Quando si parla di Grande guerra la mente spontaneamente corre alle immagini dei soldati al fronte, della guerra di trincea, delle tradotte, delle missive ai familiari, rese immortali da capolavori letterari e cinematografici.

[[figure caption="La posta in trincea: l'ansia di comunicare con i familiari sviluppò un vero e proprio laboratorio di scrittura, considerando la sostanziale estraneità o per lo meno la scarsa dimestichezza di molti dei soldati, in gran parte di estrazione contadina, con la scrittura (Museo civico del Risorgimento di Bologna)." width="600px"]]sites/default/images/articles/media/82/00_fogg_0234_01.jpg[[/figure]]

[[figure caption="Il cannone, arma protagonista della Grande guerra. Nell'immagine l'obice da 149 prolungato (Museo civico del Risorgimento di Bologna)." width="600px"]]sites/default/images/articles/media/82/00b_fogg_0123_01.jpg[[/figure]]

Una parallela linea di ricerca analizza invece il contributo che al primo conflitto mondiale diedero le regioni lontane dal confine italo-austriaco, non immediatamente sulla linea del fuoco, ma parimenti coinvolte nella mobilitazione generale prodotta dall'entrata in guerra dell'Italia. È in questa direzione che si pone la mostra documentaria #grandeguERra. L’Emilia-Romagna tra fronte e retrovia (a cura di Mirco Carrattieri, Carlo De Maria, Luca Gorgolini e Fabio Montella), promossa dall’Assemblea legislativa della Regione Emilia-Romagna e realizzata dall’Istituto per la Storia e le memorie del '900 parri E-R in collaborazione con la Rete degli istituti storici dell’Emilia Romagna, il Museo civico del Risorgimento di Bologna, e l'associazione di ricerca storica Clionet.

La mostra, inaugurata il 4 novembre 2014 nella sede dell'Assemblea legislativa e concepita come un allestimento itinerante (per poter essere ospitato da diverse istituzioni della Regione nel triennio 2015-2018) mira a illustrare, attraverso l'ampio impiego di fotografie e documenti, il rilevante contributo che l'Emilia-Romagna diede al fronte interno, ossia alla mobilitazione generale della nazione, in particolare delle istituzioni e della popolazione civile, volta a supportare lo sforzo bellico.

[[figure caption="Il catalogo della mostra." width="400px"]]sites/default/images/articles/media/82/grandeguERra-catalogo.jpg[[/figure]]

I privati cittadini ebbero una funzione molto importante nella “retrovia” emiliano-romagnola, soprattutto come sostegno a distanza del corpo militare al fronte. Serrati in anguste trincee, divorati dall'angoscia dell'attesa o dal terrore dell'attacco, i soldati, gran parte di origine contadina, trovavano sollievo scrivendo toccanti lettere ai familiari. Nei momenti di licenza, inoltre, avevano necessità di luoghi in cui potessero svagarsi e trovare distrazione con incontri, spettacoli o semplici attività ricreative. A queste due pressanti necessità rispose in genere la società civile, attraverso le Case del soldato e gli Uffici notizie. A Bologna la Casa del Soldato fu fondata il 20 giugno 1915 da don Antonio Bottoni, grazie al sostegno finanziario dell'élite cattolica cittadina, mentre l'Ufficio notizie, fondato da un gruppo di nobildonne bolognesi guidate dalla contessa Lina Bianconcini Cavazza, fece attivamente fronte alla sostanziale mancanza di informazione da parte degli organi di stampa, filtrati da propaganda e censura, fornendo alle famiglie dei richiamati un servizio di corrispondenza e aggiornamento sulla situazione al fronte. Sulla scorta dell'esempio bolognese, analoghi uffici sorsero poi in altre province.

[[figure caption="Uno spettacolo di burattini all’esterno della Casa del soldato di Bologna (immagine contenuta nel libro di Antonio Bottoni, Casa del soldato. Bologna: 20 giugno 1915 – 30 giugno 1920, Bologna, Tip. Cuppini, 1922)." width="600px"]]sites/default/images/articles/media/82/01_casa_del_soldato.jpg[[/figure]]

[[figure caption="Un gruppo di signorine addette all’Ufficio corrispondenza e informazioni gratuite per le famiglie dei richiamati a Ravenna. Fotografo: Ulderico David. Istituzione biblioteca classense di Ravenna." width="600px"]]sites/default/images/articles/media/82/02_ufficio-notizie.jpg[[/figure]]

Per sostenere e coordinare tutte le attività volontarie scaturite dall'iniziativa privata e dal senso del dovere civico sorsero, sia spontaneamente sia per far fronte a specifiche necessità, i Comitati per la preparazione civile e i Comitati generali di assistenza pubblica, promossi e sostenuti dagli istituti ed enti cittadini e rivolti alle famiglie dei combattenti o alle situazioni di maggior emergenza.

