che, nell’egoistica difesa delle risorse e degli interessi locali, si resero talvolta colpevoli di abusi. Ad esempio, per salvaguardare l’approvvigionamento della popolazione locale, i Cln comunali tentarono di ostacolare o impedire l’esportazione delle derrate presenti sul territorio, gravando trasportatori e produttori con imposizioni scorrette e arbitrarie, quali consegne forzose, divieti d’importazione o esportazione, imposizione di prezzi d’imperio, pagamento di pedaggi. In tale contesto, il Clner tentò di rimediare e – talvolta – prevenire tali comportamenti, che rischiavano di compromettere irreparabilmente il sistema complessivo d’approvvigionamento (anche se è doveroso sottolineare che alcuni Cln locali conferirono invece regolarmente le scorte presenti sul proprio territorio) [44]. Infine, il Clner si adoperò per sopperire a squilibri, carenze e disparità nell’allocazione delle risorse, facilitandone il trasporto [45].


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Note

1. Istituto per la Storia e le Memorie del ‘900 Parri (in seguito Parri), Fondo Luciano Bergonzini (in seguito Fondo LB), b. 3, f. 24, Relazione Fortunati, f. 36.

2. Parri, Fondo LB, b. 1, f. 1, Costituzione Cln province occidentali, 20.12.1944.

3. Parri, Fondo LB, b. 1, f. 1 Misure contro sabotaggio e requisizioni, 02.02.1945; b.1, f. Suggerimenti Maggiore Davies; b. 3, f. 34 Azione del Clner; Fondo Clner, b. 2, f. 4 Direttive organizzative e d’azione 28.02.1945. Si veda anche: Anonimo, Un grande contributo alla difesa del patrimonio bolognese, “Corriere dell’Emilia”, 17, 09.05.1945, p. 3; Anonimo, L’opera del Comitato regionale di liberazione ieri e oggi, “Rinascita”, 5, 5-6.05.1945, p. 1.

4. Parri, Fondo Enzo Collotti, b. 1, f. 2 Militärkommandantur 1012, Lagebericht 19.11.1943.

5. Parri, Fondo Mauria Bergonzini (in seguito Fondo MB), b. 1, f. 2, Report on Conditions in Enemy Occupied Italy, 19.02.1945.

6. Parri, Fondo LB, b. 3, f. 24 Relazione Fortunati.

7. Ibidem.

8. Ibidem.

9. Ibidem; Parri, Fondo MB, b. 1, f. 2 Report on Conditions in Enemy Occupied Italy 19.02.1945; Archivio Fondazione Gramsci Emilia-Romagna (in seguito IGER), Fondo Comitato di liberazione nazionale Emilia Romagna, Serie Verbali di riunione (in seguito Fondo Clner), b. 1, f. 1, Riunione 11.05.1945. Si veda anche: Anonimo, Un servizio pubblico salvato, “Corriere dell’Emilia”, 12, 04.05.1945, p. 2.

10. Parri, Fondo LB, b. 1, f. 6 Riunione 09.06.1945.

11. Parri, Fondo MB, b. 4 Relations with the Italian Government 04.10.1943.

12. Parri, Fondo LB, b. 1, f. 6 Riunione 09.06.1945.

13. Ibidem. Si veda anche: Anonimo, Cinquanta milioni di dollari stanziati per l’Italia, “Corriere dell’Emilia”, 1, 23.04.1945, p. 3; Anonimo, L’aiuto della Gran Bretagna all’Europa affamata, “Corriere dell’Emilia”, 17, 09.05.1945, p. 3.

14. IGER, Fondo Clner, b. 1, f. 3 Riunione 16.07.1945; ivi, f. 4 Riunione 24.07.1945. Si veda anche: Anonimo, Seimila bolognesi al lavoro per ripristinare le strade ferrate, “Corriere dell’Emilia”, 19, 11.05.1945, p. 2.

