1. Tra storia e memorie

L’edificazione del rione Cirenaica, a ridosso di Porta San Vitale, inizia nel 1911 a cavallo della Guerra italo-turca […]. La direttrice principale, inaugurata nel 1913, è via Libia. Poi vengono costruite via Bengasi, via Cirene, via Derna, via Due Palme, via Homs, via Rodi, Via Tripoli e via Zuara. Nel 1949, con una seduta lampo, il consiglio comunale di Bologna presieduto dal sindaco Dozza cambiò gli odonimi che esaltavano l’impresa coloniale fascista, ma non quella giolittiana, infatti, via Libia continua ancora oggi a chiamarsi così […]. Nella primavera del 2015 gli abitanti del quartiere hanno vinto una battaglia contro la cementificazione di uno spazio verde comune dalla speculazione edilizia […]. Per festeggiare quel piccolo trionfo, un gruppo di persone si è ritrovato a riflettere su quanto accaduto. Attivistə, scrittorə, musicistə, urbanistə, attorə, architettə, comuni cittadinə erano pronti a esplorare e raccontare la storia della Cirenaica bolognese e della resistenza al nazifascismo, tanto quanto volevano esplorare e raccontare la storia della Cirenaica africana e della resistenza al colonialismo italiano attraverso i suoi odonimi. Così, nel 2015, si è accesa la scintilla che ha portato alla nascita di Resistenze in Cirenaica (RIC) [Califano 2023, 23-24].

Con queste parole, il collettivo Resistenze in Cirenaica (Ric) racconta la genesi dell’insieme di pratiche volte a risignificare il contesto urbano del quartiere Cirenaica a Bologna, le cui vie richiamano luoghi ed eventi legati all’espansionismo italiano [1] [Califano 2023]. Riflessioni e azioni che certamente sono andate di pari passo con il crescente interesse per i risvolti sociali e culturali dell’esperienza coloniale nazionale, a propria volta alimentato dal nuovo vigore storiografico sul tema [Labanca 2002; Ben-Ghiat, Fuller 2005; Andall, Duncan 2005; Carcangiu, Negash 2007; Baratieri 2010; Deplano, Pes 2014; Bertella Farnetti, Novelli 2017; Morone 2019; Ertola 2022; Deplano, Pes 2024]. La brutale uccisione di George Floyd nell’estate del 2020, l’ondata di proteste transnazionali contro il razzismo sistemico e le eredità dell’imperialismo nelle società occidentali hanno per certi versi rinvigorito e riportato al centro del dibattito pubblico alcune delle riflessioni su come le memorie del colonialismo abitino i discorsi politici ma anche gli spazi pubblici e privati delle nostre vite. Usare il verbo “ritornare”, in questo caso, ha una valenza significativa, che scardina o quantomeno problematizza il paradigma amnesico che ha spesso descritto la memoria del colonialismo italiano, di fatto limitando l’indagine della persistenza di quell’esperienza nella contemporaneità. Se volessimo concentrarsi solo sugli ultimi due decenni, le vicende legate al passato coloniale hanno invece sovente interessato la politica e la società: pensiamo al dibattito sulla restituzione dell’obelisco di Axum (depredato nel 1937 e restituito solo settant’anni dopo, nonostante le continue richieste di restituzione), agli accordi tra il leader libico Gheddafi e il premier italiano Berlusconi nel 2009; all’edificazione del mausoleo di Rodolfo Graziani ad Affile e alle contestazioni sulla statua di Indro Montanelli a Milano. Tematiche che hanno animato un dibattito pubblico ma che, tuttavia, non hanno incentivato una seria e condivisa riflessione critica sul passato dominio d’oltremare e sulle politiche usurpatrici e razziste ad esso connesse; tantomeno, quei dibattiti sono stati posti in relazione ai flussi migratori che hanno portato nelle coste italiani migranti spesso provenienti, o partiti, dalle ex colonie italiane. In altri termini, se i temi del colonialismo riemergono nel dibattito come «ambigui ritorni di memoria» per citare Alessandro Triulzi, è altrettanto vero che essi appaiono in un orizzonte distante dalla vita quotidiana e familiare della stragrande maggioranza degli italiani [Triulzi 2006; Proglio 2018; Sossi 2023].

