Introduzione
si ricomincia per tutta Firenze. Non ci si cheta, si spara. Dove c’è un buco e ti ci puoi infilare col tuo fucile, lì miri e tiri. Finchè ti restano pallottole e fiato. E non ti acchiappano e non ti spaccano la testa e il cuore. Inutile stare a farci su il piantino. Ce la siamo cercata: proprio così. È quel che s’è scelto. La bella morte la cantiamo e alla fine ci tocca [Bernardi Guardi 2015, 23].
L’immagine dei franchi tiratori nell’agosto del 1944 a Firenze, nelle giornate convulse della battaglia per la Liberazione della città – qui richiamata attraverso le parole di un recente romanzo che, evocandola con i tratti di un’epica tragica, non ha mancato di suscitare polemiche –, simboleggia quel tratto violento che segna tutta la parabola del fascismo e la stessa esperienza della Repubblica sociale in questi territori, basti pensare all’opera della “banda Carità” a Firenze – e più in generale a quella di vecchi squadristi e dei reparti repressivi nei diversi contesti locali –, legittimata dalla propaganda, dalle direttive e dai silenzi delle istituzioni, ma anche all’azione delle brigate nere toscane nelle province del nord dopo l’estate del ’44, messa in luce dagli studi di Andrea Rossi [Rossi 2006]. Un aspetto strutturale, qualificante, prevalente, ma a cui non sarebbe corretto circoscrivere l’esperienza della Repubblica sociale italiana (Rsi) e che non può essere effettivamente compreso senza tener conto del contesto complessivo e delle diverse fasi che compongono la pur breve parabola del fascismo repubblicano.
Del resto, come la più recente storiografia ha chiaramente evidenziato, la Rsi, sorta dietro lo scudo delle armi naziste, non è solo l’espressione delle esigenze della politica di occupazione e sfruttamento della penisola da parte del Terzo Reich, ma anche un tentativo del fascismo di tornare a governare il Paese e ristabilire una connessione reale con il popolo italiano. Per raggiungere quest’ultimo obiettivo, oltre ad una sistematica azione propagandistica, per il nuovo governo mussoliniano è fondamentale ripristinare quel sistema binario di repressione e assistenza che aveva garantito accettazioni e adesioni degli italiani negli anni del Ventennio. Un’impresa resa ardua – e forse impossibile – dal contesto bellico (già sperimentato nei mesi precedenti e adesso aggravato dalla presenza angloamericana nella penisola), dalle crescenti forme di disaffezione e opposizione diffuse fra la popolazione e anche dal rapporto dialettico – e subordinato – con il potente alleato nazista. La realtà del conflitto piega e determina ogni altra dinamica e prospettiva: trasforma la comunicazione in propaganda di guerra, incide sulle condizioni di vita e sui comportamenti della popolazione, rende precario il rinnovato tentativo di inquadramento della società. Ciò tuttavia non deve portare a disconoscere la complessa – spesso frammentata e velleitaria – strategia del governo del territorio che la Rsi porta avanti. Piuttosto proprio l’analisi delle sue dinamiche e dei suoi limiti può contribuire a comprendere la dimensione della violenza non solo come componente essenziale di un’identità e di una pratica politica, ma anche come risposta al sostanziale fallimento delle strategie di governo del territorio, come sottolineato anche da Amedeo Osti Guerrazzi [Osti Guerrazzi 2012, 163].
La Toscana appare un caso di studio significativo per approfondire queste tematiche. Culla dello squadrismo, pronto a riemergere nei suoi esponenti più radicali dopo il crollo del regime e l’armistizio dell’8 settembre, terra d’origine di parte significativa della classe dirigente nazionale della Rsi, a partire dal fiorentino Alessandro Pavolini segretario del Partito fascista repubblicano (Pfr), fra l’autunno del ’43 e la primavera del ’44 essa è al tempo stesso uno spazio, sufficientemente lontano dalla prima linea, nel quale il nuovo Stato porta avanti il suo progetto di governo e di amministrazione dei territori. Così da Siena a Firenze, a comuni più piccoli e periferici, le federazioni e le istituzioni locali cercano di ripristinare una normalità scandita dalle manifestazioni di regime, dalla celebrazione della marcia su Roma alla Befana fascista, all’anniversario della fondazione dei fasci, dalle sottoscrizioni “pro armi alla Patria” all’attuazione di pratiche assistenziali, dalla lotta al mercato nero all’organizzazione di ospedali e attività a favore di militari feriti e convalescenti. Ma il contesto bellico condiziona questo sforzo, non solo in una realtà particolare come quella di Livorno, ridotta a città fantasma dai bombardamenti e dalle politiche di sfollamento della costa, ma anche negli altri territori, tanto più a partire dalla primavera del ’44 a fronte del rapido peggioramento della situazione bellica [Mazzoni 2006].
In questa stessa regione si assiste ad una fioritura ampia ed articolata della stampa che esprime tutte le diverse tendenze del fascismo di Salò. Vi sono i quotidiani: “la Nazione” e “Il nuovo giornale” (edizione pomeridiana) di Firenze e “il Tirreno” di Livorno. Nel capoluogo regionale, sono presenti periodici sostenitori di una linea nazional-patriottica, come “Rinascita” o “Italia e civiltà” – diretto da Barna Occhini, genero di Giovanni Papini –, cui collaborano intellettuali come Ardengo Soffici, Primo Conti, Enrico Sacchetti, Giotto Dainelli, poi podestà della città [1]. Ma soprattutto in ogni provincia sono pubblicati i giornali delle federazioni: “Repubblica” a Firenze, diretta dallo squadrista Bruno Scheggi triumviro della Federazione, “Il Ferruccio” a Pistoia, “La Maremma” a Grosseto, “L’Artiglio” a Lucca, “Giovinezza repubblicana” ad Arezzo. Questi ultimi sono propagatori delle tendenze più radicali ed intransigenti ad opera di piccole redazioni composte non tanto da giornalisti professionisti, con l’eccezione di Alessandro Del Vita direttore di “Giovinezza repubblicana”, quanto da giovani studenti, squadristi ed esponenti dei fasci locali riuniti in piccole ma agguerrite redazioni. Sono figure tanto anonime quanto espressione di componenti significative del fascismo repubblicano, che collaborano anche a più testate, come nel caso di Gian Forzoni e Ludovico Taddei che collaborano a quelle lucchese e fiorentina o di Gioacchino Contri che scrive su “Repubblica” e anche su “Il nuovo giornale”, così come lo squadrista Mario Vannini. Obiettivo comune è formare i lettori all’identità del fascismo repubblicano (finalità esclusiva dei periodici nazional-patriottici come “Italia e civiltà”) e, al tempo stesso, informarli del progetto politico nazionale e delle linee di amministrazione del territorio a livello locale, così da ottenere consenso e mobilitazione. Pur nella sporadicità dei numeri, essi sono quindi una fonte essenziale per cogliere sia le rappresentazioni che il fascismo repubblicano offre di se stesso e dei propri nemici, sia le sue scelte e strategie di governo.
