1. Un turismo di successo

Una ventina di anni fa, tra gli studiosi di fenomeni turistici, si apriva un prolifico filone di indagine che avrebbe avuto un certo successo negli anni seguenti. L’etichetta “dark tourism” faceva la sua comparsa nella letteratura scientifica e riscuoteva rapidamente un grande successo anche nel discorso di senso comune. Oggi il dark tourism è, per così dire, di moda. Costituisce una nicchia di mercato al pari di altre come quella del turismo “culturale”, “del lusso”, “avventuroso”... E nel 2018 il regista neozelandese David Ferrier ha realizzato per Netflix una serie tv di otto puntate intitolata Dark tourist.

In questo articolo discuterò il tema del dark tourism da una prospettiva sociologica, provando a fornire una panoramica delle principali definizioni di questo tipo di turismo e introducendo criticamente alcune delle principali questioni che il tema solleva.

Per capire cosa si intenda con dark tourism procediamo fornendo qualche esempio.

A Londra, il London Dungeon mette in mostra alcuni dei fatti più sinistri della storia della città. Il museo, inaugurato nel 1976, ricrea al suo interno – grazie all’utilizzo di attori, effetti speciali e scenografie – alcuni eventi della storia di Londra, con particolare predilezione per quelli macabri e sanguinosi. In una rappresentazione tipica dei parchi a tema, i visitatori attraversano la peste del 1665, il grande incendio che ha devastato la città nella seconda metà del Seicento, i delitti di famosi serial killer come Sweeney Todd (il diabolico barbiere di Fleet Street) e Jack lo squartatore. Sulla scorta del successo del Dungeon di Londra anche Edimburgo, York, Amsterdam e Amburgo hanno aperto i loro Dungeon locali, ispirandosi al modello londinese.

Appena fuori dal centro di Palermo i turisti scendono la ripida scala che conduce alle cosiddette “catacombe dei cappuccini” sotto la chiesa di Santa Maria della Pace, nel quartiere Cuba. In realtà non si tratta di catacombe ma di un sistema di circa 300 metri di gallerie scavate nel tufo a partire dalla fine del Cinquecento ed utilizzate inizialmente dai frati della chiesa per seppellirvi i loro confratelli defunti. Le particolari condizioni di temperatura e umidità si rivelarono ottimali per la conservazione delle salme e nei secoli successivi molte famiglie benestanti di Palermo scelsero quel luogo come ultima dimora per le spoglie mummificate dei loro cari. Oggi la visita prevede un percorso attraverso corridoi lungo le cui pareti sono esposte circa 8.000 mummie, distinte per sesso e categoria sociale. Uscendo, si possono acquistare alcune cartoline con i particolari della cripta appena visitata.

A Parigi, nel XX arrondissement, il cimitero del Père Lachaise è uno dei luoghi più visitati della capitale francese. Molti turisti lo apprezzano per la tranquillità e la possibilità di passeggiare in mezzo al verde. Altri bighellonano tra le tombe in cerca dei molti personaggi illustri che qui sono sepolti. Per altri ancora è la meta di un pellegrinaggio nel quale rendere omaggio ai propri miti, siano Jim Morrison, Oscar Wilde, Édith Piaf, Maria Callas o Chopin.

Dopo avere lasciato la macchina in prossimità delle prime case del centro storico, il bel borgo di Triora, nell’entroterra di Imperia, accoglie i visitatori con i suoi negozi di souvenir tra i quali campeggiano cappelli a punta da strega, statue e pupazzi raffiguranti fattucchiere di ogni foggia e altri gadget degni della fama di cui il borgo gode: quella di “città delle streghe”. Qui si celebrò nel XVI secolo uno dei più famosi processi alle streghe e oggi le bagiue (streghe nel dialetto triorese) rappresentano per questa cittadina un marchio in grado di attrarre ogni anno migliaia di turisti. A un capo del paese, che si distende sulla cresta rocciosa delle montagne che separano la Liguria dalla Francia, vi è il Museo etnografico dell’agricoltura e della stregoneria, nel quale trovano posto esposizioni relative alla fauna e alla flora locali, alle tradizioni e agli usi della vita contadina triorese e, naturalmente, alla stregoneria e al processo che ebbe luogo nel borgo. Al capo opposto del paese, nella cornice fornita da alcune abitazioni in rovina, è stata allestita una piccola ricostruzione, con statue di streghe in dimensioni reali intente a cuocere pozioni magiche in un enorme pentolone. Numerosi eventi “a tema” integrano la proposta di questa località: la festa di Halloween richiama ogni anno grandi folle di ogni età e la città è spesso sede di convegni su tematiche connesse alla stregoneria.

