Come noto a tutti, nel Secondo tragico Fantozzi i dipendenti della Mega-Ditta vengono obbligati, in seguito a un’insurrezione (erano stati costretti a partecipare al periodico Cineforum organizzato dalla dirigenza, che impediva loro di vedere la partita della Nazionale), a rifare, «tutti i sabati pomeriggio, fino all’età pensionabile», la scena principale de La corazzata Kotiomkin, evidente riferimento al capolavoro di Ėjzenštejn, La corazzata Potëmkin. Nell’ultima afosa domenica del giugno 2017, un “manipolo di spiritosi audaci” si è trovato nei pressi della scalinata del Pincio a Bologna e ha inscenato all’imbrunire la suddetta scena. Io ero in questo gruppo e, insieme ad altri estimatori del genere cinematografico, vestivo i panni del cosacco: armati di rastrelli, ombrelli e scope, aprivamo il fuoco sui popolani in fuga. L’idea era stata innescata dalla programmazione della versione restaurata del film di Ėjzenštejn, con esecuzione della partitura originale da parte della Filarmonica del Teatro Comunale di Bologna, per lunedì 26 giugno, all’interno della rassegna de Il Cinema Ritrovato.

Fig. 1. Un “manipolo di spiritosi audaci” (foto di Margherita Caprilli)
Fig. 1. Un “manipolo di spiritosi audaci” (foto di Margherita Caprilli)

Fig. 2. I “cosacchi” (foto di Lorenzo Burlando)
Fig. 2. I “cosacchi” (foto di Lorenzo Burlando)

Dopo qualche giorno, proiettato il video sul megaschermo di Piazza Maggiore (e caricatolo su Youtube), smaltita la sbornia (dovuta al caldo, sia chiaro) di questa avventura, ho cominciato a chiedermi perché lo avessi fatto. Ovvero: che cosa abbiamo realmente fatto?

Fig. 3. La proiezione in piazza Maggiore (foto di Lorenzo Burlando)
Fig. 3. La proiezione in piazza Maggiore (foto di Lorenzo Burlando)

Premettiamo una cosa, io non avrei fatto nulla: né il cosacco (ma la mia compagna, entusiasta, mi ha praticamente obbligato), né scrivere qui, ma l’ampio dibattito seguito alla morte di Paolo Villaggio mi ha fatto riflettere, inducendomi a ritornare alla domanda sul che cosa abbiamo fatto quel giorno. E forse si può offrire una prospettiva nuova, ragionando su quelle scene in cui cercavamo un nuovo punto di contatto tra Fantozzi e il film di Ėjzenštejn: due film all’opposto. Entrambi sono strutturati in capitoli, ma se di Fantozzi ormai si guardano gli sketch e più difficilmente il film intero, La corazzata Potëmkin si guarda tutto d’un fiato, a bocca aperta.

Dopo la scomparsa di Paolo Villaggio, si è animata in rete una polemica sul rapporto tra Villaggio/Fantozzi e il capolavoro russo. Senza volerlo consapevolmente, noi ci siamo messi proprio a metà tra le due opere, in un’intercapedine, in una fessura. Lo abbiamo fatto inconsciamente, per divertirci. Ma niente è più serio del gioco.