Senza alcuna pretesa di offrire un quadro della Rsi in Toscana, già peraltro messo in luce dalla storiografia, questo contributo intende evidenziare come i periodici delle federazioni rappresentino il governo repubblichino della società toscana, quali aspetti prediligano, individuandoli come prioritari, quali limiti segnalino esplicitamente o implicitamente, riservando una specifica attenzione all’area fiorentina e pistoiese per le quali è conservata una documentazione più significativa di fonti a stampa.
1. Esistere e organizzare
Nel caotico contesto del settembre del ’43, a fronte dei profondi mutamenti istituzionali, politici e militari che travolgono le vite degli italiani, il primo obiettivo dei fascisti è segnare la presenza sul territorio, delineando la propria identità e, evidenziando la propria effettiva operatività, così da affermarsi, in primo luogo nei confronti dell’alleato nazista, come soggetto autonomo. Il discredito del regime e la durezza delle condizioni di vita a seguito del conflitto rendono l’operazione estremamente ardua, tuttavia le federazioni e le nuove istituzioni si muovono con determinazione, spesso in una condizione di isolamento registrata dalle stesse autorità locali, come annota ad esempio il prefetto di Lucca nel settembre del ’43: «riapertasi locale Federazione Fascista. Evento ha prodotto viva soddisfazione tra elementi squadristi e fascisti più fedeli, mentre è stato accolto con indifferenza dalla popolazione» [2].
Per questo una delle prime funzioni della stampa fascista è attestare l’esistenza del nuovo Stato e la ripresa del partito, attraverso una puntuale descrizione dei processi di organizzazione delle strutture locali. Corollario ne è la denuncia dei «traditori e profittatori» che segna l’identità del nascente Pfr quale soggetto legato ai valori delle “origini”, privo di quei legami e di quelle contaminazioni cui è imputata la crisi del regime [Osti Guerrazzi 2012, 131-138].
In particolare i periodici toscani danno immediatamente conto della ripresa delle attività dei fasci tendenzialmente ad opera di squadristi ed esponenti radicali “della prima ora”, emarginati negli anni del regime, o di giovani e giovanissimi forgiati dalla retorica di regime, come Raffaele Manganiello capo della provincia e commissario straordinario della Federazione a Firenze, Mario Piazzesi a Lucca, Mariano Pierotti a Pisa, Nicola Benagli in Apuania, Alceo Ercolani a Grosseto, Giuseppe Giovine a Pistoia, Bruno Leoni e Bruno Lorenzoni federali ad Arezzo e Pistoia [Mazzoni 2006] [3].
Non a caso “Repubblica” apre il primo numero, il 26 settembre ’43, comunicando che la Federazione fiorentina è stata riaperta dal giorno 18, anche se il successivo invito a segretari di fascio e ispettori di zona a presentarsi per riprendere i propri posti lascia intendere che la macchina organizzativa debba essere in realtà ancora messa in moto. Il giornale segue quindi il processo di ricostituzione della Federazione e del fascio cittadino, in particolare con la costituzione dei gruppi rionali che assumono funzioni essenziali nel settore dell’assistenza [4].
Al tempo stesso ne viene promossa un’immagine unitaria così da trasmettere un messaggio di forza ed efficacia. Sono celate le diversità di posizioni che attraversano il gruppo dirigente della città del Giglio – pur a fronte di una significativa prevalenza della componente più intransigente e radicale – e i limiti significativi nel processo di riorganizzazione, sottolineati in dicembre da una nota della Questura fiorentina: «La ripresa fascista, sotto la forma repubblicana sociale, non è stata e non è facile» [5].
Non si tratta peraltro solo di una tendenza fiorentina. A riprova di una funzione eminentemente politico-propagandistica, questi periodici nascondono criticità e divisioni che pure segnano le vicende della Rsi in Toscana. Da un lato il processo di formazione del Pfr – alimentato e guidato da gruppi decisi, ma minoritari e radicali – trova forti limiti riscontrabili sia nella difficoltà a individuare un personale amministrativo da porre alla guida dei comuni, sia nella fragilità degli apparati amministrativi e burocratici delle istituzioni statali (dalle prefetture alle questure): accusati sia ad Arezzo che a Siena e Pistoia di «tirare a campare», di attendismo e di evidente mancato patriottismo. Dall’altro lato non mancano tensioni fra i vertici della Rsi sul territorio, spesso contrapposti nella divisione del potere locale fra linee più moderate e più radicali. Una conflittualità che ad Arezzo esplode nel duro scontro fra il capo della provincia Bruno Rao Torres e il federale Leoni, concluso con la sostituzione del primo nel maggio del ’44, a conferma della forza delle correnti intransigenti. Anche i conflitti fra i diversi corpi preposti alla gestione dell’ordine pubblico ed in particolare fra polizia di Pubblica sicurezza e Guardia nazionale repubblicana (Gnr) sono diffusi [Mazzoni 2006; Pardini 2001] [6]. Tutti elementi che contribuiscono in molti casi a privare la Rsi di una reale credibilità, base essenziale per l’acquisizione di consensi, come nota ad esempio il comando della Gnr di Pistoia:
alcuni esponenti del PFR non sono giudicati all’altezza dei compiti loro affidati […] La prima conseguenza di questo stato di cose è la mancanza di quel consenso di cui il nuovo movimento politico ha tanto bisogno [7].
Tuttavia gli stessi periodici delle federazioni fanno intravedere, in forme più o meno esplicite, come la realtà sia molto più complessa della rappresentazione che offrono sulle proprie pagine. La mancata adesione di ex segretari di fascio e gerarchi è chiaramente denunciata dalle colonne del periodico della Federazione pistoiese “Ferruccio” che, riportando le parole del capo della provincia, ne stigmatizza lo «spregevole comportamento» [8]. Mentre, ad esempio, sul periodico fiorentino, la notizia della formazione del fascio di Fiesole ad inizio dicembre ne testimonia implicitamente le difficoltà [9]; del resto nel territorio provinciale erano stati ricostituiti solo 14 fasci su 49 a fine ottobre. La stessa comunicazione del costante slittamento della data di chiusura delle iscrizioni al Pfr dal 23 al 31 ottobre, al 20 novembre a data che resta significativamente indefinita, appare un segnale chiaro delle difficoltà di ricostituire il corpo del partito; processo peraltro, osteggiato dalle componenti più intransigenti che lo concepiscono come milizia scelta – e quindi elitaria – in netta contrapposizione con l’esperienza del regime [10].
Ancora peggiore appare la situazione in altre province: ad esempio nel grossetano, dove pure prima del gennaio del ’44 erano stati riaperti 94 fasci comunali, il giornale della Federazione “La Maremma” informa che lo svolgimento della prima riunione degli ispettori di zona della provincia si è tenuta solo il 25 aprile 1944 e il giorno successivo la prima assemblea degli iscritti del fascio di Grosseto; mentre il periodico della Federazione lucchese “L’Artiglio” deve amaramente constatare in relazione alle iscritte al fascio femminile del capoluogo: «Non molte. Una volta erano tante» [11]. Del resto già Giuseppe Pardini nel suo saggio su Lucca nella Rsi, sottolineava come
Negli ultimi mesi del 1943 l’attività del governo repubblicano fu frenetica nel tentativo di riorganizzare una efficiente struttura amministrativa. Tuttavia, la fretta di fare le cose, la estrema indecisione operativa, il continuo confronto con l’alleato “occupante”, la sfiducia con la quale gran parte della popolazione guardava alla Repubblica, contribuirono a generare una enorme confusione generale [Pardini 2001, 175].
