1. Nuovi strumenti

«Dopo un raccolto ne viene un altro», diceva Alcide Cervi all’indomani della morte dei suoi sette figli [1]. Ci sono frasi potenti e semplici che restano legate al nostro lavoro quotidiano. Certe parole intridono le pratiche, le visioni e il loro potere generativo si misura con l’ampiezza della loro eco e le flessioni con cui si misurano. Mi piace pensare che questo sia ciò che è avvenuto quando la volontà di aggiornamento ha cominciato a diffondersi tra le pareti di Casa Cervi.

Mentre questa volontà si faceva via via più condivisa in quella che potremmo definire una comunità patrimoniale, si provavano a descrivere motivazioni e intenzioni. Le progettualità poggiavano su parole d’ordine che oggi trovano conferma nella definizione di museo formulata dall’Icom (International Council of Museums) in occasione della Conferenza generale di Praga. Se fin dai primi dialoghi del gruppo di lavoro e dei portatori di interesse si fossero colte le ricorrenze più significative queste sarebbero state accessibilità, inclusione, partecipazione, educazione.

Fig. 1. Museo Cervi [foto John Freeman, 2022].
Fig. 1. Museo Cervi [foto John Freeman, 2022].

Il nuovo Museo Cervi riapre le porte nell’anno in cui Icom dedica la giornata internazionale dei musei al tema dei musei come agenti di cambiamento e al potere trasformativo che essi possiedono. E questo potenziale, più che potere, è traguardato da tre prospettive: quello della sostenibilità, quello dell’innovazione in materia di accessibilità e digitalizzazione, quello della costruzione di comunità attraverso l’educazione e l’empowerment.

Sul primo aspetto il progetto del Museo ha implicitamente letto gli obiettivi di sviluppo sostenibile in trasparenza attraverso la storia della famiglia Cervi; ha infatti dato loro forza, evidenza, in particolare sui temi del lavoro e del genere – attingendo a ruoli e vicende della famiglia – e dell’educazione, guardando con rinnovata intenzione ai pubblici che il Museo vorrebbe accogliere.

Sul secondo aspetto, l’accessibilità, si è lavorato provando a ripensare ogni aspetto dell’esperienza museale con l’obiettivo di non presumere, non dare nulla per scontato. Ed è risultato evidente come fare Public history volesse dire lavorare in una costante tensione verso l’accessibilità.

In ultimo, le linee guida per la giornata ribadivano: «i musei, sostenendo i valori democratici e fornendo a tutti opportunità di apprendimento lungo tutto l’arco della vita, contribuiscono a formare una società civile informata e impegnata». Quest’ultima parola, di grande peso morale, riporta al pensiero di Franco Russoli, partigiano sui monti pisani e poi storico dell’arte e museologo; al convegno Il Museo come esperienza sociale del 1971, egli sostenne che il museo dovesse diventare un «luogo in cui si costruisce e si vive lo sviluppo della realtà contemporanea. Non occupazione per il tempo libero bensì per il tempo impegnato».

La personalità di un progetto museale non si esprime nella messa in discussione a ogni sbuffo di sedicente innovazione, spesso profezia dell’ovvio più che progresso sostenibile. Ma, in quanto osservatorio privilegiato della società, nella capacità di porsi in ascolto per discernere ciò che di quella ventata è solo brezza passeggera e ciò che è foriero di nuove reali opportunità in direzione più pienamente democratica. Ma non si confonda questa cautela con mancanza di ardimento: il Museo Cervi ha voluto osare, lavorando sulla parola, per esempio, con testi brevi e accessibili in due lingue; smarcandosi dalla pretesa di “insegnare” e preferendo la potenzialità del porre domande e favorire il pensiero critico; non avendo paura di mettersi in relazione con le emozioni; rifuggendo da tecnologie ipertrofiche; mettendo ogni elemento al servizio di un sistema comunicativo e relazionale il più possibile organico; denunciando in modo trasparente ogni presa di posizione. Del resto, «raccontare una storia significa prendere posizione sul corso degli eventi passati», osservava Zygmunt Bauman ne L’eredità del XX secolo e come ricordarla [Bauman 2018].