[[figure caption="Resoconto del Comitato generale di assistenza pubblica alle famiglie dei combattenti (sezione soccorsi), Forlì, 1919 (Biblioteca comunale di Forlì, Raccolte Piancastelli, Carte Romagna, b. 200/96)." width="400px"]]sites/default/images/articles/media/82/03_Comitati-civici.jpg[[/figure]]

Importante ruolo ebbero, per le forme di assistenza nelle circostanze di maggior bisogno, le donne, espressione di un processo di cambiamento sociale cui la Grande guerra diede un drammatico quanto decisivo impulso. Comitati femminili promossero pubbliche raccolte per il soccorso ospedaliero e il sostegno ai reduci feriti, nonché per l'aiuto agli orfani di guerra e ai figli dei soldati al fronte, offrendo servizi di doposcuola e soggiorni balneari. Personale femminile venne inoltre massicciamente impiegato in sostituzione della manodopera maschile in tutti i settori produttivi, in particolare nelle industrie legate alla produzione bellica. A trovar lavoro furono anche donne profughe, come le quasi 2.000 esiliate dalle zone di guerra che entrarono nel Laboratorio mascheramento di Carpi per fabbricare le coperture mimetiche di soldati, mezzi e postazioni dell'esercito.

[[figure caption="Alcuni feriti di guerra, in occasione di una manifestazione teatrale in loro onore, ricevono fiori e ventagli da alcune volontarie, 1915 (Archivio fotografico Museo civico del Risorgimento di Bologna)." width="600px"]]sites/default/images/articles/media/82/05_Feriti e dame.jpg[[/figure]]

[[figure caption="Profughe dalle zone di guerra ospitate a Carpi e impiegate nel Laboratorio Mascheramento (Comune di Carpi-Centro Ricerca Etnografica)." width="600px"]]sites/default/images/articles/media/82/06c_profughe a carpi fogg_2175_01.jpg[[/figure]]

[[figure caption="Operaie impegnate nella pulitura delle cartucce avariate nello stabilimento di Villa Contri a Bologna (Museo civico del Risorgimento di Bologna)." width="600px"]]sites/default/images/articles/media/82/06b_fogg_2175_01.jpg[[/figure]]

Promotori della mobilitazione civile in favore delle nuove necessità scaturite dal fronte, le amministrazioni pubbliche emiliano-romagnole si impegnarono attivamente per rispondere alle necessità delle fasce più deboli della popolazione. Esemplare fu la giunta comunale guidata da Francesco Zanardi, che si preoccupò degli approvvigionamenti della popolazione contro il generale innalzamento dei prezzi dei generi di prima necessità (attraverso una tessera annonaria, forni e panifici pubblici, ma anche istituendo un Ente autonomo dei consumi), e del prolungamento dell'orario scolastico delle scuole elementari, raddoppiando i turni di refezione, per far fronte, nelle famiglie, alla lontananza di uno dei genitori nonché alla necessità, per le madri, di sostituire gli uomini nei turni di lavoro in fabbrica.

[[figure caption="Distribuzione di farina ai civili sotto le Due Torri, promossa da Francesco Zanardi, conosciuto come il sindaco del pane, Bologna, 1917 (Archivio fotografico Museo civico del Risorgimento di Bologna)." width="600px"]]sites/default/images/articles/media/82/04_Distribuzione farina sotto le torri - Giunta Zanardi - 1917_1.jpg[[/figure]]

Il ruolo del potere pubblico non si esercitò solo nei settori della pubblica assistenza, ma anche, e soprattutto, nel controllo militare di risorse e collegamenti e nell'ingerenza diretta nella produzione industriale e nel controllo dei collegamenti. Dal momento dell'entrata dell'Italia nel conflitto mondiale le province di Bologna, Ferrara, Forlì e Ravenna furono dichiarate «in stato di guerra», con conseguente restrizione dei diritti civili e politici e una estensione dei poteri militari, situazione che si aggravò dopo la disfatta di Caporetto e l'incremento del rischio di un'invasione austroungarica della Pianura Padana.

