1. L’archivio Ansaloni
L’archivio Ansaloni di Bologna copre per intero il periodo di attività aziendale databile approssimativamente dal 1925 agli ultimi anni del Novecento ed è conservato presso il Museo memoriale della libertà, con sede in via Giuseppe Dozza 24 a Bologna. L’archivio cartaceo, in fase di riordinamento con finanziamento del Ministero della Cultura, si compone di registri, faldoni, quaderni, pacchi e carte sciolte e consta di circa 40 metri lineari di documentazione. È conservata inoltre una importante mole di documentazione fotografica, anch’essa oggetto di riordinamento, relativa alla vita aziendale e familiare. Per quanto attiene alla ricca parte filmografica, oltre ai più noti filmati inerenti al periodo 1944-1958, sono da segnalare le rare pellicole sulle iniziative vivaistiche in piazza Maggiore a Bologna nei primi anni Cinquanta, la documentazione sulle lavorazioni floreali e forestali, nonché quella relativa ai viaggi americani di Edo Ansaloni (specie per gli anni 1958-1959). Il materiale, in bianco e nero e a colori, si compone di rulli in 8 millimetri, 16 millimetri e bobine; circa 330 pellicole sono già state digitalizzate. L’archivio della famiglia Ansaloni è stato dichiarato di notevole interesse storico con atto del 9 febbraio 2022 ai sensi degli articoli 10 (comma 3b) e 13 del decreto legislativo del 22 gennaio 2004, n. 42.
Il materiale d’archivio si intreccia profondamente con le biografie di due componenti dell’omonima famiglia: Arturo (fondatore dell’azienda) e suo figlio Edo.
2. L’impresa floro-vivaistica Ansaloni
Arturo Ansaloni nasce nel 1900 in una famiglia di braccianti agricoli originari di Calderara di Reno nella provincia di Bologna. Il fondo agricolo in cui vivono non è sufficiente a soddisfare i bisogni familiari, per questo lavorano a giornata. Terminati gli studi e ottenuta la licenza elementare Arturo inizia a lavorare da garzone presso la famiglia Comastri, dopodiché fa il manovale in una fornace e il raccoglitore di semi per i vivai. Durante quest’ultima attività impara a riconoscere e raccogliere le bacche di biancospino e di rosa canina, bacche che con l’aiuto dei fratelli (Alfredo, Mario, Cesarino e Pierina) vengono ripulite utilizzando le acque del fiume Lavino.
Con la Prima guerra mondiale, Arturo Ansaloni viene inquadrato nell’VIII Reggimento di fanteria; appassionato di meccanica fa domanda per entrare nel Genio e viene assegnato ai reparti di Venaria Reale a Torino nelle cui officine si vanno testando i nuovi aero-veicoli Fiat. Nell’avviare un aereo Sva 5, lo stesso utilizzato da D’Annunzio per il volo su Vienna, rimane ferito da un’elica e resta mutilato a un muscolo femorale.
Terminata la guerra, Arturo lavora come operaio agricolo, con questo titolo risulta infatti iscritto nel 1923 nell’elenco dei lavoratori del Comune di Calderara di Reno. Nel 1924 sposa Cornelia Borghi con la quale si trasferisce in via Oretti 14 a Bologna; qui si dedica alla raccolta di una gamma di semi arrivando a rifornire vivaisti italiani ed europei. Tra i suoi clienti figura la Milizia nazionale forestale – che sotto la guida di Arnaldo Mussolini sta dando nuovo impulso alla silvicoltura e all’agricoltura nazionale – e l’azienda Carlo Erba, importante ditta produttrice di erbe medicinali. Siamo negli anni compresi tra il 1924 e il 1925: a questo periodo risale la nascita ufficiale dell’azienda Ansaloni.
Durante gli anni Venti e Trenta la figura di Arturo si afferma nella città di Bologna e, più in generale, nel settore floro-vivaistico nazionale. Notorietà che cresce soprattutto quando l’azienda trova la soluzione a uno dei principali problemi florovivaistici dell’epoca: la morìa degli olmi (Graphium ulmi) che mina l’agricoltura e la viticoltura di tutta la Valle padana. Arturo lavora in collaborazione con l’Istituto di patologia vegetale della Università di Bologna che vede, negli anni Trenta, un giovane Gabriele Goidanich operare nei primi vivai di olmi siberiani (Ulmus pumila) con liquidi e cotone, iniettando sotto corteccia l’infezione di Graphium, per testarne la resistenza comparata agli olmi campestri (Ulmus campestris). Arturo organizza una produzione su larga scala di olmi siberiani (Olmo siberansaloni) in circa 30 località della penisola (verranno poi venduti con etichetta-sigillo di garanzia per proteggere la sua azienda e gli agricoltori dalle contraffazioni) [Ansaloni 1934]. Questa impresa di lotta alla malattia degli olmi rappresenta la svolta nell’attività aziendale. Gli olmi sono, infatti, utilizzati sia nelle campagne (maritato alla vite) sia per arredare i viali cittadini.