Dopo l’incidente che costò la vita a Lady Diana nell’agosto del 1997, un flusso incessante di turisti si recò al ponte parigino dell’Alma, teatro dello scontro, per deporre fiori, per fotografare e farsi fotografare, o anche solo per dare un’occhiata.

Ogni anno diverse centinaia di migliaia di persone visitano il campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau. Uno dei simboli per antonomasia degli orrori della Seconda guerra mondiale e della Shoah continua ad esercitare una enorme attrazione e un potente richiamo per i turisti di ogni parte del mondo. Numerose agenzie turistiche offrono pacchetti che comprendono, oltre alle più importanti città della Polonia, escursioni in questo luogo di dolore e di morte. La visita comprende un tour tra le strutture del campo: accedendo dal cancello principale, con la sua celebre scritta, il visitatore può vedere le baracche dove dormivano i detenuti, le torrette, le recinzioni di filo spinato e le camere a gas dove i prigionieri venivano uccisi. Un museo racconta le condizioni del campo, attraverso l’esposizione di oggetti rinvenuti sul posto: 80.000 scarpe, mucchi di occhiali, le tristemente celebri divise a strisce e ogni altro tipo di oggetti appartenuti ai prigionieri. E alcune mostre fotografiche rappresentano al visitatore l’orrore delle torture e della morte “in serie” [Pirazzoli 2016].

Tutti gli esempi appena riportati sono spesso ricondotti all’etichetta di dark tourism, cioè di «un fenomeno che comprende le forme di presentazione – e di consumo da parte di visitatori – di luoghi di morte e disastri, reali o rappresentati» [Lennon e Foley 2000, 198]. Ciò che accomuna i “dark tourists” sarebbe, secondo una definizione condivisa, una certa curiosità o indulgenza morbosa per la morte o il dolore [Seaton e Lennon 2004].

Si tratta tuttavia, come gli esempi appena riportati evidenziano, di un fenomeno complesso ed eterogeneo che prova a riportare all’interno di una categoria unitaria una fenomenologia estremamente ampia di forme e contenuti [Skriebeleit 2016]. La letteratura ha cercato di farsi carico della varietà delle forme proponendo diverse possibili classificazioni [Tosi 2010].

Seaton [1996] ha proposto cinque categorie in cui è possibile distinguere diversi tipi di dark tourism: 1) i viaggi nei luoghi dove avvengono fatti legati alla morte, quali esecuzioni, disastri ecc.; 2) i viaggi per vedere siti legati a morti individuali o collettive, come le battaglie, i campi di sterminio, i luoghi di morti illustri o di omicidi celebri, le case di “mostri”; 3) i viaggi presso memoriali, cripte o cimiteri; 4) i viaggi verso luoghi che rappresentano la morte senza una specifica connessione con il luogo, come i molti musei degli strumenti di tortura ecc. e 5) i viaggi per vedere simulazioni di eventi legati alla morte, come nei casi di simulazioni di battaglie, rievocazioni storiche di eventi bellici ecc.

Tuttavia, la sensazione di un eccesso di eterogeneità rimane. C’è il rischio di raggruppare sotto una medesima etichetta oggetti così differenti da rendere incerta la consistenza concettuale, e l’utilità, della categoria [Strange e Kempa 2003; Stone 2006]. I visitatori del cimitero di Père Lachaise e le persone che si facevano fotografare sotto il ponte parigino dove ha perso la vita Lady Diana sono attratti in entrambi i casi da luoghi associati alla morte e alla sofferenza. Ma il tipo di esperienza che essi fanno e le motivazioni che li muovono sono evidentemente assai differenti.