Nonostante i gravi limiti reali, proprio gli articoli e le rubriche dei giornali sono fonti puntuali per assumere indicazioni sulla presenza del Pfr sul territorio, coglierne le dinamiche nei confronti della popolazione, anche se la sporadicità delle fonti impedisce un riscontro dettagliato all’infuori del caso fiorentino. “Il nuovo giornale” presenta infatti le rubriche “Dalle città d’Italia” e “Cronaca fiorentina”. Particolarmente interessanti sono quelle del periodico della Federazione “Repubblica”: “Linea fiorentina”, “Notiziario del PFR”, “Iniziative ONB” (Opera nazionale balilla). Una rubrica rivolta alle attività dell’organizzazione giovanile appare anche sul periodico pistoiese, a partire dal numero del 10 gennaio del 1944. Rubriche analoghe sono presenti anche sulle altre testate, anche se l’esiguità dei numeri le rende fonti meno significative per un’analisi puntuale. Così ad esempio su “Maremma”: “Dall’Amiata al mare”; su “L’Artiglio”: “Nell’arborato cerchio”; su “Giovinezza repubblicana”: “Dalla Provincia”.
I giovani sono, del resto, obiettivo della propaganda e delle strategie della Rsi. Si spera infatti che da questi possano venire nuove leve per ricostituire le forze armate ed affrontare l’emergenza bellica a fianco all’alleato nazista. Così “il Telegrafo” dà ampio spazio alla notizia dell’immediata ricostituzione della sezione dei Gruppi universitari fascisti (Guf) a Pisa, quale segno di una volontà di «rinascita». Mentre “Il nuovo giornale” mette in luce la visita di Renato Ricci a Firenze, a fine settembre, per la ricostituzione dell’Onb [12]. La festa del Balilla organizzata il 5 dicembre a Firenze è tutta centrata sulla logica del sacrificio e della guerra a difesa della patria [13]. Forte è l’impegno messo dai vertici dell’organizzazione fiorentina: viene formata una commissione giovanile provinciale e si cerca di costituire gruppi di studenti in ogni scuola, ma gli esiti attestati in primavera sono molto deludenti. Anche l’Opera nazionale dopolavoro (Ond) fiorentina rivolge una specifica attenzione alle nuove generazioni, con l’allestimento di una mensa per gli studenti medi in novembre. Quindi viene riaperta la Casa del Balilla dove sono svolte le seguenti attività, delle quali la stampa dà puntuale notizia: mensa e ritrovi studenti medi dal mese di dicembre, due sale ritrovo con giornali, riviste, radio, biblioteca di oltre 2.000 volumi, riviste e giornali; cinema con proiezione di pellicole di valore storico, educativo o artistico la domenica a partire dal mese di dicembre; inoltre sono attivati corsi di ginnastica artistica, di palla-canestro, di scherma [14]. A gennaio sono formati in città e provincia anche i Gruppi d’azione giovanile del Pfr, cui segue in marzo quella del battaglione degli Avanguardisti moschettieri [15]. Anche “Ferruccio” dà conto di un analogo impegno nel pistoiese: dalla Befana fascista ai centri del lavoro a Pistoia e Pescia, dalla colonia montana per 80 ragazzi sfollati a San Marcello pistoiese alle refezioni scolastiche, attivate sempre a San Marcello e a Lamporecchio e Pieve a Nievole [16].
È bene sottolineare come questi articoli avessero sempre non solo una funzione informativa, ma anche politica, così da gratificare gli iscritti e mobilitare nuove adesioni, a prescindere da limiti e problemi reali. Anche in questo caso vale, infatti, la definizione complessiva della stampa fascista quale canale di formazione più che di informazione, strumento di lotta in quella guerra delle parole che affianca ed è parte del conflitto bellico.
Particolarmente significative, da questo punto di vista, per dimostrare il radicamento del partito nel territorio, sono le descrizioni delle visite del capo della provincia o di dirigenti del Pfr nelle diverse località. Così il “Ferruccio” sottolinea come il capo della provincia di Pistoia trascorra tutti i giorni un’ora presso la Casa del fascio di Montecatini per ricevere gli abitanti della Valdinievole [17]. Mentre, illustrando quella del segretario del fascio di Firenze a Sesto fiorentino e a Campi Bisenzio domenica 28 novembre, il cronista di “Repubblica” si dilunga nella descrizione dell’accoglienza offerta da una famiglia sestese al gerarca Meschiari. Tuttavia lo stesso articolo non nasconde le difficoltà, a conferma di una tendenza della stampa intransigente volta a esaltare l’eroismo dei pochi piuttosto che accreditare l’adesione dei molti. A Campi, infatti, Meschiari aveva preferito abbandonare il teatro ove doveva tenersi il comizio in quanto «non troppo affollato» e parlare da un terrazzino per cercare di coinvolgere maggiormente la popolazione [18].
Con il passare dei mesi, più la Rsi appare precaria, a fronte delle dinamiche belliche e delle esigenze del suo stesso alleato, più cresce l’attenzione che i giornali rivolgono alle attività delle organizzazioni repubblicane. Se ne vuole evidenziare la vitalità, quasi a dispetto della realtà. A Firenze nel gennaio del ’44 era ripresa l’attività dell’Istituto di cultura fascista e anche di alcuni dopolavori aziendali, come quello della Selt-Valdarno [19].
Quindi, nel maggio successivo, in un contesto già compromesso, “Repubblica” dà conto dell’ultimo tentativo di radicamento politico svolto dal partito sotto la guida del nuovo federale Polvani. Questi, infatti, per rilanciare l’organizzazione, inaugura i «colloqui del giovedì»: incontri fra gli iscritti per discutere “liberamente” sui problemi di attualità, così da venire incontro «ai desideri della gran massa dei fascisti che si sono sempre dispiaciuti di essere stati tenuti troppo lontani dalla principale attività svolta dal Partito» e contestualmente aiutarli a comprendere le «difficoltà che giornalmente si devono superare per raggiungere le mete e gli obbiettivi segnati nell’azione del Partito» [20]. Inoltre viene formata la Consulta federale per riunire i rappresentanti delle principali associazioni reducistiche e assistenziali [21]. Un tentativo (estremo) di coinvolgimento degli iscritti portato avanti dallo stesso periodico con l’invito ai lettori a segnalare critiche e ad avanzare proposte in merito al fascismo e alla vita cittadina [22].
2. Assistere e proteggere
Proprio per attestare la propria esistenza, le istituzioni della Rsi devono dimostrarsi capaci non solo e non tanto di ricostituire organizzazioni e assegnare cariche, quanto di garantire un governo efficace e corrispondere ai bisogni della popolazione. Diviene quindi fondamentale garantire protezione e assistenza, a fronte delle straordinarie emergenze determinate dal conflitto. La carenza di risorse alimentari, le difficoltà nei trasporti, la crescita del costo della vita e della disoccupazione, già presenti, diventano sempre più opprimenti nel contesto dell’occupazione nazista segnata da crescenti requisizioni e soprusi da un lato e dal manifestarsi diretto del conflitto dall’altro, con i bombardamenti aerei che colpiscono il territorio toscano con intensità crescente [Tognarini 1993, 34-49].
