L’esploratore perso nell’oblio. Vittorio Bottego tra mito, storia e rimosso coloniale, a cura di Andrea Bui e Latino Taddei, Padova, Pgreco, 2022.

Questo volume nasce dalla voglia di fare luce sull’esploratore parmigiano e sui suoi tempi, provando così a restituire significato a quei nomi esotici appioppati alle nostre vie, sulla scia di molte iniziative che negli ultimi anni sono state organizzate, come Resistenze in Cirenaica a Bologna o Viva Menilikki a Palermo – senza dimenticare come, ad altre latitudini, la discussione sui retaggi coloniali sia all’ordine del giorno e mostri tutta la sua importanza nelle parole e nelle pratiche dei movimenti contro le discriminazioni razziali [Bui, Taddei 2022, 7].

Con queste parole Andrea Bui e Latino Taddei perimetrano non semplicemente il campo storiografico entro cui si muovono i sette saggi componenti il volume da loro curato, intitolato L’esploratore perso nell’oblio. Vittorio Bottego tra mito, storia e rimosso coloniale; piuttosto, i curatori individuano quello che è l’asse portante del lavoro ovvero la costruzione sociale, culturale e odonomastica del “mito” dell’esploratore parmigiano da fine Ottocento fino ai giorni nostri. Temi questi già trattati dalla storiografia – si pensi, ad esempio, ai lavori fondamentali di Francesco Surdich o al volume del 1992 curato da Nicola Labanca Il Giuba esplorato, contenente l’edizione critica ai diari dell’esploratore contestualizzati da diversi contributi – ma che in questo caso ricevono una rinnovata interpretazione alla luce dei dibattiti nazionali e globali che, ormai da anni, interrogano come le eredità degli imperi ancora infestino gli spazi urbani, ma anche culturali e legali degli ex centri metropolitani. Il volume, quindi, va a elaborare queste riflessioni applicandole alla figura di uno dei “padri” dell’esplorazione coloniale italiana, a lungo esaltato in maniera acritica – visto che erano ben note le pratiche violente a cui ricorreva durante le missioni in Africa – e a cui sono intitolati numerosissimi edifici, spazi e monumenti pubblici non solo nella sua città natale, ma anche nel resto dell’Italia. In questo senso, dinamiche locali, e per certi versi microstoriche, vengono poste in relazione con più ampie elaborazioni teorico-critiche che vanno a decostruire le architetture culturali, ma anche sociali e materiali, attraverso cui i colonialismi e i razzismi continuano ad abitare in maniera più o meno silente la contemporaneità in cui viviamo.

La figura controversa e la costruzione mitopoietica dell’esploratore parmigiano, morto a fine Ottocento in Etiopia e da allora ricordato quale archetipo dell’italiano intrepido e avventuroso, viene tratteggiata nel suo divenire storico nella prima sezione del volume, in particolare nei primi quattro saggi. Andrea Bui sintetizza il variegato contesto italiano ed europeo entro cui si mosse l’esploratore, rimarcando come le esplorazioni dell’Africa servirono, di fatto, alla sua conquista politica ed epistemica. Anche Latino Taddei, usando la bibliografia presente sull’argomento, offre una ricostruzione critica della vita di Bottego, facendo emergere però una lettura non agiografica della sua figura. Questi due contributi sono certamente propedeutici allo sviluppo degli altri saggi. Il lavoro di Emanuele e Filippo Marazzini si addentra nel dominio della storia culturale, tratteggiando la costruzione letteraria del mito di Bottego e ponendo in risalto come la dialettica tra realismo ed esotismo abbia permesso la definizione di una memoria letteraria positiva della sua azione; memoria resiliente sia ai vari sconvolgimenti storico-politici che hanno attraversato l’Italia del Novecento sia alle letture critiche di questa figura che, come visto in precedenza, si sostanziarono a livello storiografico a partire dai primi anni Ottanta. Ponendosi in continuità con quest’ultima interpretazione, il saggio di Lorenzo Tore individua significative continuità di lungo periodo nella rappresentazione visuale (cinematografica e televisiva) dell’esploratore. Le opere filmiche e televisive esaminate, buona parte delle quali note agli studi sul tema, sono in questo caso sistematizzate in modo da svelare come l’esaltazione del militare e “pioniere” di Parma abbia di fatto interessato e travalicato diversi formati, in un continuo rimando intermediale che, tuttavia, è stato incapace di criticare apertamente le pratiche violente di Bottego e la sua mancanza di scrupoli (elemento che, secondo Tore, è emerso solamente negli ultimi anni).

Il lavoro di Sofia Bacchini Svelare il fato africano. Il Museo Zoologico Eritreo “Vittorio Bottego” si pone come trait d’union tra i già citati saggi sulla mitopoiesi dell’esploratore nella cultura italiana e quelli successivi, riguardanti più specificamente la dimensione locale, per certi versi micro-storica, delle eredità della sua figura nel tessuto urbano e socio-culturale di Parma. Concentrandosi sul Museo Zoologico Eritreo di Parma, vetrina che permise a Bottego di esporre vari tipi di collezioni e oggetti provenienti dalla colonia eritrea, Bacchini offre uno spaccato di quanto le pratiche espositive siano state decisive nella costruzione di un’idea di Africa funzionale al progetto coloniale italiano. Tematiche, queste ultime, già al centro di articolate indagini di ampio respiro sulla costruzione dell’esotico e sulle eredità materiali del colonialismo negli spazi pubblici e privati delle italiane e degli italiani. I lavori di Margherita Becchetti e Latino Taddei chiudono metaforicamente questo percorso, studiando la storia – nel primo caso – e la funzione memoriale (nel saggio di Taddei) di uno dei monumenti coloniali più evidenti d’Italia, ovvero l’imponente statua a Vittorio Bottego eretta davanti alla stazione ferroviaria di Parma. Concentrandosi sull’edificazione e sul ruolo di questo memoriale nel tessuto cittadino vengono poste in luce non solo le dinamiche che portarono all’esaltazione dell’esploratore per fini meramente contingenti, ma anche le resistenze – o l’indifferenza – rispetto a quel ricordo materializzato e ai connotati politici a esso legati.

Allargando l’orizzonte interpretativo, e cercando un filo conduttore capace di connettere i saggi, emerge innanzitutto la complessa dialettica storica tra esaltazione e valutazione critica, con quest’ultimo elemento che ha stentato ad affermarsi rispetto a una lettura egemonica che ha visto l’esploratore – ma, più in generale, gli esploratori nazionali – divenire simboli di virtù da imitare, e dunque modelli da seguire. L’edificazione di monumenti, o l’intitolazione di vie e piazze, è servita così a proiettare il passato nel presente e a creare dei modelli attorno ai quali si potesse coagulare una certa idea d’identità locale e nazionale, ma anche occidentale-eurocentrica. Il pregio della curatela risiede proprio nel connettere dinamiche di ricerca locali a più ampie riflessioni sul portato materiale e culturale del colonialismo – e dei suoi agenti – nel tessuto connettivo della società italiana. In questo senso, attingendo dalla storiografia sul tema ed espandendola, le autrici e gli autori hanno attualizzato la necessità di un’analisi critica della figura di Bottego, indagine che parte dallo studio delle eredità materiali e culturali per arrivare a comprendere la strumentalità della sua figura all’interno del progetto coloniale nazionale. L’esploratore perso nell’oblio offre quindi una meritoria elaborazione storiografica, che si indirizza anche a un pubblico non necessariamente specialistico, alla luce di una rinnovata consapevolezza sulle dinamiche memoriali concernenti la stagione espansionistica nazionale e occidentale.