A rendere ulteriormente scivolosa la definizione del concetto di dark tourism vi è la possibile contiguità con diverse forme di attrazione turistica che, pur non avendo espressamente il tema della morte come fulcro, lo intersecano o si posizionano sui suoi incerti confini. Possono infatti mostrare inflessioni “dark” anche destinazioni che devono il loro interesse a temi quali la pericolosità del luogo [Pelton 2003] o lo «spettacolo del dolore» e «della miseria» nelle loro diverse forme [Boltanski 2000].

Se si vuole cercare di dare consistenza concettuale all’idea di dark tourism – e anche fare i conti con i problemi di etica del turismo che questo fenomeno può sollevare – è necessario lavorare sui criteri che consentono di distinguere le varie pratiche turistiche connesse alla morte e al dolore: ciò allo scopo non solo di distinguere, come nelle proposte di classificazione, le differenti “forme” di questo tipo di turismo, ma anche di venire a capo della varietà di esperienze e di significati che si possono “comporre” in ogni specifica pratica di dark tourism. Inoltre, in via preliminare, è opportuno ricordare i correlati storici del fenomeno: se e in che misura questo tipo di turismo costituisca una novità, e le ragioni che ne fanno un fenomeno profondamente connesso con la postmodernità.

2. In cerca di una definizione

Il tema della morte e del dolore non sono una novità nella storia del turismo. Stone e Sharpley [2008] hanno osservato come la relazione tra svago ed eventi connessi alla morte abbia radici assai antiche, rintracciabili ad esempio nei giochi gladiatori che si svolgevano al Colosseo. In questo senso diverse forme di divertimento possono essere viste come antecedenti del dark tourism: ad esempio già dal Medioevo, quando le esecuzioni pubbliche costituivano un fattore di interesse pubblico che attirava verso i patiboli masse di spettatori da città vicine e lontane. Con il romanticismo e l’epoca vittoriana questo tipo di attrazione assume una decisa accelerazione. Le visite alla morgue di Parigi costituiscono un importante elemento turistico riportato nelle guide di viaggio fin dalla metà dell’Ottocento, così come i campi di battaglie celebri (emblematico il caso di Waterloo) o la visita alle rovine di Pompei che ha costituito uno degli elementi centrali del Grand Tour e delle sue derivazioni [Miles S. 2014].

Tuttavia vi sono elementi del moderno dark tourism che rinviano con tutta evidenza ad alcune problematiche contemporanee. Sullo sfondo, naturalmente, il tema della morte e il posto che essa occupa nelle società contemporanee. Da una parte la morte è progressivamente rimossa dal discorso pubblico e dall’esperienza degli individui negli spazi di vita quotidiana, essendo sempre più confinata entro spazi specializzati e consegnata alle mani di “esperti” in un crescente processo di professionalizzazione. Dall’altra, forse proprio a compensazione di questa rimozione, la morte diviene pervasiva e messa in scena ossessivamente e meticolosamente dai mezzi di comunicazione di massa (per esempio in serie tv come HBO Autopsy o Six Feet Under o in trasmissioni giornalistiche dedite alla ricostruzione di omicidi celebri). Dunque una morte nascosta da una parte ed esibita dall’altra [Ariès 2013; Elias 2011; Boltanski 2000]. Con tutta evidenza, il dark tourism si situa in questa ambivalenza, e può rappresentare un tentativo di “amministrare” la morte (estetizzandola ed esorcizzandola).

Inoltre, il successo di queste forme di turismo si intreccia con i meccanismi di comunicazione e di creazione dell’evento tipicamente postmoderni. È evidente in molti casi che lo spazio e i modi assunti dal divismo nella postmodernità hanno un ruolo rilevante nelle narrazioni costitutive degli eventi e dei luoghi del dark tourism, così come appaiono specifiche della fase attuale le tendenze all’organizzazione e alla commercializzazione dell’evento e dello spazio connesso a questo tipo di turismo, che raggiungono gradi e forme sconosciute nelle versioni premoderne.

L’effettiva portata del fenomeno può essere però valutata soltanto se si entra nel merito della “inconsistenza” del concetto. Come è stato osservato, nonostante negli ultimi anni il dark tourism abbia sollevato un interesse da parte delle scienze del turismo e della sociologia del turismo, la sua definizione e l’applicazione che ne viene fatta continuano ad avere un carattere piuttosto eclettico e fragile sul piano teorico [Stone 2006]. In discussione, come si è detto, è la possibilità di accomunare una varietà di siti e di fenomeni così diversi – come il Sixth Floor Museum, dedicato alla figura di John Fitzgerald Kennedy e al suo omicidio [Foley e Lennon 1996], le visite ai cimiteri [Seaton 2002] e i luoghi di morti celebri [Alderman 2002].