In realtà, la natura del progetto coloniale italiano – liberale, ma soprattutto fascista – prevedeva la conquista e sfruttamento delle colonie come spazi in cui indirizzare il flusso migratorio diretto all’estero, in particolare negli Stati Uniti [Gabaccia 2000, Choate 2008]. Un progetto di colonialismo demografico o di popolamento che di fatto non fu realizzato, ma che comunque portò in Libia e nel Corno d’Africa centinaia di migliaia di italiani. Si conta che durante la fase più intensa e violenta dell’espansione coloniale, ovvero l’occupazione fascista dell’Etiopia nella metà degli anni Trenta, almeno mezzo milione d’italiani e italiane misero piede nel Corno d’Africa; a questo computo andrebbero aggiunti i numerosi già residenti nelle colonie Eritrea e Somalia, e le decine di migliaia che si trasferirono in Libia per i rinnovati progetti di popolamento voluti dal governatore Italo Balbo [Cresti 2010; Ertola 2017]. Un’esperienza che quindi ha interessato tantissimi italiani direttamente o indirettamente, se pensiamo sia alle famiglie coinvolte dalla partenza in colonia di un proprio caro, ma anche al martellamento costante della propaganda coloniale, che invase le vite degli italiani costruendo il consenso per la conquista del “posto al sole” [Mignemi 1984; Palumbo 2003; Colin, Lafrogia 2003; Andall, Duncan 2005; Deplano 2015; Falcucci 2021; Mancosu 2022].

A quest’opera di persuasione svolta attraverso le associazioni coloniali, i mass-media, i giornali, la letteratura e le esposizioni si affiancarono altre azioni ben più concrete volte a risignificare lo spazio urbano secondo la nuova spinta imperiale: crebbe esponenzialmente il numero di vie e piazze intitolate a militari, esploratori e funzionari coloniali; nacquero quartieri “africani” richiamati i nomi delle località delle colonie; si eressero statue, monumenti e palazzi chiaramente ispirati al mito dell’impero; vennero inoltre portati nella penisola oggetti e monumenti significativi delle società colonizzate, come il già citato ed emblematico obelisco di Axum. L’impero così invase e pervase l’Italia e le vite gli italiani, che furono circondati da immagini, suoni, palazzi, statue e oggetti che richiamavano l’espansionismo nazionale [Labanca 1996; Lenci, Baccelli 2008; Perilli 2010; Falocco, Boumis 2022; Bui, Taddei 2022; Pirazzoli 2022; Taddei, Vitale 2022; Montanari 2024]. L’Africa al contempo entrò anche nelle case, risignificando così gli spazi intimi e urbani; come accennato nel passaggio citato in apertura, la sua eredità materiale pubblica (odonomastica, monumentale) e privata (familiare e intima) permeò la vita delle italiane e degli italiani nell’Italia repubblicana. Temi questi che hanno trovato una prima e sistematica trattazione nel volume di Angelo Del Boca L’Africa nella coscienza degli italiani, in cui l’autore novarese nonché pioniere degli studi sul colonialismo italiano afferma che «una famiglia su dieci in Italia possiede sicuramente un oggetto di provenienza coloniale. Si va dal tallero di Maria Teresa al braccialetto d’avorio […] Su questo immenso museo privato, da mezzo secolo si deposita la polvere» [Del Boca 1992, 6]. La polvere evocata da Del Boca può essere letta come una metafora delle politiche di memoria che hanno offuscato la presa di coscienza sul portato del colonialismo nella vita individuali e collettiva; essa, tuttavia, richiama anche gli angoli angusti delle case o degli archivi, con scaffali e cassetti che conservano vari tipi di memorie e cimeli, spesso giustapposti ad altri oggetti o documenti. Proprio il rapporto tra le memorie private del colonialismo in relazione agli spazi intimo e/o sociale che danno loro significato è stato l’oggetto di un progetto pionieristico, Memorie coloniali. Returning and sharing memories, lanciato nel 2006 a Modena dall’associazione ModenaXgliAltri (MoXa) per promuovere il recupero di materiale privato relativo all’esperienza coloniale in Etiopia rimasto chiuso nei cassetti e negli album di famiglia [2]. Inoltre, il progetto prevedeva la condivisione e la restituzione delle memorie private del colonialismo alle popolazioni che hanno subito la colonizzazione italiana, partendo dal presupposto «che questa memoria non appartenga soltanto a noi, ma anche ai popoli che l’Italia ha colonizzato» [Bertella Farnetti, Mignemi, Triulzi 2013, 6], come spiegano i curatori del volume L’impero nel cassetto, che raccoglie riflessioni proprio su Returning and sharing memories e più in generale sulla fotografia come strumento attivatore di memoria.