Nonostante la precarietà strutturale della situazione bellica, le autorità della Rsi, soprattutto nelle principali città – ed anche nella disastrata e spettrale Livorno, ad opera dell’attivismo del federale Gori –, fra l’autunno del ’43 e il febbraio del ’44 cercano di riaffermare una normalità di vita. Sono così ripristinate sia le festività di regime, sia i momenti commemorativi, ricreativi e culturali, tramite le organizzazioni del Dopolavoro e, a Firenze, i gruppi rionali. Soprattutto vengono affrontati i problemi della quotidianità bellica, prima che le tensioni legate alla questione della leva e il peggiorare delle condizioni di vita per gli effetti del conflitto (bombardamenti, sfollamenti, presenza di profughi, carenza di risorse alimentari), compromettano questo processo [Mazzoni 2006, 170-173]. Appare evidente, ad esempio, quanto contribuisca a vanificare il progetto di governo della Rsi fra i lucchesi, il peso dei bombardamenti che dal 6 gennaio del ’44 colpiscono la città e della crescente presenza dei profughi dalle province vicine e dalla costa (a partire dal Livornese) [Pardini 2001, 214-225 e 241-246].
Nell’autunno del ’43, proprio per ricreare una connessione tra fascismo e italiani, il governo della Rsi aveva attribuito al partito la gestione degli Enti provinciali di assistenza, riunificando i compiti prima suddivisi tra prefetture (assistenza a sfollati e sinistrati), Enti comunali di assistenza (rimpatriati e famiglie bisognose) e alle stesse Federazioni (combattenti e familiari), così da «dare pratica e immediata assistenza materiale e morale al popolo» [23]. Non a caso i segretari dei fasci della provincia di Pistoia avevano ricevuto questa direttiva in occasione della loro prima riunione: «sia iniziata senza alcun indugio l’assistenza al popolo, secondo le direttive mussoliniane» [24] e a Firenze già in ottobre era stato riattivato il servizio di assistenza della Federazione [25].
Funzione essenziale della stampa è quindi sostenere ed amplificare questo sforzo [26]. L’importanza strategica delle politiche dell’assistenza nella tenuta del fronte interno e della stessa Rsi è confermata infatti, implicitamente, dalle tabelle con cui, con significativa enfasi, sono documentate sul periodico della Federazione fiorentina le spese mensili sostenute dall’Ente nei vari settori (combattenti, sfollati, sinistrati e profughi) a partire da dicembre 1943 [27]. E non a caso il segretario del fascio fiorentino indica ai dirigenti dei gruppi rionali come prioritario l’impegno nell’assistenza a combattenti, sfollati, sinistrati [28].
Nella consapevolezza dei gravi effetti sul morale della popolazione, viene messo in luce l’impegno delle autorità a sostegno delle popolazioni vittime dei bombardamenti aerei: dalle visite dei gerarchi alle vittime degli attacchi aerei (feriti e sinistrati) alle donazioni in denaro offerte a questi ultimi dal duce, dal capo della provincia e dall’Ente provinciale di assistenza, all’apertura di mense per i sinistrati e gli sfollati da parte delle organizzazioni del Dopolavoro a Firenze nel marzo del ’44. In tal modo la stampa cerca sia di suscitare consensi alla Rsi, sia di alimentare sentimenti di ostilità nei confronti degli Alleati, dipinti quali «assassini» e «gangster dell’aria» nei numerosi articoli nei quali è denigrata l’immagine degli eserciti nemici. Ma, come rivelano con crescente irritazione gli stessi fascisti, la popolazione appare sempre più in loro trepidante attesa e pronta a imputare ai «camerati» germanici la responsabilità degli attacchi, come denuncia il “Ferruccio” di Pistoia [29]. Tanto che lo stesso periodico deve amaramente constatare che: «Un gran numero di italiani sembrano diventati ebeti, privi della capacità di riflettere» [30].
Considerata la gravità della questione alimentare per la vita della popolazione, i giornali insistono anche sull’impegno delle Istituzioni sia nella costituzione di mense – affidate a Firenze ai gruppi rionali, mentre a Pistoia all’organizzazione del Dopolavoro provinciale –, sia nella lotta al mercato nero e ad ogni forma di speculazione, così ad esempio si legge su “Il nuovo giornale”:
L’inflessibile ed assidua opera di repressione svolta dalle autorità fiorentine contro speculazioni e mercato nero si esplica in un lungo elenco di persone punite da sanzioni per aver infranto leggi in materia annonaria. Così da spingere anche gli altri a riflettere e magari ad interrompere tali attività [31].
Pari attenzione viene rivolta a segnalare le distribuzioni di generi alimentari a «bisognosi e sinistrati», così da evidenziare la vicinanza del fascismo alla popolazione, come appare chiaramente in un esemplare articolo di “Giovinezza repubblicana” su una distribuzione di pasta e marmellata a Quarrata nell’Aretino, promossa dal presidente del Comitato provinciale dell’Onb, Angelo Dragoni, che
va segnalato per la benefica iniziativa che in questi difficili momenti è protesa ad alleviare i bisogni del popolo; non con vane e inutili parole, ma con opere e fatti tangibili. I numerosi beneficati con riconoscenza e gratitudine ringraziano, mentre sentono che sono assistiti e che le opere buone continuano per merito e comprensione di chi è alla testa e dirige le organizzazioni del PFR [32].
Per conquistare i consensi delle classi operaie e lavoratrici, molti articoli sono rivolti a illustrare la svolta sociale del governo, spiegando aspetti e finalità della legge sulla socializzazione delle imprese. Così “La Maremma” illustra l’incontro del capo della provincia con i rappresentanti delle commissioni di fabbrica per spiegare il valore sociale del provvedimento voluto dal duce [33]. Anche se, chiosa amaramente il comando generale della Gnr di Livorno in quelle stesse settimane: «I provvedimenti relativi alla socializzazione delle industrie non hanno ancora riscosso, fra le categorie operaie, il consenso che era lecito attendersi», come attestano peraltro gli scioperi di inizio di marzo nell’area pratese e fiorentina [Pardini 2001, 225-227; Osti Guerrazzi 2012, 141-143] [34].
Del resto per conquistare favori e consensi sono forse più utili atti immediati e concreti. Per questo i giornali raccontano l’impegno delle autorità nella distribuzione di premi in occasione dell’anniversario della marcia su Roma o della Befana fascista, così rievocata sul periodico pistoiese:
Ovunque i riti si svolsero nel clima austero imposto dai tempi. I beneficati espressero vivamente i sentimenti della loro riconoscenza rilevando dalla circostanza la decisa volontà del Partito di realizzare, in favore del popolo, tutti i postulati della Repubblica sociale [35].
