Dal 7 al 9 marzo scorso si è svolto a Piacenza un convegno nazionale dedicato al tema dell’insegnamento della storia nella scuola digitale. Tema caldo, sollecitato anche dagli investimenti mirati da parte del Miur del Piano Scuola Digitale, che ha chiamato a raccolta più di 200 insegnanti delle scuole di ogni ordine e grado, oltre i 49 docenti comandati negli Istituti storici facenti capo all’Insmli. Organizzato dall’Isrec (Istituto storico della Resistenza e dell’età contemporanea di Piacenza) e curato dalla referente della sezione didattica Carla Antonini, il convegno si è posto come luogo di riflessione e confronto nel quale identificare e precisare gli orientamenti utili a gestire le trasformazioni imposte dalle tecnologie digitali. Ad alimentare il dibattito, esperti di provenienze e competenze diverse hanno esposto opinioni, riflessioni ed esperienze sul campo.
I lavori si sono aperti con l’intervento di Antonio Brusa che ha affrontato il tema della didattica della storia nell’ottica del mutamento dei materiali di studio e della materia, a seguire Paolo Ferri ha riflettuto sui paradigmi epistemologici e sulle pratiche della didattica e della formazione di fronte al mondo del digitale, infine Luisa Cigognetti ha illustrato i primi risultati di una ricerca europea sui contenuti storici nella rete. Nel corso della seconda giornata Giovanni Biondi del Miur ha espresso le attese del ministero sull’attuazione del Piano Scuola Digitale, mentre Serge Noiret ha posto al centro dell’attenzione le trasformazioni subentrate nella ricerca, nella scrittura e nella divulgazione della storia con l’avvento del digitale. Compito di Giuseppe Di Tonto e di Ivo Mattozzi trovare una sintesi possibile fra indicazioni ministeriali e pratiche didattiche sperimentate, intervento che ha aperto il convegno a un pomeriggio di workshop - condotti da Cristina Cocilovo, Paola Limone e Patrizia Vayola - dedicati all’utilizzo delle tecnologie digitali nei diversi ordini di scuola. Interessante anche il tono dell’ultima mattinata: prima della chiusura - affidata a Carla a Marcellini e a Carla Antonini sia per tirare le fila delle molte suggestioni offerte, sia per analizzare prospettive e progetti delle sezioni didattiche degli Istituti associati all’Insmli - gli interventi di Carlo Formenti e di Michele Facci hanno permesso di inquadrare la rete nell’ambito del nuovo immaginario che essa stessa impone insieme alle emozioni, relazioni e stili di apprendimento che ne scaturiscono.
A distanza di qualche settimana dal convegno resta, nettissima, l’impressione di aver contribuito a porre le basi per un’operazione di trasformazione articolata e indispensabile. Molte le questioni sollevate: la prima è che se è vero che la scuola italiana nel suo complesso possiede modeste dotazioni telematiche e carenti collegamenti necessari per renderle operative, sarebbe riduttivo porre il problema solo sul piano d’inadeguatezze tecniche e sistemiche difficoltà di rinnovamento e aggiornamento. Si tratta, semmai di valutare e gestire le potenzialità offerte da tecnologie che hanno un fortissimo impatto sia sulla vita quotidiana sia sugli stessi processi culturali: ciò che pone il docente di fronte a problemi epistemologici e di mediazione che non può affrontare da solo.
Altro argomento quello di riflettere sulla rete quale ambiente capace di farsi strumento e non finalità della didattica. Ciò che conta, come più volte ripetuto, non è tanto appiattirsi nella replica di stili relazionali e ritmi di reazione da digitale, ma selezionare itinerari entro l’esistente e/o produrre contenuti affinché il web possa essere, anche, ambiente pedagogicamente rilevante nella formazione e nell’educazione alla cittadinanza delle giovani generazioni.
È vero che il web ha una capacità potentissima di costruire, condividere e diffondere saperi, tuttavia l’insegnamento della storia deve sapere come avvalersi delle risorse presenti nella rete senza perdere la propria specificità: la classe, il manuale scolastico, il territorio, il museo, l’archivio non devono ammutolire di fronte ai nuovi media ma dialogare, controllare, selezionare, criticare i contenuti. Ambienti e giochi virtuali, e-book, social network sono strumenti validi solo se con il tramite, anche storico, di un insegnante esperto ed avvertito che sappia agire nell’ambito di un profondo mutamento in cui vecchi e nuovi modelli devono convivere e intrecciarsi.
E qui si pone un altro problema: l’insegnante del presente non è né potrà mai trasformarsi in un nativo digitale, anzi ha acquisito conoscenze e abilità in maniera differente da quella che si trova a gestire per i suoi studenti. Non a caso, nella maggior parte delle relazioni, è corsa sotto traccia la dicotomia fra insegnamento/apprendimento tradizionale e insegnamento/apprendimento nella classe digitale. Se la scuola tradizionale è basata su codici alfabetici, sistemi di apprendimento lineari e per assorbimento, stile comunicativo da uno a molti, quella digitale predilige l’apprendimento multitasking in cui la conoscenza si sviluppa per processi di condivisione e creazione, per ricerca, esplorazione e con l’uso di strumenti che arrivano a cambiare la stessa struttura neuronale dei nativi digitali.
Ma, come più volte evidenziato, è riduttivo porre la questione in termini di antitesi fra apocalittici e integrati. È vero, invece, che nulla di ciò che si declina nella didattica digitale (si pensi, a solo titolo di esempi, al cooperative learning o alla peer education) è davvero inedito nella scuola. Senza contare che talune modalità della conoscenza applicate alla didattica digitale sono le stesse che gli Istituti storici in varia misura promuovono e perseguono da anni con l’utilizzo costante di didattiche laboratoriali e delle fonti.
La scommessa imposta dall’avvento della tecnologia digitale è, dunque, quella di spingere l’acceleratore verso una direzione già intrapresa anche se non diffusa. Per questo motivo riesaminare il patrimonio di esperienze acquisite è la precondizione per didattiche che sviluppino davvero le potenzialità del digitale e che non siano, semplicemente, la continuazione di modelli tradizionali sotto le vesti di nuove tecnologie. Compito che gli Istituti storici facenti capo all’Insmli si sono dati come priorità nei prossimi mesi e che ha dato già un risultato importante nella recente pubblicazione on-line della rivista, interamente dedicata alla didattica, Novecento.org.