Nel dibattito storiografico sulla cosiddetta “stagione dei movimenti” si insiste da tempo sull’importanza dello studio dei casi locali per arricchire il quadro interpretativo di un’esperienza multiforme, non riducibile esclusivamente alle dinamiche che caratterizzarono le grandi città italiane. In questa prospettiva si inserisce l’attività del laboratorio promosso dall’Istituto storico modenese con la collaborazione del Centro documentazione donna, del Centro Ferrari e della Fondazione Gorrieri. Si è costituito così un gruppo di lavoro formato da studiosi della storia dei movimenti e da giovani ricercatori di diverse università (Modena e Reggio Emilia, Bologna, Firenze, Glasgow).
Il laboratorio ha avviato un lavoro di ricerca che si propone di ricostruire alcune significative traiettorie dell’azione collettiva a Modena negli anni Settanta. Il filo conduttore del progetto è l’analisi delle pratiche che caratterizzarono l’impegno politico nei movimenti di quel decennio, delle forme che assunsero nel contesto locale e del loro rapporto con analoghe esperienze nazionali. Nel corso della ricerca verranno approfondite questioni che investono nodi storiografici come la periodizzazione della “stagione dei movimenti”, il profilo e il ruolo degli attori coinvolti nell’azione collettiva, le interazioni tra movimenti, sfera sociale, livello politico-istituzionale. Sul piano della periodizzazione, la ricerca si muove in una prospettiva “lunga” che, da un lato, si lega ad alcuni studi sugli anni Sessanta nella realtà locale, dall’altro intende offrire spunti per andare oltre i consueti limiti cronologici della “stagione dei movimenti”, proiettandosi verso gli anni Ottanta.
Per quanto riguarda gli attori storici, il taglio della ricerca è volto a valorizzare l’aspetto plurale dell’azione collettiva lungo gli anni Settanta – spesso appiattiti sull’immagine riduttiva degli “anni di piombo” – mettendo in luce i profili e le pratiche politico-culturali di diversi soggetti che animarono la scena politica e sociale modenese e che si configurarono in taluni casi come laboratori di idee e di progettualità con una risonanza nazionale. Senza pretese di completezza, il progetto si concentra in particolare su alcune esperienze: l’impegno politico giovanile nel movimento studentesco e in organizzazioni di partito come la Fgci; la formazione e l’evoluzione dei gruppi femministi e il loro rapporto con l’Udi; il protagonismo dei delegati nelle lotte del movimento operaio e l’esperienza delle 150 ore; l’attività dei gruppi cattolici di base, delle organizzazioni extraparlamentari, di realtà impegnate su tematiche terzomondiste.
È inoltre sottesa al lavoro di ricerca l’ipotesi che, per una piena comprensione delle dinamiche dell’azione collettiva, occorra interrogare le interazioni tra i movimenti e la società civile, e tra questi e l’arena politico-istituzionale. Da questo punto di vista Modena, come altre città “rosse”, rappresenta un caso locale di particolare interesse perché consente di analizzare questi nessi in un quadro caratterizzato dall’egemonia del partito comunista nel governo del territorio e nel tessuto sociale e culturale. La ricerca si propone quindi di verificare come si articolò la strategia del Pci in relazione alle dinamiche dei movimenti sociali, quali furono le resistenze e il grado di permeabilità del partito e delle istituzioni locali rispetto alle istanze di trasformazione espresse dai movimenti e dalla società civile e, viceversa, in che misura l’egemonia comunista influì sul profilo dell’azione collettiva nel contesto modenese.
Nel quadro della ricerca rientra infine il complesso problema della violenza politica negli anni Settanta. Anche in questo caso l’analisi della realtà modenese – dove il ricorso sistematico alla violenza come strumento di lotta politica trovò uno spazio assai scarso, rimanendo sostanzialmente episodico e marginale – può fornire spunti di riflessione secondo diverse prospettive (le condizioni soggettive e oggettive che favorirono o ostacolarono la diffusione del fenomeno, le analogie e le differenze rispetto ad altre realtà limitrofe come quelle reggiane e bolognesi ecc.).
Nei primi mesi di lavoro il laboratorio ha iniziato a sviluppare queste linee di ricerca, ha avviato una ricognizione negli archivi locali e nazionali, lo spoglio di quotidiani e riviste, la raccolta di una serie di interviste. Nell’arco del prossimo triennio l’attività laboratoriale prevede, oltre a momenti di discussione interna, seminari su problemi metodologici e interpretativi, confronti con analoghe esperienze realizzate in altre realtà locali, una pubblicazione finale che raccoglierà i saggi scaturiti dal lavoro di ricerca.