Un progetto ispirato alla Convenzione di Faro
Il progetto didattico Filande, operaie e corsi d’acqua, realizzato dall’Istituto per la storia della Resistenza e dell’età contemporanea di Forlì-Cesena grazie al supporto dell’Unità progetti europei e relazioni internazionali del Comune di Forlì, si colloca nell’ambito delle iniziative legate alla Convenzione di Faro, ovvero alla convenzione quadro del Consiglio d’Europa sul valore dell’eredità culturale per la società, presentata nell’ottobre 2005 a Faro e attualmente in corso di sottoscrizione da parte dell’Italia. L’obiettivo del progetto, rivolto a due classi seconde delle scuole medie inferiori, era quello di elaborare un percorso all’interno del centro storico cittadino, ritrovando i luoghi e gli eventi connessi all’industria della seta a Forlì fra Ottocento e Novecento, per poi proseguire nel corso del prossimo anno scolastico con approfondimenti su temi e luoghi legati alla storia e al patrimonio architettonico del Novecento. Il percorso elaborato è stato quindi presentato ad altri studenti delle scuole medie inferiori nell’ambito di una passeggiata patrimoniale aperta anche alla cittadinanza e inserita tra gli eventi del Festival Forlì Città del Novecento ai primi di giugno 2017. Fondamentali nell’ideazione del progetto, per quel che riguarda le finalità, le modalità di ricerca, elaborazione e presentazione dei contenuti, sono stati i principi ispiratori della Convenzione di Faro.
Uno dei concetti chiave espressi nel testo è l’idea che la conoscenza e l’uso dell’eredità culturale siano inerenti al diritto dell’individuo a prendere parte alla vita culturale della comunità, come sancito anche dalla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo. Riconoscendo fin dal preambolo «il bisogno di porre le persone e i valori umani al centro di un concetto di patrimonio culturale allargato e multi-disciplinare», all’articolo 2 della Convenzione, il concetto di patrimonio culturale viene definito come
un insieme di risorse ereditate dal passato che le popolazioni identificano, indipendentemente da chi ne detenga la proprietà, come riflesso ed espressione dei loro valori, credenze, conoscenze e tradizioni, in continua evoluzione. Include tutti gli aspetti dell’ambiente risultanti dall’interazione tra persone e luoghi nel tempo.
I cittadini possono svolgere un ruolo attivo nel riconoscimento e trasmissione dei valori dell’eredità culturale anche attraverso la creazione di «comunità di eredità», che la Convenzione definisce come «un insieme di persone che attribuisce valore ad aspetti specifici del patrimonio culturale, e che desidera, nel quadro di un’azione pubblica, sostenerli e trasmetterli alle generazioni future» [art. 2].
Temi e fonti
Considerato il tema centrale del progetto, tre elementi essenziali della storia cittadina sono emersi come possibili fili conduttori del percorso: la storia degli opifici, la vita e il lavoro delle operaie delle filande e i corsi d’acqua celati sotto il tessuto urbano, ma essenziali per lo sviluppo dell’attività produttiva. Gli argomenti approfonditi attraverso il lavoro di ricerca ed elaborazione svolto in classe e proposti durante la visita sono stati quindi 1) la storia della produzione del filo di seta a Forlì, 2) la vendita dei bozzoli prodotti nelle campagne circostanti, in cui la coltura del baco da seta era fiorente e fonte di reddito integrativo per i contadini, 3) la nascita degli opifici in corrispondenza del fiume Montone e del canale Ravaldino, 4) la vita delle operaie nel rione popolare di Schiavonia, con riferimento sia alla realtà abitativa (l’ubicazione, la conformazione e la qualità delle case, il riscaldamento, l’illuminazione, i sevizi igienici), che alla routine quotidiana (il reperimento dell’acqua, la lavatura dei panni, gli utensili e gli oggetti di uso comune) e alle condizioni di lavoro (la precaria salubrità delle fabbriche, gli orari spossanti, la nascita delle prime società di mutuo soccorso e le lotte per un più equo salario o per mantenere attiva la produzione in tempo di crisi). Come già accennato, questi temi si intrecciano strettamente con la conformazione topografica della città, attraversata da fiumi e canali in gran parte sotterranei, che hanno impresso un’impronta significativa allo sviluppo del centro abitato, sia sul piano urbanistico, che sulle consuetudini di vita degli abitanti, dalla fondazione fino alla prima metà del Novecento.
Per far riemergere e dare corpo alla storia celata e in molti casi non più visibile dei luoghi inclusi nel percorso patrimoniale, sono risultate essenziali le informazioni fornite da alcuni documenti dell’epoca, in particolare le relazioni del medico sanitario del Comune sulle condizioni di salubrità degli opifici, delle abitazioni, delle fognature e del canale che attraversavano il rione popolare. Alcune pubblicazioni come “Il Pensiero Romagnolo” e “L’Idea Socialista” hanno offerto testimonianze sui proprietari degli opifici e le lotte delle maestranze formate per lo più da donne e bambine. Il periodico “La Romagna” ha invece fornito la cronistoria dei conflitti e delle controversie legate all’uso delle acque, che caratterizzavano la vita cittadina in prossimità del canale.