Le criticità e i limiti della portata esplicativa del concetto di dark tourism diventano particolarmente evidenti nel caso del turismo che ha per destinazione luoghi legati a tragedie storiche entrate nell’immaginario collettivo con significati che eccedono la specifica ricostruzione storica. Casi di questo tipo sono ad esempio i luoghi legati all’Olocausto o Ground Zero.

La varietà di esperienze e di significati che si possono riscontrare nelle pratiche d’uso dei luoghi associati a questi eventi porta l’attenzione sulle “combinazioni”, sulle costellazioni di significati generati attorno all’elemento comune costituito dall’associazione con il dolore e la morte. È qui che si trovano tanto i criteri per differenziare le forme di dark tourism quanto le conferme dell’incertezza della nozione: vi sono nell’esperienza dei visitatori elementi che nulla hanno a che fare con la “curiosità morbosa” per la morte o il dolore, trattandosi tuttavia di luoghi per i quali la morte e la sofferenza rappresentano elementi costitutivi dell’esperienza del visitatore.

La questione chiama ovviamente in causa le motivazioni del turista: e qui incontriamo un punto debole della riflessione e della ricerca. Mentre esiste ormai un certo grado di approfondimento e di ricerca relativa al “lato dell’offerta”, più deboli sforzi sono stati sinora intrapresi per analizzare quello della “domanda” [Seaton 1996; Stone 2006; Stone e Sharpley 2008].

Appare in effetti difficile definire dei luoghi di dark tourism senza una approfondita analisi delle motivazioni dei visitatori.

L’idea di definire una meta turistica come “macabra” – per ricorrere ad un termine spesso usato nel dibattito come sinonimo di “dark” – appare semplicistica e poco convincente. Secondo una lettura di senso comune, un cimitero potrebbe essere definito come un luogo macabro. Ma se guardiamo alle motivazioni che possono spingere un turista a intraprendere una visita in un cimitero ci ritroviamo a prendere in considerazione una serie di ragioni che non hanno relazione con questo mondo di significati. La piacevolezza di una passeggiata nella tranquillità di Père Lachaise non è necessariamente legata a un impulso legato alla morte. Un’occhiata alla tomba di Jim Morrison – con i suoi possibili correlati turistici come quello della fotografia ricordo – è più facilmente assimilabile alla caccia all’autografo di un artista famoso o alla visita alla casa natale di uno scrittore (di Leopardi a Recanati, ad esempio). L’ambiente del cimitero può indurre una nota nostalgica alla visita. Ma si tratta evidentemente di qualche cosa che non appartiene al quadro della curiosità maliziosa per la morte o il dolore che dovrebbero costituire il proprium del dark tourism [Seaton e Lennon 2004].

Così anche la visita a luoghi come il campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau o lo Yad Vashem di Gerusalemme presenta una gamma di significati che variano a seconda delle ragioni della visita. Resta fermo e inequivocabile il riferimento al contesto di morte e tragedia. Ma il visitatore può riempire in modi estremamente vari l’esperienza della visita. I significati attribuiti alla visita possono essere assai diversi se i visitatori sono sopravvissuti al campo di sterminio, familiari di persone vittime della Shoah, studiosi di storia della Seconda guerra mondiale, studenti in gita di istruzione, membri di associazioni antifasciste [Reynolds 2018].

C’è un caso di (possibile) dark tourism particolarmente utile in questo tentativo di chiarificazione concettuale. Si tratta di ciò che Rojek [1993] definisce black spot, ossia di quelle commemorazioni ricorrenti che rievocano personaggi celebri, come accade per i pellegrinaggi al luogo dove è avvenuto l’incidente d’auto nel quale ha perso la vita James Dean, le processioni al lume di candela a Graceland in memoria di Elvis Presley o le celebrazioni dell’anniversario dell’assassinio di JFK a Dallas. Si tratta in questi casi di tipiche performance postmoderne, ricostruzioni ripetute che esistono in rapporto alla possibilità di essere fatte circolare attraverso il sistema dei mezzi di comunicazione di massa e che costruiscono la loro narrazione intorno a una storia che presenta un qualche contenuto tragico. In questi casi la celebrazione cui i turisti partecipano, a prescindere dal fatto che il luogo dove si svolge sia direttamente collegato alla tragedia, assume i tratti di una veglia funebre, di un ricordo vissuto dolorosamente e che evoca in ciò la morte-tragedia.