Casa Cervi è un luogo unico, con molte anime; nel tempo ha assunto su di sé i connotati di un museo di storia, una casa-museo, un ecomuseo, un museo etnografico, un centro d’incontro, di formazione, di documentazione, una biblioteca, un memoriale, una pinacoteca. È sempre stato, insomma, un luogo che ha ospitato visioni, volontà, progettualità multiformi. La rinnovata attenzione dedicata a questo luogo è sfociata, dal 2017, in un nuovo momento progettuale volto a dare soluzione alle criticità legate all’obsolescenza dei dispositivi, al necessario aggiornamento dei contenuti e all’accessibilità. L’incarico è stato affidato a Massimo Venegoni (Studio Dedalo) e a chi scrive. Alcuni elementi problematici sono stati affrontati con interventi lievi e di supporto all’orientamento e alla visita; per altri aspetti si sono invece rimessi in gioco funzioni, temi, spazi.

L’idea portante del ripensamento del Museo è stata dunque quella di sviluppare il percorso declinato su due registri: il primo per “conoscere”, il secondo per “far proprio”, interiorizzare. Sono due piani di lettura paralleli e sovrapposti che informano tutta la narrazione, uno particolare e uno universale, uno visivo e uno auditivo. Il primo racconta della famiglia Cervi e del luogo così significante in cui il museo si trova; il secondo propone la stessa storia ma senza riferimenti cronologici e geografici, facendosi esperienza universale e soggettiva applicabile al vissuto di ognuno. Il primo piano di lettura si serve di testi scritti sintetici, curati da Claudio Silingardi, dedicati all’inquadramento storico degli eventi nazionali e locali e alla vicenda specifica dei Cervi. Il secondo invece – che da progetto doveva essere fruito con un dispositivo individuale portatile – si sovrappone a quella narrazione rileggendo spazi e vicende in termini più universali. In questo secondo registro emergono i valori della scelta, dell’impegno, della presa di posizione all’interno di vite comuni, in cui ognuno di noi può riconoscersi; le voci sono come una riflessione personale, in prima persona, guidata dalle parole di Marco Rovelli. Ogni dialogo interiore approda, in qualche modo, alla domanda «che cosa farei io in quella situazione?», in consonanza con i principi dell’interpretazione enunciati da Freeman Tilden negli anni Cinquanta del Novecento.

Fig. 2. Lastra in memoria dei fratelli Cervi, posta sul muro di cinta del Museo Cervi [foto John Freeman, 2022].
Fig. 2. Lastra in memoria dei fratelli Cervi, posta sul muro di cinta del Museo Cervi [foto John Freeman, 2022].

Casa Cervi non è visitata per un patrimonio materiale che possiede ma per un complesso valoriale che interpreta con le proprie mura, con i paesaggi che si leggono attraverso le sue finestre, con le esistenze che l’hanno attraversata, con gli stessi visitatori. Negli ambienti del Museo si aggiornano i dispositivi, da un lato riutilizzando alcuni elementi ancora utili e adattabili alle nuove esigenze, dall’altro accogliendo materiali naturali, consonanti con l’interpretazione del luogo e in cui il gesto museografico concorre alla creazione del significato; si pensi alla presenza della terra, in relazione con l’agricoltura e il radicamento nel territorio.

Casa Cervi resta un luogo straordinario, in cui si conservano l’attenzione valoriale all’antifascismo, al legame con la terra, allo studio, allo sguardo rivolto al mondo esterno. Ma si aggiunge un portato di innovazione in termini di linguaggi, di strumenti, in un sol termine, di adesione ai principi della Public history. Si è voluto così farsi guidare da un’interpretazione e un segno che da un lato rispettano l’identità del luogo e dall’altro spingono le storie a uscire dai propri vincoli geografici e temporali; rinnovano i dispositivi per offrire una comunicazione più efficace con i pubblici ma non soffocano l’esperienza con eccessi tecnologici stranianti; danno spazio alle storie dei protagonisti e delle protagoniste della casa ma aprono a tutte e a tutti la possibilità di tornare a se stessi, al proprio vissuto, alla propria sensibilità.

Per favorire un ripensamento utile ed efficace del percorso era opportuno provare a ragionare non solo intorno alla storia e alle funzioni del luogo in quanto spazio di lavoro, di vita familiare, di convivialità e dibattito ma anche intorno ai suoi tanti significati e valori e quindi affrontare il tema della rilevanza del Museo, cioè la sua valenza in termini sociali, oltre che culturali. Aspetto irrinunciabile per un Museo che è sì, custode di un luogo, di una collezione, di una vicenda, ma altresì, in ragione dell’esemplarità della sua natura, presidio valoriale che va ben oltre gli oggetti che conserva e le attività che propone.

Fig. 3. Una delle sale del Museo Cervi [foto John Freeman, 2022].
Fig. 3. Una delle sale del Museo Cervi [foto John Freeman, 2022].