Si mettono anche in luce le misure assunte per consentire il rientro al lavoro degli squadristi espulsi dopo il 25 luglio e le notizie della costituzione di asili per i bimbi dei lavoratori presso i gruppi rionali del partito [36]. Contemporaneamente, dato le difficoltà economiche che gravano sulle famiglie, viene dato grande risalto alla sottoscrizione degli accordi contrattuali per le integrazioni salariali [37], come quello per gli operai dell’industria e del commercio gestito dal capo della provincia di Firenze in occasione dell’anniversario della marcia su Roma. Proprio per evidenziarne il valore, il periodico della Federazione, oltre a illustrarlo, pubblica la lettera di un operaio che afferma di aver ritrovato la fede nel fascismo proprio a seguito di questo impegno concreto:
Le mille lire che il Capo della Provincia ha concesso ai lavoratori di Firenze sono conferma che i Fascisti Repubblicani preferiscono alle inutili discussioni, decisioni coi fatti […] Vi confesso che vi fu un periodo in cui dubitai. Il Fascismo aveva fatto tanto bene a noi lavoratori, ma lasciava in vita una grande differenza di stato sociale fra noi e tanta gente e i pezzi grossi che, dopo aver mangiato, avevano tradito [38].
Una specifica attenzione viene rivolta alle forme di assistenza per i combattenti – per i quali “Repubblica” stampa un numero speciale denominato “Il Mitra”, tutto rivolto a sostenerne l’impegno e ribadire i capisaldi dell’identità del soldato saloino – e i loro familiari. A Firenze è affidata ai gruppi rionali del partito e al Dopolavoro provinciale, ricostituiti rispettivamente ad ottobre e a metà novembre del ’43 [39]. Nel marzo del ’44 viene costituito dalla Federazione un Centro raccolta libri e pubblicazioni da offrire alle sale lettura delle caserme, così da allietare la permanenza dei militari [40]. In maggio nel pistoiese l’Opera nazionale dopolavoro promuove la “Giornata del Soldato” organizzando manifestazioni a Pistoia e a Montecatini Terme, con conferenze patriottiche, ma anche lotterie e distribuzione di liquori e dolciumi, puntualmente descritte dal “Ferruccio” [41]. A Firenze vengono organizzate dal Dopolavoro proiezioni cinematografiche e spettacoli di cui dà conto “la Nazione” [42]. Un’attenzione conseguente al fatto che, come è noto, accanto alla socializzazione, proprio il tema della guerra e della difesa della Patria è la priorità essenziale su cui la Rsi, al centro e in periferia, fonda la sua identità. Appare quindi fondamentale mostrare come la Repubblica curi i soldati e i loro familiari quale doverosa ricompensa a chi sostiene compiti tanto gravosi [43].
Per sottolineare il valore del combattimento sono significativi gli articoli che descrivono le visite dei gerarchi alle reclute o ai feriti italiani e tedeschi [44]. Esemplare la cronaca di quella del capo della provincia di Pistoia a Montecatini Terme:
Nella quiete ospitale di Montecatini i feriti tedeschi ed italiani, reduci dai fronti di guerra, sono accolti con amorevole cura negli alberghi che la città termale, con spirito consapevole e con perfetta aderenza alle necessità del momento, ha trasformato in ospedali. Tutta la città, nel riposo dei parchi ove si alternano le nebbie e il sole, nella luminosità dei viali schiariti nelle ore meridiane, pare senta la fierezza di accogliere gli uomini della guerra, e presta la sua attrezzatura con sentimento di spontaneità non priva di amorevolezza. Montecatini è, in effetti un grande ospedale nel significato pieno della espressione, con la corona di tutta una serie di assistenze, che investono gli istituti e gli uomini, gli ospedali e i cittadini [45].
Attraverso pezzi simili i giornali cercano di comunicare la necessità di proseguire la lotta, pur a fronte di un conflitto che appare sempre più arduo ed opprimente [46]. Corollario di questi articoli sono infatti i numerosi interventi con cui la cittadinanza è invitata ad aderire alle direttive e alle ordinanze della Repubblica e delle autorità naziste per contrapporsi al nemico [47].
L’assistenza alla popolazione non è infatti fine a se stessa, ma richiede partecipazione e sacrificio. Il messaggio che la stampa comunica con chiarezza è che: «Il Partito deve e vuole assistere, ma vuole anche che il popolo si renda conto che a dei diritti corrispondono sempre dei doveri» a partire dalla necessità di schierarsi a difesa della Patria, tanto che l’impegno al lavoro e al combattimento sono chiaramente indicati dai giornali come «L’imperativo dell’ora», per citare il titolo di un articolo de “la Nazione” [48]. Un monito netto e chiaro, ma che viene a scontrarsi con il crescente distacco di una popolazione sempre più ostile e distante.
Proprio la questione della leva mostra il divario crescente fra direttive ed aspettative dei fascisti, propagandate dalla stampa, e i comportamenti della popolazione. Ai risultati non negativi della chiamata del novembre del ’43 seguono riscontri sempre più deludenti. Vi concorrono la volontà della popolazione di sottrarre i propri figli a un conflitto ritenuto perso, l’ostilità crescente verso il nazifascismo, alimentata esponenzialmente proprio dalla politica di repressione attuata nei confronti di renitenti e disertori, ma anche le pessime condizioni organizzative delle forze armate, la scarsità di vestiario e vitto, la mancata partenza per il fronte e la percezione di un sostanziale isolamento da parte della popolazione, che inficiano aspettative e volontà di parte di coloro che pure avevano aderito. Peraltro gli stessi alleati tedeschi concorrono a siglare questo fallimento preferendo utilizzare gli italiani nei lavori della Todt, sottraendoli in tal modo ai bandi di leva [Osti Guerrazzi 2012, 158-163] [49]. Nella primavera del ’44, il “bando del perdono” emanato dal duce, che assicura la cancellazione della pena di morte per renitenti e disertori che si fossero consegnati entro il 25 maggio, non consegue i risultati sperati. Così ad esempio la Questura di Siena rileva: «Pochi gli sbandati finora presentatisi»; e ad Arezzo «è opinione diffusa infine che la presentazione dei renitenti e degli sbandati non abbia raggiunto i risultati che era lecito attendersi» [Pardini 2001, 166-174] [50]. A poco erano servite minacce e proclami, rilanciati con forza dalla stampa, come il duro monito del capo della provincia Ercolani riportato dal periodico “la Maremma”:
Lascio, dunque, un margine di tempo perché si rinsavisca. Dopo tale data sarò inesorabile, come la legge impone e la sicurezza della Patria richiede, e darò disposizioni perché siano passati immediatamente per le armi tutti quelli della macchia che verranno acciuffati e colpiti duramente, anche nei beni, coloro che comunque diano alle bande assistenza, protezione, ricetto, e che comunque abbiano relazione con i ribelli. […] Il Governo Repubblicano è generoso, ma non può e non deve fare della generosità una vigliaccheria ed una colpa. [51].