Per questa sua spiccata capacità vivaistica Mussolini convoca Arturo a Roma perché prenda parte alle operazioni di bonifica nell’Agro pontino. Suo compito sarà quello di predisporre un piano destinato a fornire milioni di olmi per le future alberate dei 5.000 poderi assegnati a combattenti e reduci. Il terreno interessato dai vivai da impiantare copre 30 ettari in provincia di Littoria (oggi Latina). L’opera non viene però realizzata a causa dello scoppio della guerra (il vivaio che era stato impiantato viene distrutto da un incendio). Le opere di bonifica, in ogni caso, appassionano Arturo; emblematico in tal senso l’articolo scritto in occasione del viaggio compiuto in quelle terre con il «torpedone n. 8»:
Il torpedone N. 8 coi suoi 45 comodi posti tutti occupati è fra gli ultimi a partire, ma dietro se ne scorge un’altra mezza dozzina e tutti pieni in maniera che ben difficilmente potrebbe trovar posto qualche ritardatario. La lunga colonna si snoda lungo i viali che portano a S. Giovanni ed imbocca la via Appia spaziosa ed illuminata da un sole che ricorda le nostre mattinate di aprile. Osservo il cielo, interrogo me stesso per chiedermi quali sorprese ci serberà nel corso della giornata questo cielo romano, capace di darci in una giornata mutamenti ai quali noi Bolognesi non siamo abituati, cinque-sei settimane di anticipo rispetto a Bologna. […] Attraversiamo Albano, Ariccia, Genzano circondati da una ricchissima vegetazione arborea. È la buona terra beneficiata dal sole e dall’umidità che deriva dalla vicinanza di un angolo di laghetti che aiutano a mantenere nell’atmosfera quella morbidezza che richiede una lussureggiante vegetazione. […] Si penetra nel territorio dell’ONC a 60 km all’ora, velocità modesta al giorno d’oggi ma eccessiva per dei visitatori ansiosi di conoscere l’Agro Pontino nei suoi più minuti particolari. Si ha l’impressione di trovarsi dinnanzi ad uno schermo sul quale i quadri si susseguono troppo velocemente. Un rurale crevalcorese, addirittura protesta perché, dice lui, gli succede come al cinematografo che mutano il quadro quando ancora non ha finito di afferrare tutto con la sua mente. […] A questo punto un funzionario dell’ONC spiega il programma dell’Ispettorato in questo settore: nel 1942 l’Ispettorato avrà dotato la maggior parte dei suoi poderi di un’alberatura vitata, capace di offrire il vinello per i contadini di tutto l’Agro Pontino. Viti ed olmi sono già predisposti ed in via di piantagione. Siamo ad un bivio della via Appia: sulla sinistra abbiamo la strada che conduce allo scalo ferroviario, indi allo zuccherificio ed ai vivai e alla destra abbiamo un rettifilo di tre chilometri che ci conduce nel capoluogo. “Questi sono canali d’irrigazione”, spiega il tecnico che ci accompagna. Ricevono l’acqua dall’Appia e la fanno scorrere sulle terre destinate a coltivazioni irrigue. “Qui si falcia foraggio anche se va secca”, pensa un boaro che fa parte della comitiva. “E si mangiano galline come da noi”, esclama il suo vicino indicando uno stuolo di pennuti raccolti attorno ad una casa colonica. […] Il sole è al tramonto e noi pure dobbiamo far punto e basta perché a Roma ci attende il treno che ci deve riportare alle nostre case. L’insistenza dei gitanti del torpedone N. 8 fa si cha a un certo punto l’autista ferma la macchina nel centro di uno dei Castelli romani proprio davanti ad una fiaschetteria. A questo punto nell’interno del N. 8 il termometro che segna l’allegria sale di parecchie linee. Una voce metallica più o meno bene assecondata intona una canzone: “Di qua e di là dall’Appia ci stan le ferraresi…”. Il torpedone N. 8 fila attraverso la campagna romana verso la città, verso la stazione. É giornata che non dimenticheranno tanto presto i contadini bolognesi [1].