Il rispetto dovuto all’identità e alla storia del Museo, imponeva un esercizio di levità e di sensibile percezione della sua natura profonda. Si è trattato quindi di riconfigurare il percorso in termini di accessibilità e di metterne in luce peculiarità e punti di forza. Questo ha voluto dire, anzitutto, ricostruire un Museo più logico e lineare dal punto di vista della percorribilità, della coerenza tra spazi e aree tematiche, della fruibilità. I fronti di intervento previsti dal ripensamento sono stati quindi il ridisegno del percorso, la razionalizzazione degli argomenti, la rielaborazione del messaggio anche in chiave attualizzante, il relabeling – cioè il ripensamento dell’apparato testuale – e l’aggiornamento dei dispositivi.

È senza dubbio più facile disegnare un museo ex novo che non andare a ricolorare un museo che c’è già e che ha una lunga e dignitosa storia: bisogna stare nei margini, scegliere tonalità complementari, usare gomma e matite appuntite con cautela, sfumando dove serve. E su più di un aspetto si è andato sfumando il primo tratto progettuale. Ma forse questo trascolorare è anche misura della capacità di un progetto di reggere e accettare le caratterizzazioni e le precedenze di chi, il Museo, lo vive quotidianamente; e della volontà di leggere i suggerimenti che vengono dalle pratiche di visita e cogliere le variazioni di luce, laggiù, sui tappeti di foglie gialle e rosse dove i più piccoli, in autunno, raccolgono le ghiande.

2. Nuovi raccolti

Il Museo Cervi nasce dall’evoluzione della casa contadina abitata dalla famiglia Cervi, luogo dove a partire dagli anni Trenta del secolo scorso si è svolta la loro vicenda umana, che presto incrocia la storia e le sorti collettive, la loro maturazione antifascista, il loro sogno di emancipazione sociale e produttiva delle campagne.

Fig. 4. Pannello “La genealogia dei Cervi”, Museo Cervi [foto John Freeman, 2022].
Fig. 4. Pannello “La genealogia dei Cervi”, Museo Cervi [foto John Freeman, 2022].

Il 28 dicembre scorso, ha riaperto al pubblico i suoi spazi, molti dei quali rinnovati nel segno di una sintonia coi nuovi tempi e provando a raccogliere le sfide del presente. Rinnovare non è sempre necessario, soprattutto quando il rinnovamento è motivato da un semplice intervento di ammodernamento sulla base dei criteri più nuovi. Ci sono però musei che si reggono sulla trasmissione di un racconto, e dove le collezioni, gli oggetti, i documenti hanno sì una centralità, ma sono anche e soprattutto funzionali al racconto e alla trasmissione di una memoria. È il caso del Museo Cervi.

Sono state così riallestite le sale collocate al piano terra, seguendo appunto un progetto che insieme alle necessità di aggiornamento dei criteri e delle modalità espositive, ha soprattutto cercato di rappresentare le suggestioni raccolte ascoltando i tanti visitatori che negli anni, e più precisamente nei 20 anni che separano questo aggiornamento dall’allestimento precedente, hanno visitato Casa Cervi. In fase di stesura preliminare del progetto, sono anche stati creati momenti di ascolto, coinvolgendo “gruppi di interesse” del Museo, in modo da meglio definire gli aspetti da rinnovare.

Senza intaccare l’unicità del luogo, la sua identità e le sue molte anime, si è cercato di rinnovare il linguaggio della narrazione storica, e si sono aggiornati i dispositivi dell’allestimento con un’apertura alla multimedialità, per una comunicazione più aggiornata e efficace.

I pannelli espositivi, tradotti in inglese, si sono arricchiti dei nuovi esiti della ricerca storica, mentre parallelamente si è anche approfondito il racconto della memoria, e in particolare la costruzione della dimensione pubblica della storia della famiglia Cervi, in parallelo con gli eventi storici dal secondo dopoguerra ai giorni nostri.

Nella ricerca di una maggiore centralità - nel percorso di visita - della storia della famiglia Cervi, si anche è cercato di valorizzare tutti i componenti della famiglia, facendoli emergere con quelle singole peculiarità che hanno contribuito tutte insieme a farne una solida unità familiare. Dunque coi sette fratelli e il padre Alcide anche le donne: le sorelle Rina e Diomira, e Iolanda, Margherita, Irnes e Verina, mogli di Gelindo, Antenore, Agostino, Aldo. E con loro Genoeffa Cocconi.