3. Condannare e punire
Nel contesto della guerra totale l’assistenza non basta ad ottenere obbedienza, né adesione. Le stesse fonti fasciste – dai notiziari della Gnr alle Commissioni provinciali di censura, ai rapporti informativi al duce – confermano la crescente divaricazione fra le istanze della Rsi, rilanciate dai dettati della propaganda, e i comportamenti di una popolazione irritata, delusa, distaccata e spesso ostile. Secondo un rapporto informativo al duce del 18 febbraio del ’44, l’80% dei toscani manterrebbe atteggiamenti di resistenza contro la Repubblica [52]. Peraltro con il passare dei mesi, la crescita delle emergenze legate al conflitto (sia in termini di bombardamenti che di presenza di sfollati e profughi) e il conseguente peggioramento delle condizioni di vita, rendono lo stesso impegno delle istituzioni e del partito sempre più insufficiente e inadeguato, mentre si accentua il divario con la popolazione [53]. Tanto che, ad esempio, in riferimento alla realtà lucchese, una relazione della Ps al capo della polizia, denuncia come: «tutto ciò che emana dal partito fascista è accolto con sospetto e criticato» [54]. In questo contesto si inserisce l’amara constatazione pubblicata sul periodico della Federazione fiorentina per cui proprio la mancata partecipazione dei cittadini, ed in particolare dei ceti benestanti, impedisce di corrispondere efficacemente ai bisogni della popolazione, sempre più stremata e desiderosa di giungere alla fine del conflitto [55].
I periodici delle federazioni sono quindi documenti essenziali non solo per cogliere le pratiche amministrative e i tentativi di governo del territorio, ma anche il loro fallimento. Con il passare dei mesi si infittiscono le denunce dei comportamenti della popolazione che è sempre più identificata, nelle sue diverse componenti (lavoratori, donne, giovani, sacerdoti…), con il nemico. Si legge infatti su “Repubblica”: «oltre i sabotatori, i sobillatori, i sicari prezzolati del nemico attenta alla vita della nazione anche chi in questo momento non assolve in modo preciso e concreto il compito assegnatoli» [56]. Proprio questi articoli svelano, infatti, la crisi della strategia del fascismo repubblicano, come è ammesso implicitamente sullo stesso periodico della Federazione fiorentina:
a chi manca di orgoglio nazionale […] pensa con l’intestino e non con il cervello ed esclusivamente in funzione del proprio tornaconto far capire la fatalità di eventi storici che superano il volere degli uomini e da cui consegue l’esigenza di sacrifici e privazioni per l’affermazione di ideali supremi è perfettamente inutile [57].
Tanto che, si chiosa in un rapporto al duce sulla situazione toscana a metà giugno: «Indifferentismo, attendismo, antifascismo d’ogni risma, disfattismo d’ogni colore signoreggiano […]. Stampa, radio, manifesti sembra predichino nel deserto» [58].
Proprio questa mancata corrispondenza fra le aspettative dei fascisti e i comportamenti della maggioranza degli italiani concorre ad alimentare rabbia e volontà di vendetta verso una popolazione che, nell’ottica dei fascisti di Salò, appare sempre più vile e ingrata, e quindi meritevole di essere punita [Mazzoni 2001, 445-466]. Del resto su “la Nazione” già in febbraio si ammoniva: «Non basta non fare del male per avere la coscienza tranquilla» [59]. Una frattura che viene quindi a motivare e rafforzare la spirale repressiva dei mesi successivi.
Duramente provato dalla crescita dei movimenti di opposizione e della Resistenza armata nei mesi primaverili, il sistema del fascismo repubblicano crolla a fronte del precipitare della situazione militare dopo la liberazione di Roma. Già nel mese di giugno le strutture della Rsi in Toscana paiono in crisi, soprattutto nelle province meridionali: il 10 tutto l’apparato amministrativo e la guarnigione della Gnr lasciano il grossetano. Mentre il capo della provincia di Siena, Chiurco, denuncia al Ministero dell’Interno che comuni ed aree del territorio sono ormai in mano ai «ribelli». Anche ad Arezzo la situazione è compromessa, nonostante gli sforzi del neoprefetto, l’intransigente Melchiorri, a favore dell’apertura di negozi e rifugi aerei per alleviare i disagi della popolazione. Gerarchi ed esponenti del fascismo repubblicano iniziano a partire per il nord. Pure nelle altre province la situazione precipita: soprattutto nelle zone montane il controllo del territorio non è più in mano alle forze e alle autorità della Rsi.
Con l’inizio del mese di giugno, il caos amministrativo, politico e militare in provincia di Lucca divenne diffuso e generalizzato. Sembrava diffondersi e prosperare soltanto un sistema anarchico, che traeva alimento nell’incertezza e nella stessa confusione. Nemmeno i militi della GNR davano alcun affidamento; nel pistoiese le stesse unità della Gnr non hanno più la fiducia del partito che fin dai primi giorni del mese ne promuove la sostituzione con «squadre d’azione» armate per la vigilanza del territorio [Pardini 2001, 303; Mazzoni 2006, 180-187] [60].
Debolezza e precarietà accentuano il ricorso a pratiche di violenza, a partire dalla militarizzazione del partito nel giugno del 1944 – proprio a Lucca viene formata la prima brigata nera – e dalla decisione di Pavolini di costituire gruppi di franchi tiratori in una Firenze che attende con ansia la Liberazione. Per questo giornali e periodici si confermano una fonte importante per lo studio della Rsi e del suo tentativo di governo del territorio, e di un popolo che tuttavia, in quanto «traditore» e «ingrato», è ritenuto solo meritevole di punizioni e vendetta, come viene sostenuto nell’articolo dal minaccioso titolo Torneremo sull’ultimo numero di “Repubblica”. Una prospettiva che segna le vicende successive nei territori a nord della linea Gotica. Per questo forse, pur nella sua brevità e peculiarità, l’esperienza toscana può contribuire a mettere in luce aspetti ed essenza della parabola della Repubblica sociale, nella violenza della sua precarietà [Pardini 2001, 319-328; Rossi 2006, 22-24].
Il presente contributo è una rielaborazione rivista ed ampliata della relazione presentata al convegno “I molti territori della Repubblica fascista. Amministrazione e società nella RSI”, Ferrara 27/28 settembre 2017. A fronte dell’impossibilità di sottoporre il testo ad un processo di double blind peer-review, i curatori hanno optato per una revisione preliminare da parte del relativo discussant di sessione.
Bibliografia
- Bernardi Guardi M. 2015
Fascista da morire, Firenze: Mauro Pagliai editore - Mazzoni M. 2001
I nemici della Rsi nella propaganda del fascismo toscano, “Italia contemporanea”, 224 - Mazzoni M. 2006
La Repubblica sociale italiana in Toscana, in Palla M. (ed.) 2006, Storia della Resistenza in Toscana, vol. I, Roma: Carocci - Osti Guerrazzi A. 2012
Storia della repubblica sociale italiana, Roma: Carocci - Pardini G. 2001
La Repubblica Sociale Italiana e la guerra in provincia di Lucca (1940-1945), Lucca: Edizioni San Marco Litotipo - Rossi A. 2006
Fascisti toscani nella Repubblica di Salò, Pisa: BFS edizioni - Tognarini I. 1993
La popolazione toscana e i “problemi della guerra”: aspetti della vita sociale attraverso i carteggi e le relazioni ufficiali, in Arbizzani L. (ed.) 1993, Al di qua e al di là della Linea Gotica, Firenze: Regioni Emilia Romagna e Toscana
Note
1. La collezione completa del periodico ed il fondo archivistico di Barna Occhini sono consultabili presso il Centro studi Sigfrido Bartolini, a Pistoia. Il Fondo Barna Occhini, Serie Italia e Civiltà, presenta documentazione di peculiare interesse: in particolare la corrispondenza con collaboratori e corrispondenti del giornale offre informazioni utili ad approfondire le vicende della testata all’interno delle dinamiche culturali e politiche della Rsi, che certamente sarebbero meritevoli di approfondimento.