Il 1943-1945 vede la famiglia Ansaloni coinvolta nella Resistenza; Arturo è di fede socialista e dopo l’8 settembre 1943 offre conforto ai soldati sbandati, aiutandoli a nascondersi per sfuggire alla deportazione e fornendo loro abiti civili. Con il futuro sindaco di Bologna Giuseppe Dozza partecipa a incontri clandestini presso la chiesa di San Paolo in via Barberia e fornisce aiuto nella realizzazione di documenti falsi [2]. Nell’immediato dopoguerra sarà ancora Ansaloni a coordinare le operazioni di recupero dei cadaveri trucidati e sepolti nelle fosse di San Ruffillo nella prima periferia cittadina. Inoltre, assisterà alla fucilazione del torturatore fascista Renato Tartarotti.
In questi anni Arturo collabora attivamente con l’amministrazione democratica del sindaco Giuseppe Dozza e viene da lui indicato a ricoprire la carica di presidente del Mercato ortofrutticolo. Continua nel frattempo l’impegno per fare crescere l’azienda in una fase, peraltro, di generale ricostruzione del Paese.
Nel 1951, improvvisamente, Arturo Ansaloni muore. La guida aziendale passa al figlio Edo (1925-2020). Edo è, come il padre, un appassionato di meccanica, a questa si aggiunge una seconda passione, la fotografia: sin da ragazzo effettua scatti e riprese in ogni occasione utile.
Documenta così la vita familiare e aziendale e nei mesi finali della Seconda guerra mondiale, si troverà – spesso in compagnia dell’amico Walter Breviglieri – a riprendere con foto e filmati i momenti decisivi della vittoria alleata e dell’entrata a Bologna delle forze polacche. Lo stesso Edo ricorda nel sonoro che accompagna il filmato della liberazione di Bologna, visibile presso il Museo memoriale della libertà (da lui fondato a Bologna nel 2000):
Nel marzo del 1945 venni fortunatamente in possesso di una cinepresa delle forze armate tedesche. Senza alcuna esperienza mi accaparrai alcune dozzine di varie marche di 16 millimetri e ripresi dai tetti di via Marsala 20 [dove abitava con la famiglia] le ultime giornate di guerra. Le circostanze mi hanno portato a essere l’unico cineoperatore a riprendere l’entrata a Bologna delle forze armate alleate.
Alla morte del padre, Edo subentra nella conduzione dell’impresa di famiglia e assieme ai parenti e ai collaboratori la amplia portandola a livello internazionale per dimensioni e tecnologie.
Tra i primi documenti presenti nell’archivio aziendale a firma di Edo troviamo la corrispondenza con l’Azienda rilievo alienazione residuati (Arar), che aveva sede a Napoli in via della libertà 20, per l’acquisto di mezzi motorizzati e meccanici. Si tratta di mezzi militari che gli Ansaloni acquistano, ridipingono di rosso, e utilizzano per lavori agricoli e forestali. Quegli stessi mezzi, un cinquantennio più tardi, diventeranno il nucleo costitutivo della raccolta ora visitabile negli spazi del Museo (jeep, camion, bulldozer, caterpillar, semicingolati).
Nel corso degli anni Sessanta Edo diventa un personaggio pubblico noto a livello nazionale; vera e propria incarnazione del sogno americano. Molto attratto dagli Stati Uniti, Edo compie numerosi viaggi oltre oceano a partire dal 1958; in quell’anno è invitato da Paul Stark e Georges Delbard (due tra i più grandi produttori mondiali del settore): è una vera folgorazione che lo porterà a rivoluzionare tutti i campi del florovivaismo, dalla produzione alla commercializzazione e conservazione dei prodotti.
Sempre di ritorno dagli Stati Uniti apre a Roma il primo Garden center in stile americano, un centro commerciale interamente dedicato alla floricultura [Croci 2020]; l’anno successivo ne aprirà un secondo a San Lazzaro di Savena in provincia di Bologna. Entrambi i centri sono suddivisi tra negozio, serra, sala per proiezioni, biblioteca specializzata, sala convegni, spazio per bambini. Poco prima, a Sabaudia, era nato il primo vivaio europeo progettato per produrre autonomamente a ciclo completo piante ornamentali e fruttifere in vaso, secondo le tecniche studiate alla famosa Università di California a Davis.