La riflessione sull’aggiornamento dei contenuti storici e documentari si è tradotta nella rivisitazione dell’esposizione, nel segno anche di una maggiore essenzialità dei materiali e degli oggetti esposti, e ha trovato una efficace ricaduta anche nella scelta di soluzioni tecniche volute dai progettisti, che - orientandosi verso l’utilizzo della terra cruda, del legno, dell’impasto di legno e cemento - rimandano alla terra dei Campirossi, il podere un tempo lavorato dai Cervi e su cui si trova la casa-museo, e “fanno sentire” al visitatore le radici della famiglia, l’appartenenza a un mondo in cui la terra era basilare, per l’economia ma anche nella definizione di una identità, incidendo anche nell’orientamento dell’impegno civile.

Il percorso inizia dagli spazi esterni del Museo, che sono stati valorizzati con pannelli che raccontano la storia del territorio e invitano a un avvicinamento lento al Museo, in modo da “leggere” la struttura originale della casa colonica, la tipicità delle due porte morte, gli assi centrali e di collegamento delle sale espositive, ricavate negli spazi di vita e di lavoro della famiglia Cervi. La prima sala si intitola La storia, che propone una coraggiosa inversione del racconto, partendo dal drammatico epilogo della fucilazione dei sette fratelli Cervi e di Quarto Camurri per mano dei fascisti il 28 dicembre 1943. La narrazione è affidata a un suggestivo video che occupa l’intera sala, e alla ampia riflessione degli storici Isabella Insolvibile, Iara Meloni, Carlo Greppi, che ci dicono come dal loro sacrificio si sia generata e diffusa una nuova consapevolezza di impegno e di lotta, dall’antifascismo alla Resistenza, dentro alla definizione di un sistema di valori che saranno poi alla base della costituzione e del percorso democratico successivo. A ritroso, nelle sale successive si riparte dalle origini della famiglia Cervi, con le loro attività di contadini innovatori e antifascisti, mentre sullo sfondo Italia e Europa sono incendiate dal fascismo e dal nazismo. Oggetti, documenti, video immergono il visitatore in un vortice di storia e di storie che lo portano a riflettere sulla sua esperienza di cittadino di oggi, e sul senso della Scelta (questo il titolo della seconda sala).

Le domande che vengono sollecitate, il confronto con il contesto attuale, e la ricerca di possibili risposte nella straordinaria attualità della storia della famiglia Cervi, accompagnano il visitatore anche nella sala successiva, Tra terra e sogno, e poi nella dimensione più quotidiana della vita raccontata nella parte abitativa. I mestieri e gli attrezzi esposti raccontano il lavoro, e la ricerca di una nuova dimensione del lavoro contadino attraverso l’innovazione. Il mappamondo portato a casa da Aldo Cervi nel 1939 con l’acquisto del primo trattore della zona, collocato al centro della sala, consente insieme al telaio di recuperare il ruolo sociale della stalla, luogo della relazione familiare e non solo. Qui un ruolo fondamentale lo hanno le donne della famiglia, che in questo restyling sono state al centro di una valorizzazione, che ne ha messo anche in evidenza la consapevolezza del contesto storico, la centralità nella vicenda famigliare, e il ruolo nel “tessere” quelle relazioni umane fondamentali per la costruzione della Resistenza, e delle diverse forme dell’impegno.

Fig. 5. Il mappamondo posto al centro della sala “Tra terra e sogno”, Museo Cervi [foto John Freeman, 2022].
Fig. 5. Il mappamondo posto al centro della sala “Tra terra e sogno”, Museo Cervi [foto John Freeman, 2022].

La vicenda della famiglia Cervi ha un ruolo importante nel dopoguerra, dove si interseca con la storia e la memoria collettivi. Gli esiti delle ricerche sulla memoria e sulla costruzione della dimensione pubblica della vicenda della famiglia Cervi degli ultimi anni sono stati al centro di una riflessione raccontata nella stanza della abitazione che negli anni Sessanta del secolo scorso ha visto nascere il primo nucleo museale. Qui sono stati ricollocati una parte dei doni portati dai visitatori a partire dal dopoguerra: di oggetti, ma anche di fotografie, manufatti, piccole opere di grafica, medaglie, onorificenze, diplomi, dediche, sottolineati nella specificità e insieme contestualizzati in una linea del tempo, che corre dal 1945 a oggi.