2. Archivio Centrale dello Stato (d’ora in poi ACS), Ministero degli Interni (d’ora in poi MI), Pubblica Sicurezza (d’ora in poi PS), A5G, b. 145, f. Lucca.
3. Riunione di gerarchi del fascismo pistoiese, “Ferruccio”, 4 ottobre 1943; Elenco capi delle province, “il Telegrafo”, 22 ottobre 1943.
4. La nomina dei fiduciari dei Gruppi rionali, “Repubblica”, 11 dicembre 1943.
5. ACS, MI, PS, Direzione generale Affari generali riservati [d’ora in poi AGR], RSI, 1943-45, b. 4, f. Firenze. Le assemblee per l’elezione del triunvirato del Fascio di Firenze, e Gino Meschiari segretario del fascio di Firenze “Repubblica”, 30 ottobre 1943. Sul numero del 6 novembre sono indicate le nomine di dirigenti e collaboratori della Federazione. Analoga attenzione viene rivolta dai quotidiani “il Telegrafo” di Livorno e “la Nazione”, e ”Il nuovo giornale” di Firenze, diretti rispettivamente il primo da Vittorio Sella e quindi da Ezio Camuncoli dal gennaio del ’44 e gli altri due da Mirko Giobbe, già giornalista della “Gazzetta del Popolo”, e da Gioacchino Contri. Cfr. “La Nazione”, 23 settembre 1943; “La Nazione”, 20 ottobre 1943; sulla riapertura del fascio di Montelupo con circa 120 iscritti, “La Nazione”, 29 ottobre 1943.
6. ACS, MI, PS, AGR, RSI, 1943-45, b. 2, f. 12, Arezzo; Gabinetto, RSI, b. 5, f. Siena; Segreteria del capo della polizia, RSI 1943-45, b. 48, f. Pistoia; “Ferruccio”, 13 novembre 1943. Attriti fra segretari dei fasci e Gnr sono registrati anche in Lucchesia e nel Livornese, mentre tensioni fra capo della provincia e federale si manifestano anche nella provincia apuana.
7. Archivio dell’Istituto storico toscano della Resistenza e dell’età contemporanea [d’ora in poi AISRT], fondo Luigi Micheletti, copia dei Mattinali GNR, Pistoia 29 marzo 1944.
8. Squadristi adunati alla Sede del Partito presente l’Ecc. Giovine, “Ferruccio”, 6 novembre 1943.
9. “Repubblica”, 26 settembre 1943, rubrica “Linea fiorentina”. I problemi nella riapertura di fasci e organizzazioni collaterali sono confermate da un articolo pubblicato sul numero successivo del 4 ottobre, dove si insiste sull’obbligo che gli ex segretari hanno di riprendere i ruoli lasciati il 25 luglio. Sulla costituzione dei fasci in provincia cfr. ivi, 30 ottobre 1943; L’assemblea del Fascio repubblicano di Fiesole, “Repubblica”, 4 dicembre 1943. Sul contesto pistoiese cfr. Riunioni di gerarchi del fascismo pistoiese, “Ferruccio”, 4 ottobre 1943; Nomine, “Repubblica”, 4 ottobre 1943.
10. “La Nazione”, 23 ottobre, 5 novembre e 24 novembre 1943.
11. “La Maremma”, 29 aprile 1944; Adunata di donne fasciste, “L’Artiglio”, 21 aprile 1944. ACS, MI, PS, AGR, RSI, 1943-45, b. 4, f. Grosseto.
12. Il GUF di Pisa si è ricostituito, “il Telegrafo”, 1° ottobre 1943, p. 2, la sezione del Guf pisano è ricostituita già il 13 settembre; “Il nuovo giornale”, 28 settembre 1943, “Cronaca fiorentina”.
13. Le celebrazioni dell’annuale del Balilla, “Repubblica”, 11 dicembre 1943. Sulla riorganizzazione dell’Onb e la visita di Renato Ricci ai dirigenti fiorentini, cfr. “Repubblica”, 25 dicembre 1943.
14. “la Nazione”, 24 novembre 1943; Nell’Opera Balilla. Idee e realtà della nuova organizzazione giovanile, “Repubblica” 1° gennaio 1944.
15. “Repubblica”, 8 gennaio 1944; ivi 11 marzo 1944.
16. “ONB”, “Ferruccio”, 17 gennaio 1944.
17. Ricevimenti del Federale, “Ferruccio”, 21 febbraio 1944.
18. M. Vannini, Partito e popolo, “Repubblica”, 4 dicembre 1943 e Gino Meschiari parla a Sesto e Campi Bisenzio, ivi.
19. Il nuovo Consiglio direttivo dell’Istituto di Cultura fascista, “Repubblica”, 22 gennaio 1944; Attività del Dopolavoro Selt-Valdarno, ivi, 29 gennaio 1944.
20. I nuovi dirigenti della Federazione fiorentina, “Repubblica” 22 aprile 1944; ivi 29 aprile; Colloqui fra camerati, ivi, 13 maggio, da cui sono tratte le citazioni nel testo; I colloqui del giovedì, ivi, 27 maggio 1944.
21. Il direttorio della Federazione, ivi, 27 maggio 1944.
22. Ivi, 13 maggio 1944.
23. Gli ECA trasferiti al partito, “Ferruccio”, 10 ottobre 1943.
24. Riunione di gerarchi del fascismo pistoiese, ivi, 4 ottobre 1943.
25. “il Telegrafo”, 23 ottobre 1943; PFR: la fervida ripresa dell’assistenza ai combattenti, “la Nazione”, 23 ottobre 1943.
26. L’Ente provinciale di assistenza fascista, “Repubblica” 25 dicembre 1943.
27. Attività dell’EPAF nel mese di dicembre, “Repubblica”, 22 gennaio 1944. Per gennaio, cfr. ivi 12 febbraio 1944; per aprile, cfr. ivi 27 maggio 1944; per maggio, cfr. ivi 17 giugno 1944.
28. “Repubblica”, 19 febbraio 1944.