Oltre a confermare l’importanza delle dinamiche di comunicazione e di creazione dell’evento tipicamente postmoderne nella genesi del turismo dark, questi esempi invitano a introdurre una dimensione essenziale per ordinare le differenze del dark tourism: la “costruzione turistica” del luogo/dell’avvenimento. I fattori che partecipano a tale costruzione turistica sono moltissimi ed estremamente diversificati. Le motivazioni individuali ne sono un elemento essenziale, ma l’attenzione deve estendersi ad una molteplicità di fattori come, ad esempio: i modi attraverso i quali la destinazione viene “turisticizzata” o tematizzata turisticamente, le ragioni per cui un luogo può diventare una destinazione turistica dark, il rapporto tra la destinazione e l’evento che definisce l’attrattività, il grado di infrastrutturazione di cui la destinazione viene dotata, ecc.

3. Eterogeneità delle forme e delle motivazioni

La nozione di costruzione turistica permette di prendere meglio in considerazione il rapporto con i luoghi del dark tourism – l’analisi cioè “dal lato dell’offerta”. La varietà di destinazioni che oggi punteggiano la galassia del dark tourism può essere colta sulla base di una varietà di criteri di definizione e differenziazione. Le variabili rilevanti sono offerte dalle diverse proposte di classificazione delle destinazioni del dark tourism [Stone e Sharpley 2008; Stone 2006; Seaton 2002]. Da esse possiamo trarre diversi criteri significativi.

Un primo criterio riguarda i modi in cui è costruita la narrazione che conferisce significati al luogo in questione. Alcune destinazioni di dark tourism si definiscono in loco. È cioè determinante che la meta sia il luogo dove il fatto tragico è avvenuto. Le visite ai campi di concentramento della Seconda guerra mondiale sono evidentemente destinazioni turistiche di questo tipo e molta parte della loro capacità di attrazione dipende dal loro essere “luoghi originali”. In altri casi, nella narrazione l’evento “prevale” per così dire sul luogo, con cui può avere legami variabili. In questa seconda versione ricadono tutte le forme di tipo museificato, che non richiedono necessariamente una stretta corrispondenza tra spazio dell’evento e spazio della narrazione. Molti musei dedicati all’Olocausto – quello di Washington o il già citato Yad Vashem di Gerusalemme, ad esempio – non hanno specifica relazione con i luoghi dove l’Olocausto è avvenuto; un loro eventuale carattere dark dipende semplicemente dalla presenza di immagini, di oggetti e di storie che raccontano i fatti tragici ad esso connessi [Reynolds 2018; Oren e Shani 2012]. Ma l’evento tragico non si è svolto lì.

Confrontando due mete turistiche dedicate agli eventi legati alla Shoah – Auschwitz e il Memorial Museum di Washington – Miles si cimenta in uno dei più classici temi dell’analisi turistica [MacCannel 2012] analizzando in modo esplicito i rispettivi attributi di autenticità dei due luoghi, riprendendo uno dei principali temi teorici su cui si è costruita molta parte del dibattito nella sociologia del turismo degli ultimi decenni.

Is it proper to label both of these institutions “museums”? Technically they both are. But Auschwitz-Birkenau is also something else. For sure, heritage theme parks and other sites of historical significance also serve multiple functions; they, too, have given rise to the question “What is a museum? […] Beyond being a museum, it is also a mass graveyard. Yet, on account of the ruthlessly efficient manner in which even corpses were eliminated (burning in the crematoria), this is a cemetery without tombstones, a graveyard without graves. In this respect this museum is unique, both by housing a museum-cum-exhibition and encompassing the locations where the dead literally went up in smoke.” [Miles W. 2002, 1176].