Quest’ultimo esempio, e l’esergo con cui si apre questa introduzione, ci portano al nocciolo di questo numero, intitolato All’ombra del colonialismo italiano. Storie, archivi e memorie in Emilia-Romagna, il cui focus riguarda la stratificazione e connessione tra memorie pubbliche e private sull’esperienza degli italiani e delle italiane in Africa e sull’Africa avvenuti in Emilia-Romagna. Prendendo spunto da, e raccontando, i vari progetti dal basso di recupero critico di materiali e spazi legati al colonialismo, questo numero si pone certo in sintonia con la recente attenzione storiografica e civile ai luoghi e alle memorie pubbliche evocatrici del colonialismo [3]; tuttavia, le ricerche presentate nei contributi vanno a indagare vicende spesso poco conosciute, mettendole in relazione ad esperienze più studiate al fine di scorgere nuove narrazioni e possibili memorie critiche condivise su come valutare il peso dell’oltremare nella vita quotidiana degli italiani e delle italiani.

2. Il caso emiliano-romagnolo

L’Emilia-Romagna è un territorio che si presenta come un punto d’osservazione privilegiato; una regione che ha già visto nascere e maturare i due progetti pioneristici già citati, Resistenze in Cirenaica e Memorie coloniali. Negli anni più recenti, inoltre, altri istituti di ricerca e altre associazioni locali hanno dato vita a numerose iniziative di studio sul colonialismo, non solo riportando alla luce storie e documenti inediti, ma anche puntando l’attenzione sulle sue permanenze materiali e immateriali. Esperienze e casi studio che troveranno approfondita trattazione nei contributi di questo dossier, come si sintetizzerà nelle prossime righe.

Sul versante archivistico, spiccano alcuni fondi acquisiti rispettivamente dall’Istituto di storia contemporanea di Ferrara (Iscofe) e dall’Istituto storico della Resistenza e dell’età contemporanea di Parma (Isrec Parma). Nel primo caso, è di indubbio valore storico il fondo Famiglia Paolo Balbo, donato a Iscofe nel 2018, il quale conserva documentazione in gran parte appartenuta a Italo Balbo e che conta una corposa sezione riferita al periodo del suo governatorato in Libia [Govoni 2021-2022]. Di diverso tenore è invece l’archivio Parma e il colonialismo italiano, conservato presso Isrec Parma e costituito da almeno una quindicina di fondi privati – soprattutto fotografici – appartenuti a famiglie del Parmense, perlopiù prodotti da coloni o da militari di truppa, capaci di restituire un’immagine dal basso della vita coloniale (civile e militare) oltre che delle sue rappresentazioni. Si tratta di un totale di oltre 2.000 fotografie scattate nelle colonie italiane tra gli anni Dieci e gli anni Quaranta del Novecento, digitalizzate e rese fruibili attraverso il progetto web https://colonialismoparma.it/ [4]. Questi due archivi presentano punti di vista per certi versi opposti: da una parte la soggettività espressa da un uomo di potere, arrivato a ricoprire un ruolo apicale all’interno della società coloniale fascista; dall’altra uomini e donne comuni, che l’Africa la vissero e la immaginarono da altre prospettive. Nel mezzo, tra questi due opposti, notevole interesse ha rivestito lo studio della figura del funzionario coloniale, alla quale storici ed antropologi hanno già dedicato diverse pubblicazioni [Giorgi 2012; Dore 2017; Dore 2021]. In questo ambito si inserisce il fondo Pezzoli-Ellero, conservato presso la Biblioteca comunale dell’Archiginnasio di Bologna, appartenuto ai coniugi Pia Maria Pezzoli e Giovanni Battista Ellero, funzionario governativo coloniale e studioso di etiopistica [5]. Le centinaia di fotografie, assieme ai documenti e alla corrispondenza che compongono il fondo, rappresentano una ulteriore opportunità di indagine dei profili biografici e culturali dei funzionari preposti ad «amministrare l’esotico» [Dore 2017]. Non solo grandi e piccole collezioni. Importanti tracce provengono anche da singoli documenti, come nel caso del diario in cui il tenente Alfredo Baistrocchi registrò, in prima persona, le imprese africane di fine Ottocento. Il manoscritto, finora inedito, consultabile presso la biblioteca civica Gambalunga di Rimini, è in parte trascritto e commentato in uno dei contributi che aprono questo dossier.

