1. La prima edizione di Play – Festival del gioco di Modena

Con l’edizione 2021 di Play - Festival del gioco [1] si è inaugurata la conferenza annuale La storia in gioco, patrocinata dal centro interuniversitario Game science research center e dall’Associazione italiana di Public history. La conferenza è nata con l’idea di riflettere sullo strumento del gioco come medium per veicolare contenuti storici, riunendo intorno allo stesso tavolo coloro che questo strumento lo praticano già in concreto (per lo più in contesti di Public history, ma anche in quelli scolastici e universitari) mettendoli a confronto con il punto di vista degli storici accademici. La complessità dell’argomento offre naturalmente svariati spunti di analisi, dalle molteplici e specifiche modalità narrative del medium ludico, frutto sia dell’architettura del game design che dell’agency del giocatore (che sul canovaccio delle regole materialmente “costruisce” la propria esperienza di gioco), alla grande potenzialità di trasmissione e consumo di storia che le simulazioni ludiche, anche grazie alla loro natura immersiva, sono in grado di esercitare.

La prima edizione della conferenza ha primariamente mirato a fare il punto sul tema della Public history praticata attraverso il gioco, a partire dalle riflessioni contenute nel primo libro che ha tentato un approccio sistemico all’argomento: Mettere in gioco il passato [Asti, 2019], che è stato ufficialmente presentato al pubblico per l’occasione. In seguito, la conferenza ha offerto un’ampia panoramica su un ambito nel quale si assiste a un rapido proliferare di iniziative, a partire dalle ormai decennali attività del progetto Boardgame school dell’Istituto Rosselli di Aprilia, ad una serie di esperienze più recenti, accomunate da due fondamentali denominatori: si trattava di giochi analogici (giochi da tavolo, di ruolo, di carte, librigioco, urban game e Larp) con un focus specifico sulla storia contemporanea, realizzati con l’intento di trasmettere conoscenza storica su un determinato evento, processo o periodo, perché nascevano essenzialmente su iniziativa di soggetti (persone, enti o associazioni) che hanno proprio questo tra i loro obiettivi primari. Nella seconda parte sono stati presentati progetti dedicati alla storia della Resistenza: Repubblica ribelle, gioco da tavolo card-driven parzialmente collaborativo pubblicato dal Museo della Repubblica di Montefiorino, gli urban game Milano45 incentrato sulla vita di Ferruccio Parri ed Echi resistenti sulle fasi finali della liberazione di Modena prodotti dalla Rete degli istituti storici della Resistenza e infine lo spettacolo interattivo La Brigata Maiella creato dall’Associazione cronosfera.
Nella terza parte hanno avuto spazio giochi che affrontano altri temi di storia contemporanea, come Stonewall 1969, gioco di ruolo ambientato durante i moti all’origine del movimento di liberazione Lgbt+ pubblicato da Asterisco edizioni, il gioco di carte Colpo di stato sul golpe Borghese e il librogioco Chi è chi ambientato nella Ddr pubblicati da WeAreMuesli, oltre ai prototipi Eretz Israel, wargame dedicato alla nascita dello Stato di Israele e Strategy of Tension gioco da tavolo sugli anni di piombo. Al termine del convegno, la teoria ha incontrato la pratica e sono stati allestiti tavoli dimostrativi “gioca con l’autore” di Stonewall 1969 di Stefano Burchi, Eretz Israel di Giaime Alonge e Riccardo Fassone, Repubblica ribelle di Glauco Babini, Chiara Asti e Gabriele Mari.

Fig. 1. Play – Festival del gioco di Modena, edizione 2022. L’incontro con Volko Ruhnke.
Fig. 1. Play – Festival del gioco di Modena, edizione 2022. L’incontro con Volko Ruhnke.

2. La seconda edizione

Nell’edizione 2022 [2] il focus si è spostato abbracciando anche l’ambito videoludico, ma soprattutto cercando di riflettere su giochi che nascono principalmente come prodotti da immettere sul mercato, pur con un occhio spesso molto attento alla storia e alla storicità. Il modo migliore per approcciare il tema è sembrato quello di rivolgersi a chi questi giochi li ha creati e li crea: ecco perché la parte iniziale dell’evento è stata dedicata a brevi interviste ad alcuni game designer e sviluppatori. Ha aperto un dialogo con Volko Ruhnke, l’ospite d’onore dell’edizione 2022 di Play, ex analista della Cia e inventore del fortunato sistema Coin [3].