15. Parri, Fondo LB, b. 1, f. 6 Riunione 09.06.1945.

16. Ibidem.

17. IGER, Fondo Clner, b.1, f. 11 Riunione 01.03.1946.

18. Anonimo, I Comitati di liberazione dell’Emilia si sono riuniti a convegno, “Rinascita”, 29.05.1945, p. 2; Anonimo, I lavori del congresso comunista, “Rinascita”, 4, 5-6.01.1946, p. 1.

19. Parri, Fondo LB, b. 1, f. 6, Organizzazione del Clner; IGER, Fondo Clner, b. 1, f. 3 Riunione 09.07.1945.

20. Ivi, f. 3, Riunione 16.07.1945; Parri, Fondo LB, b. 1, f. 6 Organizzazione Clner.

21. IGER, Fondo Clner, b. 1, f. 3 Riunione 16.07.1945.

22. Ivi, f. 1 Riunione provinciale 11.05.1945; Parri, Fondo LB, b. 3, f. 24 Relazione Fortunati.

23. IGER, Fondo Clner, b. 1, f. 1 Riunione provinciale 11.05.1945; ivi, f. 3, Riunione 31.07.1945.

24. Archivio storico comunale Bologna, Carteggio Amministrativo, Titolo XI, Rubrica 4, Sezione 3, (in seguito ACB) Protocollo generale (in seguito PG) 30781, 1945, Distribuzione carne 20.09.1945; ACB, Atti del Consiglio Comunale di Bologna, seduta del 22.12.1945, p. 38-9, 51.

25. IGER, Fondo Clner, b. 1, f. 1 Riunione 07.09.1945; ivi, f. 3, Riunione 03.07.1945; ACB, PG 25689, Prezzi economici pane 13.08.1945.

26. IGER, Fondo Clner, b. 1, f. 1 Riunione 07.09.1945.

27. Ivi, f.3, Riunione 31.07.1945.

28. Ivi, f 11, Riunione 01.03.1946.

29. Ivi, f. 3, Riunione 21.07.1945, f. 2.

30. ACB, PG 29772, 1945, Assegnazione derrate alimentari 13.09.1945, in allegato: Prospetto spedizioni da Puglia e Lucania; PG 30078, 1945, Assegnazione derrate alimentari 15.09.1945, in allegato: prospetto spedizioni effettuate da Camera Commercio industria e Agricoltura, Messina; PG 0079, 1945, Assegnazione derrate alimentari15.09.1945, in allegato: Prospetto spedizioni effettuate da Ispettorato Regionale Agricoltura delle Marche.

31. IGER, Fondo Clner, b. 1, f. 1 Riunione provinciale 11.05.1945; ivi, f. 3 Riunione 27.07.1945. Si veda anche: Anonimo, Gli ospedali cittadini. I propositi del nuovo Commissario per riorganizzare l’istituzione messa a dura prova dalla guerra e depredata dai tedeschi, “Rinascita”, 9, 10.05.1945, p. 2.

32. IGER, Fondo Clner, b. 1, f. 3 Riunione 16.07.1945; ivi, f. 3 Riunione 21.07.1945; ivi, f. 11, Riunione 01.03.1946.

33. ACB, PG 19682, 1945, Richiesta di carburante per aratura 06.07.1945.

34. Parri, Fondo Clner, b. 2, f. 4 Trasferimento quadrupedi 30.04.1945; ivi, f. 4 Risposta a trasferimento quadrupedi 30.04.1945; ivi, f. 1 Assegnazione bestiame abbandonato 23.11.1945; ivi, f. 1 Recupero bestiame abbandonato, 01.10.1945. Si veda anche: Anonimo, Raduno al mercato di Porta Lame per la consegna dei bovini ai coloni, “Corriere dell’Emilia”, 56, 23.06.1945, p. 2; Anonimo, Tutela e incremento del patrimonio zootecnico, “Rinascita”, 12, 14.05.1945, p. 2; Anonimo, Vietato prelevare cavalli senza autorizzazione, “Rinascita”, 14, 16.05.1945, p. 2.