Dalla ricerca storica alla passeggiata patrimoniale
L’elaborazione della passeggiata patrimoniale ha dunque avuto due fasi. La prima, basata sulla ricerca teorica, è iniziata con un incontro con gli storici per una esplorazione iniziale dei temi da sviluppare. Come già indicato ogni tema è stato poi analizzato e documentato attraverso un lavoro di approfondimento svolto dalle classi. Lo studio dei contenuti individuati ha fornito spunti di approfondimento su argomenti più generali, quali i primi processi di industrializzazione, le condizioni di vita a livello locale tra la fine dell’Ottocento e gli anni Venti del Novecento, il lavoro minorile nelle fabbriche, la nascita delle prime organizzazioni dei lavoratori, la storia delle donne e l’apporto femminile all’economia industriale della città, la produzione della seta, dalla coltivazione del gelso e la riproduzione dei bozzoli nelle campagne al fiorente mercato del bozzolo cittadino e infine, l’importanza della gestione dell’acqua, dalla fondazione della città alle prime fasi del processo di industrializzazione. Tali contenuti, che per ovvie ragioni non possono essere esposti nel corso della passeggiata patrimoniale, permettono però una lettura di ampio respiro dei luoghi, degli edifici e dei monumenti della città, collocandoli nel più vasto contesto della storia europea e globale e forniscono agli studenti un legame tangibile tra gli eventi locali e lo studio più generale della storia del XIX e del XX secolo.
La seconda fase di elaborazione del percorso patrimoniale è consistita nella scoperta sensibile della città effettuata durante i sopralluoghi iniziali e la passeggiata stessa. Le visite preliminari, che hanno rappresentato per alcuni studenti la prima esplorazione in assoluto del centro cittadino, hanno portato all’identificazione di luoghi che risultano particolarmente, e a volte sorprendentemente, densi di significati, memorie e segni, e offrono particolari suggestioni evocando emozioni e svelando contenuti nascosti. Questa attività di esplorazione e scoperta che sarebbe risultata forse un po’ scontata fino a qualche tempo fa, ha rappresentato un aspetto fondamentale del progetto. Inizialmente pensato come un’attività sperimentale volta a sondare le conoscenze, idee e percezioni degli studenti rispetto alla storia e alle storie che attraversano il centro storico, il progetto ha dovuto tenere conto dei processi di straniamento in atto. I ragazzi e le ragazze di entrambe le classi non frequentano il centro cittadino, non conoscono gli edifici storici e amministrativi, o più semplicemente i nomi delle vie, che solitamente individuano in base alla presenza di attività commerciali di loro interesse, essendo invece frequentatori abituali del grande centro commerciale costruito in anni recenti in una zona suburbana. Le classi coinvolte fanno parte di due istituti comprensivi diversi, uno situato nel centro e frequentato da ragazzi residenti in quell’area, tra cui vi è un’alta percentuale di figli di immigrati di prima e seconda generazione, l’altro ubicato in una zona più periferica. Obiettivo fondamentale del progetto è stato quindi quello di iniziare un processo di frequentazione e conoscenza del territorio e della sua storia, nel tentativo di contrastare il processo di allontanamento dal centro storico, cercando di sostenere e stimolare secondo lo spirito della Convenzione di Faro, la partecipazione al processo di scoperta, interpretazione, conservazione e presentazione del patrimonio culturale comune.
Infine, un ultimo aspetto dell’attività didattica da segnalare è la raccolta, avvenuta spesso in modo spontaneo, di testimonianze in ambito famigliare sulle consuetudini di vita delle generazioni passate e il recupero di oggetti e utensili conservati come patrimonio famigliare. Questa pratica, oltre a favorire lo scambio di informazioni tra generazioni, insieme alla preparazione di immagini necessarie a illustrare i punti chiave del percorso, come mappe, piantine e fotografie, può contribuire enormemente a rendere viva, densa e suggestiva la passeggiata patrimoniale, arricchendola di memorie e testimonianze legate alla storia del territorio.
Durante la passeggiata patrimoniale tutti gli studenti hanno presentato al pubblico una parte dell’itinerario. Questa modalità di restituzione collettiva delle conoscenze acquisite, che ha richiesto agli studenti uno sforzo considerevole, si pone in sinergia con lo spirito della Convenzione di Faro in quanto, oltre a stimolare la capacità di comunicare in modo puntuale e coerente, facilita il coinvolgimento personale, permettendo agli studenti di fare propri almeno alcuni dei contenuti del percorso, in modo intimo e dettagliato. La passeggiata patrimoniale attuata con queste modalità è risultata essere quindi un’esperienza intellettualmente ed emotivamente avvincente, e ha rafforzato l’idea, in chi ha attuato il progetto, che promuovere «un senso di responsabilità condivisa nei confronti dei luoghi in cui le persone vivono» possa essere uno strumento efficace per favorire l’integrazione e rafforzare la coesione sociale, come auspica l’articolo 8 della Convenzione, dedicato al rapporto tra ambiente, patrimonio e qualità della vita.