Una seconda dimensione riguarda la collocazione temporale. Molte delle destinazioni di questo genere di turismo devono la propria capacità di attrazione al riferimento ad eventi accaduti in un passato più o meno remoto. Le battaglie storiche come Waterloo, i processi alle streghe del XVI secolo su cui verte l’offerta turistica di Triora, i campi di sterminio nazisti configurano destinazioni che rimandano a eventi le cui narrazioni popolari appaiono stabili e condivise (al di là del dibattito storiografico). In altri casi si tratta di fenomeni che si caratterizzano per una maggiore immediatezza rispetto ai fatti di cronaca che ne sono alla base e, in genere, per una tendenza ad un rapido esaurimento della curiosità. L’affluenza di visitatori nei luoghi dove si sono consumati delitti particolarmente efferati o che, per una ragione o per l’altra (spesso per il tipo di trattamento mediatico), hanno ottenuto una grande attenzione è più spesso concentrata nel periodo immediatamente successivo ai fatti. Si tratta di eventi che attraggono curiosi per archi di tempo brevi rispetto all’evento criminoso oppure in occasione del riaccendersi dell’attenzione sui fatti (per esempio in occasione dei processi ad essi connessi).

Molte forme di curiosità e di interesse che vengono inscritte nel novero del dark tourism presentano queste caratteristiche di immediatezza e di breve durata. Rojek [1993] ha analizzato l’attrazione esercitata da due fatti tragici – l’incendio del traghetto Herald of Free Enterprise nel porto di Zeebrugge nel 1987 e lo schianto del volo Pan Am 103 a Lockerbie, nel 1988 – rilevando la concentrazione di una certa affluenza di “turisti” nel periodo immediatamente successivo ai fatti, senza che a ciò abbia fatto seguito una stabilizzazione della circolazione turistica o la strutturazione di un sistema di infrastrutture turistiche tali da consentire di trattare questi luoghi come destinazioni turistiche in senso pieno.

Questo tipo di movimento è interessante perché indica la possibilità che diverse forme ascritte alla categoria del dark tourism possano in realtà non caratterizzarsi come dark oppure non configurarsi come fenomeni turistici. L’attrazione può rispondere a dinamiche che poco hanno a che vedere con la morte o il dolore: sono piuttosto collegate al desiderio di trovarsi là dove si ha l’impressione che si stia facendo “la storia”. Magari con la speranza di comparire nell’inquadratura di qualche telegiornale della sera, o di incontrare qualche personaggio famoso (un frequentatore di salotti televisivi, qualche presentatore o giornalista ecc.).

Quanto alla possibilità di trattare questi movimenti come turismo, vi sono numerosi elementi che li rendono quantomeno “atipici”. In genere – al di là dell’enfasi con cui ai curiosi viene dedicata attenzione da parte dei mezzi di comunicazione di massa – si tratta di numeri piuttosto esigui e, come si è detto, concentrati nel tempo. Inoltre è raro – proprio in virtù del carattere temporalmente puntuale – che in situazioni di questo tipo si sviluppino dei processi di infrastrutturazione turistica. Non si osserva la nascita di alberghi e punti di ristoro. Tutt’al più si possono avere migliori affari per le strutture di ristoro già presenti o possono concentrarsi per alcuni periodi strutture ambulanti. Non nascono negozi di gadget e souvenir. Tutt’al più convergono nell’area fotografi – più o meno improvvisati – che cercano di “battere il chiodo finché è caldo”.

Tuttavia, come ha osservato Stone [2006], alcune mete dark che nascono in modo immediato in relazione a uno specifico evento – i cosiddetti “santuari dark” – possono vedere progressivamente una certa infrastrutturazione turistica. Gli esempi sopra riportati in effetti portano l’attenzione sui cambiamenti nel tempo nella costruzione turistica del luogo: le trasformazioni che nel corso del tempo investono una destinazione e la stessa rappresentazione di un evento tragico. La possibilità che le forme effimere possano strutturarsi ne è un aspetto. Attraverso il tempo si possono anche osservare trasformazioni nel modo in cui si ridefinisce il rapporto tra l’evento e il luogo in cui esso è ricordato, rappresentato e visitato. Se in una prima fase immediatamente successiva alla morte di Lady Diana i luoghi più visitati sono stati quelli del Ponte dell’Alma a Parigi e dei cancelli della sua residenza a Kensington Palace,

in un tempo relativamente breve questi santuari dark sono stati progressivamente smantellati e ricostruiti altrove, precisamente nel luogo in cui Diana è stata sepolta, a Althorp House. È interessante osservare come in pochi anni gli affari intorno al ricordo di Diana siano divenuti assai fiorenti, con una moltiplicazione di infrastrutture turistiche che oggi includono un museo che illustra la morte di Diana e i tributi che ad essa sono stati successivamente riconosciuti [Stone 2006, 155].