Serio, perché come hanno scritto i Wu Ming, la scena de Il secondo tragico Fantozzi, che poi è il nucleo dell’intero film, è «una parodia colta e per nulla anti-intellettuale», perché Fantozzi ricrea modo suo la ribellione alla Corazzata della Mega-Ditta. Ma noi non abbiamo fatto questo: nel nostro remake manca la parte iniziale, c’è una scena, ma manca il contesto del film. Estraendola dal contesto, l’abbiamo trasformata. Abbiamo provato a fare quello che fa Fantozzi stesso: rifacendo la scena, la “punizione”, con cui lui ha reso immortale la “vera” Corazzata (in Italia, in pochissimi hanno visto La corazzata Potëmkin, ma tutti la conoscono tramite Fantozzi) abbiamo reso Fantozzi immortale, lo abbiamo messo sul piedistallo del Cinema, quello grande, maiuscolo. Un piedistallo da cui Villaggio aveva allo stesso tempo tolto e legato a doppio il filo il film di Ėjzenštejn, lamentando il suo essere una «cagata pazzesca» ma insieme imprimendolo nella memoria di tutti. Noi, invece, abbiamo preso la scena delle scene, il remake a cui i dipendenti vengono obbligati, e lo abbiamo fatto divertendoci, per gioco, non per obbligo. Abbiamo fatto a Fantozzi quello che lui fa a Ėjzenštejn, quando dà della cagata a un film che cagata non è, obbligato a vedere un film che si guarda per pure godimento: in quell’occasione Fantozzi dissacra un classico e lo rende immortale per quello che non è. Noi abbiamo scelto, in modo divertito e spensierato, di interpretare «una punizione da girone dantesco», elevando il remake di Fantozzi, rendendolo sacro e immortale, e “ritrovandolo” nella storia del cinema (non a caso lo abbiamo girato in bianco e nero, perfettamente inserito nel clima del festival del Cinema ritrovato della Cineteca di Bologna). Abbiamo ribaltato una punizione in una appassionata ricreazione.

Ma c’è dell’altro. Come è già stato notato dai Wu Ming, qualcosa di profondo si muove sottotraccia nella scena del remake fantozziano. I richiami alla Corazzata, infatti, innervano tutto l’episodio del cineforum, che è un sottile remake del film in tutte le sue parti: «il cineforum è la corazzata, gli spettatori i marinai insorti, la sala occupata Odessa». Ma c’è di più: la «cagata pazzesca» contro cui si scaglia Fantozzi non è la Corazzata Potëmkin di Ėjzenštejn. I dipendenti della Mega-Ditta stanno guardando La corazzata Kotiomkin, una «personalissima bobina», non l’originale russo. Di conseguenza, la ribellione di Fantozzi non è contro il cinema d’autore russo, né contro gli intellettuali, né contro la rivoluzione o le rivoluzioni, ma è contro l’abuso di potere, contro chi sfrutta e inganna. È contro chi, in questo caso, ammanta di capolavoro qualcosa che capolavoro non è, annacquando la ribellione in un rifacimento illusorio, perché quello che viene visto dai dipendenti non è l’opera originale, ma un film finto, un altro remake, probabilmente girato dal prof. Guidobaldo Maria Riccardelli (o da altri come lui) sfruttando altri lavoratori, così come gli stessi dipendenti della Mega-Ditta saranno costretti a fare, in un circolo senza fine.

Le ribellioni terminano nel sangue, così come l’ammutinamento dei marinai del Potëmkin. Sarà solo la rivoluzione russa, di cui questo evento viene visto come prodromo, a rendere giustizia di quella ribellione sulle scalinate di Odessa. E qual è, sempre che ci sia, l’evento che renderà giustizia a Fantozzi e, con lui, a tutti i lavoratori sfruttati e ingannati da Riccardelli & co.?

Siamo stati noi, maestro? Forse per questo abbiamo fatto il remake del remake del remake? Forse solo così abbiamo reso immortale Fantozzi e lo abbiamo liberato, con il nostro gioco, dallo sfruttamento dei dirigenti della Mega-Ditta, dagli sfruttatori, dagli ingannatori, seppelliti dalle nostre risate di una calda giornata di fine giugno. O forse no. Forse l’abbiamo fatto solo con incoscienza. Avremmo sempre voluto farlo; forse, semplicemente, non lo sapevamo. Ma ci siamo divertiti. E, attraverso la consacrazione della proiezione sul megaschermo di piazza Maggiore a Bologna, per il Cinema ritrovato, la punizione di Fantozzi, nell’esilarante e dissacrante remake del remake del remake, diventa un omaggio elevato al quadrato: al capolavoro russo, alla genialità di Villaggio, alla liberazione, attraverso il cinema, da qualsiasi punizione e sfruttamento.

Fig. 4. Foto di Lorenzo Burlando
Fig. 4. Foto di Lorenzo Burlando


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