Rimanendo in ambito di boardgame e gioco analogico, Gabriele Mari ha parlato della ricerca storica alla base del suo lavoro di game designer di produzioni storicamente situate e della sua attività di educatore ludico, mentre Paolo Mori si è concentrato in particolare sul difficile compromesso tra attendibilità storica e giocabilità. Sul lato videogame invece, Jos Hoebe ha approfondito il lavoro della società olandese BlackMill (di cui fa parte), che fa dell’accuratezza del dettaglio storico uno dei suoi principali punti di forza, come dimostra Isonzo [4], gioco sulla Grande guerra uscito nell’estate del 2022. Infine, Luca Dalcò, fondatore e Ceo della casa di produzione indipendente Lka, ha sottolineato l’importanza di mescolare linguaggi e generi anche nel momento in cui si scelga di creare simulazioni ludiche storicamente situate, come dimostrano le cupe ambientazioni thriller-horror di The Town of Light e Marta is Dead. [5]
Il confronto, piuttosto serrato per i tempi imposti dall’evento, ha rivelato alcuni interessanti punti in comune, persino tra l’approccio digitale e quello analogico, spesso ritenuti due mondi separati e poco permeabili [6]. E invece è stato curioso notare come, nella creazione di entrambi i tipi di esperienze, molti sviluppatori (in particolare Mari e Dalcò) abbiano attinto al patrimonio di storie locali, di memorie, fonti e documenti presenti in archivi e comunità dislocati sul territorio. Un’attenzione che è anche nel lavoro dello storico e in particolare del public historian. D’altro canto, sono emerse anche alcune significative differenze di approccio. Uno iato palesato con grande evidenza in un momento particolare di una delle interviste, quando si è discusso sull’opportunità di inserire o meno l’elemento dello schiavismo all’interno di un gioco ambientato nell’antica Roma: essenziale, ad avviso degli storici, per restituire un tassello imprescindibile della struttura sociale dell’epoca; controproducente, in un gioco che ambisce a essere acquistato e fruito da nuclei familiari, secondo lo sviluppatore che lo ha creato. La distanza di approccio è dunque ben presente, sebbene non incolmabile.
La seconda parte dell’incontro, invece, ha dato spazio ad alcuni “casi studio”, ovvero l’analisi di come la storia viene veicolata in alcuni prodotti ludici che hanno avuto un successo innanzitutto commerciale. Si è quindi esaminato innanzitutto come viene raccontata la Grande guerra in Battlefield 1 [7], con un rapido accenno anche alle polemiche scatenatesi nel nostro paese sul tema della sacralità del primo conflitto mondiale [Fassone 2021]. In seconda battuta si è poi esplorato l’immaginario medievale in The Witcher 3 [8] e riflettuto su quanto la complessità del gioco riesca a suscitare decise risonanze storiche anche con la contemporaneità e in particolare con la difficile situazione della Polonia (paese di origine della casa di sviluppo) nel 1939-40. In tema di boardgame, Radetzky [9] è stato oggetto di un esame piuttosto critico riguardo alla sua rappresentazione non sempre precisa e coerente delle Cinque giornate di Milano, a cui ha fatto da contraltare l’efficacia di Westphalia [10] nel rendere le complesse sfaccettature della politica e della diplomazia nell’età moderna. Successivamente, poiché è inutile parlare di giochi se poi li lasciamo chiusi nelle loro scatole, lo spazio è stato riservato, come nel 2021, a partite dimostrative. Quest’anno abbiamo giocato a Una vittoria impossibile di Paolo Mori, Torino 1969 - La battaglia di corso Traiano presentato dagli studenti di Giaime Alonge e Riccardo Fassone, Memorie coloniali di Glauco Babini e Andrea Ligabue e Repubblica ribelle di Glauco Babini, Chiara Asti e Gabriele Mari.

Bibliografia

  • Asti 2019
    Mettere in gioco il passato. La storia contemporanea nell’esperienza ludica, a cura di Chiara Asti, Unicopli, Milano, 2019
  • Fassone 2021
    Riccardo Fassone, La guerra ingiocabile. Approcci videoludici alla prima guerra mondiale, in La Grande Guerra e la memoria contemporanea: cinema, televisione e cultura visuale (1914-2018), a cura di Giaime Alonge, Sara Zanatta, Fondazione Museo storico del Trentino, Trento, 2021, pp. 246-257.

Risorse


Note

1. Per approfondire: www.play-modena.it/. La conferenza è registrata e visibile sul canale YouTube del festival, https://youtu.be/tHFGxQqpNqY.

2. L’evento è disponibile al link https://youtu.be/D37k7Nwgt8g.

3. Il termine Coin deriva da COunter-INsurgent, che in italiano si traduce con “controinsurrezione”. È un sistema di wargame atipico, in cui vengono simulate situazioni di guerra asimmetriche (ad esempio tra eserciti regolari e ribelli/guerriglieri). Spesso non vi è un preciso fronte di guerra ma varie zone in cui le fazioni possono avere o meno controllo del territorio.

4. Isonzo (BlackMill, 2022).

5. The Town of Light (Lka, 2016) e Marta is Dead (Lka, 2022).

6. In parte a ragione: sono linguaggi spesso molto differenti, la cui analisi nasce da un lato nei media studies, dall’altro nella sociologia.

7. Battlefield 1 (Digital illusions creative entertainment, 2016).

8. The Witcher 3. Wild Hunt (Cd Project Red, 2015).

9. Radetzky: Milano 1848 (A Barbieri, M Garavaglia, P.S. Martensen, 2018).

10. Westphalia (Hollandspiele, 2019).