Allo studio di nuovo materiale archivistico, si è affiancata anche la riscoperta di raccolte e collezioni che giacciono da decenni nei musei, nelle biblioteche e in altri enti di conservazione. Emblematica, in questo senso, la mostra Libia 1911-1912. Colonialismo e collezionismo, a cura di Luca Villa, allestita a Bologna, nel Museo civico del Risorgimento nel 2022 [6]: protagonisti di questa esposizione sono stati le fotografie e gli oggetti raccolti dalla 47° ambulanza della Croce rossa italiana durante la guerra Italo-turca (1911-1912), donati nel 1912 al Museo del Risorgimento con l’obbiettivo di istituire un museo delle guerre coloniali. Il progetto di questo museo, a causa dello scoppio della Prima guerra mondiale, non vide mai la luce e la collezione fu presto dimenticata, per essere “ritrovata” solo negli anni Ottanta. La mostra evidenzia e problematizza uno degli esiti culturali prodotti dalla stagione coloniale, ovvero la presenza in molti musei storici ed etnografici italiani di collezioni coloniali che spesso hanno mantenuto un allestimento tardo-ottocentesco o primo novecentesco, come ad esempio, per quanto riguarda l’Emilia-Romagna, il Museo eritreo Vittorio Bottego di Parma [Falcucci 2021; Bacchini 2022]. Le eredità materiali del colonialismo non abitano però solo i musei, ma sono ben visibili anche nel tessuto urbano delle città italiane, nei monumenti e nelle architetture: un tema, quello del difficult heritage, che negli ultimi anni ha attirato l’attenzione mediatica e storiografica, per quanto spesso limitando il discorso all’epoca fascista [Ben-Ghiat 2017; Scego 2020; Albanese, Ceci 2022; Nannini 2022; Belmonte 2023; Carter, Copley 2024; Ertola 2024]. A tal riguardo, nel territorio emiliano-romagnolo vi sono alcuni casi di rilievo, come quello del monumento a Vittorio Bottego di Parma – «l’unico vero monumento coloniale dell’Italia liberale» [Labanca 1996, 280] – oggetto di recenti ed approfonditi studi [Bui, Taddei 2022; Taddei, Vitale 2022]. Meno conosciuto e oggetto di approfondimento in uno dei contributi di questo dossier è il ciclo di mosaici realizzato tra il 1940 e il 1941, dedicato (anche) alla guerra d’Etiopia, esposto all’interno della Casa del mutilato di guerra di Ravenna, in una sala che oggi ospita un ristorante [7]. Su questo terreno, si inseriscono le riflessioni relative alla questione dell’odonomastica coloniale che, come si è già accennato, è al centro di molte iniziative locali e nazionali. Ai progetti di mappatura delle vie e dei toponimi intitolati a uomini ed eventi del colonialismo, sono seguiti tentativi di risignificazione di quei luoghi: dal già citato collettivo bolognese Resistenze in Cirenaica, al più recente caso modenese delle piscine Dogali [8]. Proprio all’indagine dell’odonomastica coloniale presente in regione sarà dedicato il saggio cartografico di questo dossier.

Questi e altri casi studio saranno raccontati e analizzati in questo numero, allo scopo di alimentare e monitorare il dibattito pubblico e accademico sulla storia e sulle memorie del colonialismo italiano.