Nel pieno del miracolo economico, i vivai Ansaloni sono un esempio della modernizzazione italiana. Giornali, settimanali, televisione e pubblicità danno risalto all’azienda. Alla fiera di Verona grande successo viene tributato a due nuovi macchinari: il Fruttabox e la Rotomatic. Cominciano anche le commesse nazionali di grande rilievo: nel 1960 Edo viene incaricato di allestire gli spazi verdi per le Olimpiadi di Roma.
Inoltre, nel corso dei suoi viaggi americani, Edo filma autostrade, caselli, stazioni di servizio, centri commerciali. É grazie a queste conoscenze che ottiene l’assegnazione dei lavori del primo tratto dell’autostrada del Sole (posa delle siepi spartitraffico e del verde per le stazioni di servizio Eni).
Godendo della fiducia e dell’amicizia personale di Enrico Mattei, a Edo viene offerta la possibilità, oltre della cura delle aree verdi nelle stazioni di servizio Agip, di aprire negozi denominati Autogarden, in cui l’azienda vende articoli per il giardinaggio. Una collaborazione commerciale che l’Eni, in quel momento, concede solo a grandi aziende come Pirelli, Pavesi, Alemagna.
Tesse, inoltre, in quello stesso decennio, rapporti importanti con i maggiori vivaisti mondiali; da questa rete di contatti introduce in Europa nuovi radicali sistemi di coltivazione super meccanizzate di vivai e frutteti, costruendo le macchine relative e introducendo nuove tecniche di produzione attraverso la nebulizzazione, i sistemi di confezioni per i supermarket delle piante per giardinaggio, lo studio e la costruzione dei primi impianti frigoriferi e tanto altro. I suoi sistemi sono all’avanguardia non solo per l’Italia ma anche per gli Usa. Edo fa parte per anni dei principali organi associativi di Confagricoltura e Confcommercio, rappresentando l’Italia in tutte le trattative comunitarie sin dalla fondazione della Comunità economica europea, ricoprendo nel campo sementi orto-fiore la carica di vicepresidente per un biennio e quindi di presidente per un altro biennio. In questo campo lavorativo crea anche una scuola di florovivaismo in azienda, rivolta ai giovani diplomati delle scuole professionali di Firenze, Ferrara e Roma. Intanto prosegue la raccolta di mezzi. Siamo andati oltre i residuati abbandonati sul suolo italiano: la ricerca si infittisce e già, forse intimamente, si fa avanti l’idea di dare un’organizzazione più consona a questi materiali capaci di rendere compiutamente un’epoca storica.
Con gli anni Ottanta e Novanta l’azienda floro-vivaistica risente dei mutamenti economici e della concorrenza che arriva da agguerriti produttori esteri. Nel contempo, all’interesse per il settore del verde subentrano nuove forme di investimento del capitale familiare. La storia vivaistica, anno dopo anno, va spegnendosi.
Nell’ultimo ventennio di vita Edo Ansaloni si dedica interamente al Museo memoriale della libertà, un luogo che ha voluto a tutti costi, sostenendo direttamente i costi per la sua realizzazione e per la sua gestione.
Bibliografia
- Ansaloni 1934
Arturo Ansaloni, La morìa degli olmi e la diffusione in Italia dell’olmo siberiano, Bologna, Edizioni Selva, 1934. - Croci 2020
Arturo Croci, Note personali. Ricordo di Edo Ansaloni, in «Il floricultore», 5 febbraio 2020, https://www.ilfloricultore.it/notizie-on-line/fatti-notizie/item/1977-note-personali-ricordo-di-edo-ansaloni.html. - La liberazione di Bologna 1995
La liberazione di Bologna rivissuta attraverso l’obiettivo di Edo Ansaloni, Bologna, Atesa, 1995. - Maggiorani, Sardone 2004
Mauro Maggiorani, Vincenzo Sardone, Libertà: i luoghi, i volti, le parole. Memorie dell’antifascismo e della Resistenza nel quartiere Savena di Bologna, Bologna, Aspasia, 2004.
Risorse
- Museo memoriale della libertà
http://museomemoriale.com - Servizio su Edo Ansaloni di Tv7, Rai 1
https://www.teche.rai.it/2017/04/21-aprile-1945-la-liberazione-bologna