[[figure caption="Testimonianze della presenza militare sul territorio: una squadra di artiglieri a Carpi (Archivio del Seminario Vescovile di Carpi, fondo don Tirelli)." width="600px"]]sites/default/images/articles/media/82/07_artiglieri a Carpi.jpg[[/figure]]

Tuttavia, la minaccia per la prima volta iniziò ad giungere non solo da terra, ma anche dal cielo: fu infatti durante la Grande Guerra che si cominciò a sperimentare l'arma aerea, caratterizzata, in questa fase pionieristica, da scarso potenziale distruttivo (le bombe venivano lanciate a mano dagli aviatori); si prediligevano quindi obiettivi strategici, come le fabbriche, oppure in grado di generare un intenso contraccolpo emotivo demoralizzando la popolazione, come le chiese (ad esempio Sant'Apollinare in Classe a Ravenna). Nonostante l'Italia nel srttore dell'aviazione fosse in ritardo nel panorama europeo per carenza di pianificazione e investimenti, vantò comunque il suo "asso": Francesco Baracca, morto in azione nel 1918 e ricordato nell'Esposizione nazionale della guerra (Bologna, 1918) e da un monumento nella città Natale, Lugo. 

[[figure caption="La drammatica immagine della Chiesa di Sant’Apollinare colpita dall’incursione aerea del 12 febbraio 1916 (Museo civico del Risorgimento di Bologna)." width="600px"]]sites/default/images/articles/media/82/08_Sant_Apollinare.jpg[[/figure]]

[[figure caption="Manifesto per l’inaugurazione del monumento dedicato all'asso dell'aviazione italiana Francesco Baracca a Lugo (Ravenna) nel giugno1936. (Archivio storico comunale di Lugo)." width="400px"]]sites/default/images/articles/media/82/09_Baracca.jpg[[/figure]]

Fondamentale importanza per il sostegno dello sforzo bellico ebbero i trasporti ferroviari. La rete dell'Emilia Romagna rappresentava uno dei nodi principali. Ma l'apporto della regione era rilevante anche per le risorse materiali e umane nei settori della produzione agricola e industriale, che era gestita dal Comitato regionale di Mobilitazione industriale, dipendente dal Ministero per le armi e le munizioni. In questo modo, molti stabilimenti privati diventarono industrie ausiliarie, sottoposte al controllo militare.

[[figure caption="Vecchi e nuovi mezzi di trasporto: movimentazione (a trazione animale) di carri ferroviari a Bologna, Prati di Caprara (Museo civico del Risorgimento di Bologna)." width="600px"]]sites/default/images/articles/media/82/10_ferrovie_fogg_2151_01.jpg[[/figure]]

[[figure caption="Il controllo delle industrie di materiale bellico: nell'immagine, operai intenti al caricamento degli shrapnels da 149, Bologna, Prati di Caprara (Museo civico del Risorgimento di Bologna)." width="400px"]]sites/default/images/articles/media/82/11_fogg_2139_01.jpg[[/figure]]

[[figure caption="Un'immagine emblematica del ruolo dell'Emilia-Romagna durante la Grande Guerra: il mezzo ferroviario (fondamentale per la movimentazione delle truppe e degli armamenti), l'accoglienza dei feriti (che le valse la definizione di Regione ospedale), la determinante presenza delle donne, nell'assistenza agli invalidi e alle fasce più deboli della società ma anche valide sostitute degli uomini nella produzione agricola e industriale." width="400px"]]sites/default/images/articles/media/82/fogg_0931_01.jpg[[/figure]]

Il dibattito sull'entrata in guerra dell'Italia fu molto sofferto, con scontri violenti tra interventisti e neutralisti. Le dinamiche della politica ne risultarono profondamente modificate, in particolare per il ritorno a casa dei reduci, in cerca del riconoscimento di un ruolo all'interno della vita civile attraverso diverse associazioni, a cui si richiamò presto il fascismo. La guerra era appena terminata, e già si ponevano le basi per quello che sarebbe stato un nuovo lungo e drammatico periodo per la storia d'Italia.

[[figure caption="Foto autografata di Benito Mussolini soldato. Milano, ottobre 1918. (L’illustrazione italiana, 18 settembre 1932)." width="400px"]]sites/default/images/articles/media/82/foto 1_3.jpg[[/figure]]


Risorse on line

Catalogo online:
http://books.bradypus.net/grandeguerra
Rassegna stampa:
https://www.pinterest.com/GattaraDesign/grandeguerra-lemilia-romagna-tra-fronte-e-retrovia