Bibliografia

  • Albanese, Ceci 2022
    I luoghi del fascismo. Memoria, politica e rimozione, a cura di Giulia Albanese, Lucia Ceci, Roma, Viella, 2022.
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    Italian Colonialism. Legacies and Memories, a cura di Jacqueline Andal, Derek Duncan, Bern, Peter Lang, 2005.
  • Bacchini 2022
    Sofia Bacchini, Svelare il fato africano. Il Museo Zoologico Eritreo “Vittorio Bottego”, in Bui, Taddei 2022, pp. 103-124.
  • Baratieri 2010
    Daniela Baratieri, Memories and Silences Haunted by Fascism. Italian Colonialism MCMXXX–MCMLX, Bern, Peter Lang, 2010.
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    Carmen Belmonte, A Difficult Heritage. The Afterlives of Fascist-Era Art and Architecture, Milano, Silvana editoriale, 2023.
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    Italian Colonialism, a cura di Ruth Ben-Ghiat, Mia Fuller, New York, Palgrave Macmillan, 2005.
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    Ruth Ben-Ghiat, Why Are so Many Fascist Monument still Standing in Italy?, in «The New Yorker», 5 ottobre 2017, https://www.newyorker.com/culture/culture-desk/why-are-so-many-fascist-monuments-still-standing-in-italy.
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    L’impero nel cassetto. L’Italia coloniale tra album privati e archivi pubblici, a cura di Paolo Bertella Farnetti, Adolfo Mignemi, Alessandro Triulzi, Milano, Mimesis, 2013.
  • Budasz, Wurzer 2023
    Daphne Aurélie Budasz, Markus Wurzer, Postcolonial Italy, A Public History Project Mapping Colonial Heritage, in «Interventions. International Journal of Postcolonial Studies», 26 giugno 2023, https://www.tandfonline.com/doi/full/10.1080/1369801X.2023.2222710.
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    L’esploratore perso nell’oblio. Vittorio Bottego tra mito, storia e rimosso coloniale, a cura di Andrea Bui, Latino Taddei, Milano, Pgreco, 2022.
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    Mariana E. Califano, Resistenze in Cirenaica, intreccio di studio e pratiche, in Repostories. Per un contro-archivio della colonialità tra storia, arti e visualità, a cura di Beatrice Falcucci, Luca Iannuzzi, Gianmarco Mancosu, Pisa, Pisa University Press, 2023, pp. 23-32.
  • Carcangiu, Negash 2007
    L’Africa Orientale Italiana nel dibattito storico contemporaneo, a cura di Bianca Maria Carcangiu, Tekeste Negash, Roma, Carocci, 2007.
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    L’Afrique coloniale et post coloniale dans la culture, la littérature et la société italiennes. Représentations et témoignages, a cura di Mariella Colin, Enzo Rosario Laforgia, Caen, Presses universitaires de Caen, 2003.
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    Federico Cresti, Non desiderare la terra d’altri: La colonizzazione italiana in Libia, Roma, Carocci, 2010.
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    Valeria Deplano, L’Africa in casa. Propaganda e cultura coloniale nell’Italia fascista, Firenze, Le Monnier, 2015.
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    Quel che resta dell’impero. La cultura coloniale degli italiani, a cura di Valeria Deplano, Alessandro Pes, Milano, Mimesis, 2014.
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    Valeria Deplano, Alessandro Pes, Storia del colonialismo italiano. Politiche, cultura e memoria dall’età liberale ai giorni nostri, Roma, Carocci, 2024.
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    Gianni Dore, Amministrare l’esotico. L’etnografia pratica dei funzionari e dei missionari dell’Eritrea coloniale, Padova, Cluep, 2017.
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    Gianni Dore, Capi locali e colonialismo in Eritrea. Biografie di un potere subordinato (1937-1941), Roma, Viella, 2021.
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    Emanuele Ertola, In terra d’Africa. Gli italiani che colonizzarono l’impero, Roma-Bari, Laterza, 2017.
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    Beatrice Falcucci, Musei per raccontare il colonialismo, in «Dinamopress», 9 aprile 2021, https://www.dinamopress.it/news/musei-raccontare-colonialismo/.
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    Chiara Giorgi, L’Africa come carriera. Funzioni e funzionari del colonialismo italiano, Roma, Carocci, 2012.
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    Nicola Labanca, L’Africa italiana, in I luoghi della memoria. Simboli e miti dell’Italia unita, a cura di Mario Isnenghi, Roma-Bari, Laterza, 1996, pp. 255-289.
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    Nicola Labanca, Oltremare. Storia dell’espansione coloniale italiana, Bologna, Il Mulino, 2002.
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    Marco Lenzi, Sergio Bacelli, Rilessi coloniali sulla toponomastica urbana italiana. Un primo sondaggio, in «I sentieri della ricerca», 7-8 (2008), pp. 161-182.
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    Gianmarco Mancosu, Vedere l’impero. L’Istituto Luce e il colonialismo fascista, Milano, Mimesis, 2022.
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    Tomaso Montanari, Le statue giuste, Roma-Bari, Laterza, 2024.
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  • Nannini, Pirazzoli 2022
    Sul piedistallo della storia. Monumenti e statue in Emilia-Romagna dall’Ottocento a oggi, a cura di Sofia Nannini, Elena Pirazzoli, Roma, Viella, 2022 (prima pubblicazione: «E-Review», 8-9, 2021-2022, https://e-review.it/sommario-2021_2022/)
  • Palumbo 2003
    A Place in the Sun. Africa in Italian Colonial Culture from Post-Unification to the Present, a cura di Patrizia Palumbo, Berkely-Los Angeles, University of California Press, 2003.
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  • Pirazzoli 2022
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  • Proglio 2018
  • Gabriele Proglio, L’Italia e il passato coloniale. Riflessioni e considerazioni a margine del dibattito storiografico, in «Memoria e Ricerca», 1 (2018), pp. 113-132.
  • Scego 2020
  • Igiaba Scego, Cosa fare con le tracce scomode del nostro passato, in «Internazionale», 9 giugno 2020, https://www.internazionale.it/opinione/igiaba-scego/2020/06/09/tracce-passato-colonialismo-razzismo-fascismo.
  • Sossi 2023
  • Immaginare la storia. Abbecedario del colonialismo italiano, a cura di Federica Sossi, Verona, Ombre Corte, 2023.
  • Taddei, Vitale 2022
  • Latino Taddei, Domenico Vitale, Il monumento a Vittorio Bottego a Parma. Uso pubblico e rimozione collettiva di un simbolo del colonialismo italiano, in Nannini, Pirazzoli 2022, pp. 117-145 (prima pubblicazione: «E-Review», 8-9 (2021-2022), https://e-review.it/taddei_vitale_monumento_a_bottego).
  • Triulzi 2006
  • Alessandro Triulzi, Displacing the Colonial Event. Hybrid Memories of Postcolonial Italy, in «Interventions. International Journal of Postcolonial Studies», 8 (2006), pp. 430-443, https://www.tandfonline.com/doi/abs/10.1080/13698010600956055.
  • Vitale 2017
  • Domenico Vitale, “Ti saluto, vado in Abissinia”. Parma e Africa Orientale tra colonialismo e post-colonialismo. Archivio, didattica e ricerca storica, in «E-Review», 5 (2017), https://e-review.it/vitale-archivio-colonialismo.