Il riallestimento di questo spazio ha consentito anche di entrare nel merito della nascita e dello sviluppo del Museo, mettendone in evidenza l’aspetto peculiare, la spinta delle persone che in modo spontaneo arrivano alla casa abitata dalla famiglia Cervi, per incontrare i famigliari e portare un attestato di vicinanza, di adesione convinta ai valori e alle motivazioni della scelta compiuta anni prima, e anche di stimolo a mantenerla viva e attuale. Il “pellegrinaggio laico” ha contribuito ad avviare un processo che avrebbe poi avuto gli inevitabili e fondamentali sviluppi istituzionali: ma è indubbio che le cose, gli oggetti spesso di nullo valore estrinseco che i visitatori lasciano come segno del loro passaggio contribuiscono a avviare, e prima ancora forse a suggerire, il possibile sviluppo di un percorso ragionato. Le prime suggestioni diventeranno poi negli anni successivi, e attraverso diverse fasi, vero e proprio progetto di allestimento museale, fino agli esiti attuali.

La volontà di contaminare il percorso storico con opere d’arte ha consentito da un lato di valorizzare i processi di formazione delle collezioni, e di arricchire quella d’arte con opere realizzate ex novo per il nuovo allestimento. Sono infatti le opere originali di Alfonso Borghi, di Mario Rosati, di Costantino Morini a mettere in evidenza alcuni snodi significativi dell’allestimento, all’interno e all’esterno del percorso, anticipando la visita al Parco agroambientale, e a comunicare come siano vivi gli aspetti ideali, i valori che hanno animato la vita e la vicenda della famiglia Cervi, riferimento per la formazione di una coscienza civile, di un patto di cittadinanza che si rinnova dentro solide radici.

Primo accesso al complesso delle strutture che formano l’Istituto Cervi, attraverso la valorizzazione dello spazio esterno e l’avvio del percorso di visita, il Museo è entrato in relazione positiva con le altre parti dell’Istituto. La necessità di fare emergere e rafforzare il dialogo fra Museo, Biblioteca archivio Emilio Sereni, Parco agroambientale è stata infatti una delle esigenze colte e messe a punto dal progetto di riallestimento, attraverso la connessione dei contenuti ma anche degli spazi fisici, creando un asse di percorso nello spazio retrostante al Museo e di comunicazione con le altre strutture.

Nella stanza di Casa Cervi che negli anni Sessanta del secolo scorso vide nascere il primo nucleo del Museo, sono esposti oggetti, lettere, testimonianze, doni portati da tanti cittadini come testimonianza della volontà popolare di sentirsi parte di questa storia, e di trasmetterla secondo una pratica che continua ancora oggi.

Bibliografia

  • Bauman 2018
    Zygmunt Bauman, L’ultima lezione, Roma-Bari, Laterza, 2018.
  • Casamatti 2010
    Giorgio Casamatti, La famiglia Cervi. Contadini nella Resistenza, Parma, Mup, 2010.
  • Cerri 2013
    Marco Cerri, Papà Cervi e i suoi sette figli. Parole della storia e figure del mito, Soveria Mannelli, Rubbettino, 2013.
  • Cervi 2010
    Alcide Cervi, I miei sette figli, a cura di Renato Nicolai, introduzione di Luciano Casali, Torino, Einaudi, 2010 (ed. or. 1955).
  • Gagliani 2006
    Guerra, Resistenza, Politica: storie di donne. Annali dell’Istituto Alcide Cervi, n. 25/26, 200/2004, a cura di Dianella Gagliani, Reggio Emilia, Aliberti editore, 2006.
  • Genoeffa Cocconi 2004
    Genoeffa Cocconi. Donna, madre, contadina, Reggio Emilia, Quaderni dell’Istituto Alcide Cervi, 2 (novembre 2004).
  • Greppi 2004
    Antonio Greppi, I sette fratelli, Reggio Emilia, Istituto Alcide Cervi, 2004 (Trascrizione e pubblicazione del manoscritto di Antonio Greppi del 1955).
  • Lucenti 2006
    Eva Lucenti, I Fratelli Cervi, Nascita di un mito. Annali dell’Istituto Alcide Cervi, n. 27-28, 2005/2006, Reggio Emilia, Tecnograf, 2006.
  • Silingardi, Zanoni, Varesi 2022
    La scelta della libertà. Il Museo Cervi, guida al percorso di visita, a cura di Claudio Silingardi, Mirco Zanoni, Paola Varesi, Gattatico, Istituto Alcide Cervi, 2022.

Note

1. Il primo paragrafo si deve a Paola Elena Boccalatte, il secondo a Paola Varesi.