29. “Il nuovo giornale”, 29 settembre; “la Nazione”, 5 ottobre 1943; I pirati dell’aria, ivi, 4 novembre 1943 sul bombardamento di Viareggio; I liberatori, “Ferruccio”, 6 novembre 1943; Terroristico attacco dei pirati dell’aria a Prato, “la Nazione”, 13 novembre 1943; Il Capo della Provincia per i sinistrati delle incursioni “Repubblica”, 27 novembre; Mario Vannini, Partito e popolo, ivi, 4 dicembre 1943; La rabbia nemica, “Il nuovo giornale”, 27 dicembre 1943; I pirati dell’aria su alcune città toscane, “la Nazione”, 28 dicembre 1943; Assassini!, “Il nuovo giornale”, 31 dicembre 1943; L’assistenza del Partito ai sinistrati di Prato, Empoli, Borgo S. Lorenzo e Certaldo, “Repubblica”, 8 gennaio 1944; I soccorsi ai feriti dell’incursione aerea, “Ferruccio”, 10 gennaio 1944; Gli assassini dell’aria, “Il nuovo giornale”, 27 gennaio 1944; Quattrocentomila lire dell’EPFA, “Repubblica”, 11 marzo 1944; L’esodo mattutino, “Ferruccio”, 20 marzo 1944; “la Nazione”, 22 marzo 1944, sulle mense aperte dall’Ond; Il terrorismo aereo degli anglosassoni, ivi, 2 maggio 1944; Sono passati i liberatori, “Repubblica”, 6 maggio 1944; Barbari attacchi aerei contro città e paesi della Toscana, “la Nazione”, 21-22 maggio 1944; Bombe a Montecatini, “Ferruccio”, 22 maggio 1944; Città toscane gravemente assalite dai criminali dell’aria, “la Nazione”, 23 maggio 1944; Sirene d’allarme, “Repubblica” , 3 giugno 1944.
30. “Ferruccio”, 29 maggio 1944, “Notizie da Provincia. Pescia”.
31. “Il nuovo giornale”, 6 marzo 1944, “Cronaca fiorentina”, da cui è tratta la citazione. Si veda anche: “la Nazione”, 17 e 23 novembre, 10 e 16 dicembre 1943.
32. Mense dopolavoristiche, “Ferruccio”, 13 novembre 1943; Energica azione del Capo della provincia contro gli speculatori in materia di alloggi, “la Nazione”, 24 dicembre 1943; Riunione di podestà e di Segretari di fascio presieduta dal Capo della Provincia, “Ferruccio”, 21 febbraio 1944; Parliamo un po’…, “l’Artiglio”, 8 aprile 1944, articolo di denuncia del mercato nero; “Giovinezza repubblicana”, 26 aprile 1944, “Dalla Provincia”, da cui è tratta la citazione nel testo.
33. Le Commissioni di Fabbrica ricevute dal Capo della Provincia, “La Maremma”, 29 aprile 1944.
34. AISRT, fondo Luigi Micheletti, copie Mattinali GNR, Livorno 15 marzo 1944.
35. La Befana fascista, “Ferruccio”, 10 gennaio 1944. Su Firenze, cfr. “La nazione”, 6 gennaio 1944
36. Riapertura del Nido, “Repubblica” 11 dicembre 1943, ad opera di uno dei 37 gruppi rionali cittadini, ma si insiste perché altri ne seguano l’esempio; Attività del gruppo Luporini, ivi, 8 gennaio 1944; La Befana fascista, ivi, 15 gennaio 1944.
37. Premio ai lavoratori per il 28 ottobre, “Ferruccio”, 13 novembre 1943; Riassunzione di squadristi al lavoro, ivi, 29 novembre 1943; sul rientro a lavoro di squadristi espulsi dopo il 25 luglio: ivi, 10 gennaio 1944; Adeguamenti salariali a favore dei lavoratori dipendenti dalle aziende commerciali, ivi, 20 marzo 1944.
38. “Repubblica”, 30 ottobre 1943, lettera del lavoratore Giovanni Fiorini.
39. La fervida ripresa dell’assistenza ai combattenti, ivi, 30 ottobre 1943; “la Nazione”, 17 novembre 1943; OND ha festeggiato il “Natale del soldato” negli ospedali militari, ivi, 28 dicembre 1943.
40. Raccolta di libri destinati ai soldati, “Repubblica”, 11 marzo 1944; “la Nazione”, 9 febbraio 1944.
41. OND La Giornata del Soldato, “Ferruccio”, 22 maggio 1944.
42. Ivi, 9 maggio 1944.
43. “la Nazione” 10 novembre 1943, lettera di un lavoratore dalla Germania; Un appello del Capo della Provincia ai lavoratori del pistoiese, “Ferruccio”, 6 dicembre 1943.
44. “il Telegrafo”, 26 novembre 1943, a Firenze Gino Meschiari visita i soldati rientrati dalla Germania per riprendere il combattimento; Il saluto del Capo della provincia alle reclute delle classi ’23, ’24, ’25, “la Nazione”, 1° dicembre 1943; ivi, 28 dicembre 1943, sulla “Festa del Soldato” celebrata dai membri dell’Ond negli ospedali militari cittadini; In caserma con le reclute, ivi, 4 gennaio 1944; Meschiari parla alle reclute della caserma “Baldissara”, ivi, 6 gennaio 1944; Visita ai feriti tedeschi a Bellavista, “Ferruccio”, 21 febbraio 1944.
45. Il Capo della Provincia visita gli Ospedali di Montecatini Terme, Ibidem.
46. Gino Meschiari visita le reclute nella ricorrenza del Natale, “Repubblica”, 1° gennaio 1944; Il Capo della Provincia e il Delegato del Partito fra i feriti tedeschi, ivi, 4 marzo 1944; Meschiari ai soldati e agli operai, ivi, 2 aprile 1944.
47. Centro di arruolamento nelle Forze armate, “Ferruccio”, 21 febbraio 1944; Monito agli sbandati, “Il Nuovo giornale”, 8 maggio 1944; Sbandati e ribelli, “la Nazione”, 12 maggio 1944; Sulla via giusta, “Il nuovo giornale”, 15 maggio 1944; Decidersi, “la Nazione”, 20 maggio 1944; Il grano e l’oglio, “Il nuovo giornale”, 22 maggio 1944.
48. M. Vannini, L’Ente provinciale di assistenza fascista, “Repubblica”, 25 dicembre 1943; L’imperativo dell’ora, “la Nazione”, 11 gennaio 1944; Decidersi, ivi, 18 gennaio 1944.
49. “Repubblica” riporta che una delle principali questioni trattate dai vertici delle federazioni del partito riunite a Firenze il 5 febbraio è proprio il tema del reclutamento. Cfr. Le gerarchie toscane del PFR riunite presso la nostra Federazione, “Repubblica”, 12 febbraio 1944.
50. ACS, MI, PS, AGR, RSI, 1943-45, b. 7, f. 58 Siena; AISRT, fondo Luigi Micheletti, copie Mattinali GNR.
51. Manifesto del Prefetto di Grosseto, “La Maremma”, 8 aprile 1944.
52. ACS, MI, Gabinetto, RSI, b. 4, f. Firenze.
53. L’assistenza ai sinistrati, “Repubblica”, 17 giugno 1944: sia pure denunciandone l’irrazionalità, si deve constatare come il numero crescente di persone che accalca gli uffici dell’Ente per l’assistenza è ormai ingestibile.
54. ACS, MI, PS, AGR, RSI 1943-45, b. 5, f. Lucca.
55. Necessità, “Repubblica”, 2 aprile 1944.
56. G. Bertolini, Insegnamenti, ivi, 26 febbraio 1944.
57. Ibidem.
58. ACS, MI, Gabinetto, b. 6, f. Toscana.
59. Colpevole passività, “la Nazione”, 26 febbraio 1944.
60. Squadre d’azione, “Ferruccio”, 5 giugno 1944.