35. IGER, Fondo Clner, b. 1, f. 1 Riunione provinciale 11.05.1945; ivi, f. 1, Riunione provinciale 11.05.1945.

36. Ivi, f. 1, Riunione provinciale 11.05.1945; ivi, f. 3, Riunione 16.07.1945. Si veda anche: Anonimo, Tutela e incremento del patrimonio zootecnico, “Rinascita”, 12, 14.05.1945, p. 2.

37. ACB, PG 18027, 1945, Relazione distribuzione bovini 26.06.1945, in allegato: relazione dettagliata; PG 19153, 1945, Relazione distribuzione bovini 04.07.1945; PG 19157, 1945, Relazione distribuzione bovini 08.07.1945; PG 19157, 1945, Relazione distribuzione bovini 04.07.1945. Si veda anche: Anonimo, Importazione di cavalli per necessità agricole e cittadine, “Rinascita”, 14, 16.05.1945, p. 2.

38. IGER, Fondo Clner, b. 1, f. 3 Riunione 27.07.1945.

39. IGER, Fondo Clner, b. 1, f. 5 Convegno regionale 08.09.1945. Si veda anche: Malaguti O., La situazione dell’industria non impone licenziamenti, “Rinascita”, 26, 31.01-01.02.1946, p. 2; Anonimo, Seimila bolognesi al lavoro per ripristinare le strade ferrate, “Corriere dell’Emilia”, 19, 11.05.1945, p. 2; Anonimo, La ferrovia Firenze-Bologna riattivata, “Corriere dell’Emilia”, 22, 14.05.1945, p. 2

40. IGER, FondoClner, b. 1, f. 9 Riunione 20.02.1946.

41. Ivi, f. 3 Riunione 27.07.1945; ivi, f. 5, Riunione 07.09.1945.

42. Ivi, f. 5 Riunione 07.09.1945. Vedi anche: Anonimo, I tecnici, gli impiegati e gli operai della Ducati, “Rinascita”,16, 18.05.1945, p. 2.

43. Parri, Fondo LB, b. 1, f. 6 Riunione Clner 19.03.1945, Stralcio del verbale inerente l’ordine del giorno: vertenza agricola; ivi, b. 4, f. 36 Relazione convegno Associazione agricoltori-Federterra 1945; ivi, Federterra Bologna, Schema patto salariati 1944; ivi, Comitato provvisorio di difesa dei fittavoli, 21.12.1944; ivi, Richiesta relativa a Patto Colonico 1920, 20.12.1944; ivi, Comunicazione relativa al Patto dei salariati, 30.01.1945; IGER, Fondo Clner, b. 1, f. 3 Riunione 09.07.1945; ivi, f. 5 Riunione 07.09.1945; ivi, f. 5, Convegno regionale 08.09.1945. Vedi anche: Anonimo, Una leale difesa dell’agricoltura emiliana potrà scongiurare un inverno di carestia, “Corriere dell’Emilia”, 55, 22.06.1945, p. 1; Anonimo, Il patto Paglia-Calda invocato da numerosi coloni, “Corriere dell’Emilia”, 58, 26.06.1945, p. 2; Anonimo, Dodici richieste dei lavoratori e cinque dichiarazioni degli agrari, “Corriere dell’Emilia”, 60, 28.06.1945, p. 2.

44. Parri, Fondo Clner, b. 1, f. 1 Conferimento cereali ai Granai del popolo, 28.11.1945; IGER, Fondo Clner, b. 1, f. 3 Riunione 21.07.1945; ivi, Riunione 31.07.1945; ACB, PG 14947, 1945, Giacenza riso nel comune di San Giovanni in Persiceto 29.05.1945.

45. Parri, Fondo Clner, b. 1, f. 1 Divieto d’imposizioni ai produttori ortofrutticoli, 01.10.1945; ivi, b. 2, f. 4 Al direttore dell’Alimentazione Monti pro Comune Marzabotto, 29.04.1945; ACB, PG 24660, 1945, Legna da ardere 27.07.1945; ivi, PG 22205, 1945, Da Associazione agricoltori a Consiglio dell’Alimentazione 11.07.1945; ivi, PG 28075, 1945, Vinificazione 03.09.1945.