Risorse


Note

1. https://resistenzeincirenaica.com/.

2. Il progetto ha visto la partecipazione di numerosi enti di ricerca ed associazioni. Per approfondire: https://www.memoriecoloniali.org; questo progetto ha ispirato altre simili azioni, tra cui citiamo Sardegna d’oltremare.

3. Alcuni tra i numerosi progetti che intendono mappare le eredità coloniali nel territorio nazionale sono https://umap.openstreetmap.fr/it/map/viva-zerai_519378#6/41.845/16.260; https://postcolonialitaly.com; https://www.roots-routes.org/decolonize-your-eyes-padova-pratiche-visuali-di-decolonizzazione-della-citta-di-annalisa-frisina-mackda-ghebremariam-tesfau-e-salvatore-frisina/; https://www.manifesta12.org/vivamenilicchiwalk/index_lang=it_.html; https://www.internazionale.it/opinione/wu-ming-2/2021/02/15/mappa-colonialismo-italiano; https://colonialismoparma.it/.

4. Un progetto promosso da Isrec Parma assieme alla Ong Parma per gli altri, nato sulla scia dell’esperienza modenese di Memorie coloniali. Si veda anche Vitale 2017.

5. http://badigit.comune.bologna.it/fondi/dettaglio.asp?lettera=109.

6. Mostra a cura di Luca Villa, con la collaborazione di Mirtide Gavelli e Otello Sangiorgi. L’allestimento è stato arricchito anche dai video d’epoca provenienti dalla Cineteca di Bologna e dal materiale appartenente dalla collezione del bolognese Carlo Mazzetti: https://www.storiaememoriadibologna.it/archivio/eventi/libia-1911-1912-colonialismo-e-collezionismo.

7. https://www.turismo.ra.it/cultura-e-storia/edifici-storici-teatri/la-casa-del-mutilato/.

8. https://www.comune.modena.it/vivere-modena/eventi/2024/dogali-1887.