Dunque, di nuovo, appare la rilevanza del tipo di narrazione e del ruolo che essa svolge nella costruzione turistica del luogo. Un aspetto particolarmente importante e ampiamente discusso dalla sociologia del turismo, che si rivela centrale anche nel caso del turismo dark, è quello del rapporto tra autenticità e rappresentazione. Gli esempi già citati mostrano in modo sufficientemente chiaro come le destinazioni di questo turismo possano diversamente collocarsi tra questi due poli. Il confine tra autenticità e rappresentazione è evidentemente sottile e costituisce un nodo non semplice da sciogliere in molte delle riflessioni intorno al turismo.

Alcune destinazioni turistiche dark si articolano intorno al tentativo di riprodurre in modo quanto più possibile realistico – ma sicuro e godibile – l’esperienza del fatto “macabro” che viene narrato. Dunque, non conta solamente il rapporto tra il luogo e l’evento ma anche il tipo di ricostruzione e il livello di turistizzazione e il tipo di racconto che viene costruito e proposto. Significativo è in questo senso lo stile utilizzato in molte delle attrazioni turistiche anglosassoni. Il Sixth Floor Museum, a Dallas, dedicato all’assassinio di JFK costituisce un caso paradigmatico. L’intero museo è organizzato in modo da consentire al visitatore di “rivivere” gli eventi intorno all’assassinio del presidente americano. Il turista può affacciarsi alla finestra dalla quale Lee Oswald prese la mira. Una serie di video e fotografie ricostruiscono la dinamica dell’attentato. Tra le varie attrazioni offerte vi è anche la possibilità di viaggiare su una macchina come quella su cui sedeva JFK quando venne assassinato, percorrendo lo stesso identico percorso, con l’aggiunta di una ricostruzione audio del punto di vista del presidente. Il turista siede sulla macchina ascoltando le voci festanti delle persone presenti alla parata, poi gli spari, le urla concitate e sgomente della folla e disperate della moglie, per proseguire a gran velocità fino all’ospedale dove viene constatato il decesso. Per pochi dollari [Lennon e Foley 2000, 98].

Il London Dungeon costituisce una variazione ulteriormente “rappresentata” di eventi tragici. In questo caso vengono infatti raccolti in un’unica esibizione diversi contenuti dark che hanno avuto come teatro la capitale inglese. Anche per questo elemento è importante rilevare le differenze tra “oggetti” apparentemente simili.

Strange e Kempa [2003] hanno confrontato l’uso turistico di due prigioni storiche, mostrando come diversi tipi di “allestimenti” diano luogo a differenti “toni di dark”. Alcatraz, di fronte alla città di San Francisco, costituisce una sorta di archetipo del sistema carcerario USA. Qui sono stati imprigionati numerosi criminali americani, come il celebre gangster Al Capone. È una prigione che fa parte della storia americana e alla quale sono stati dedicati numerosi film e racconti. Robben Island, antica prigione sudafricana, è divenuta famosa per essere stata il luogo nel quale furono imprigionati gli oppositori al regime dell’apartheid e dove anche Nelson Mandela è rimasto rinchiuso per 18 anni. Entrambe le prigioni sono oggi dismesse e dedicate all’accoglienza di turisti. Tra le due vi sono tuttavia importanti differenze. Nel caso di Alcatraz il tipo di proposta assume un carattere fortemente “rappresentato” e si inscrive pienamente in uno stile hollywoodiano di visita, profondamente radicato nella rappresentazione USA del carcere e della giustizia e legato alle specificità dell’identità collettiva nordamericana. Si presenta come un parco a tema il cui carattere di divertimento e commercializzazione costituisce un elemento centrale della visita. Al contrario, la visita a Robben Island presenta tratti fortemente impregnati di significati simbolici connessi al contenuto politico che la prigione ha rivestito durante la sua fase operativa nel periodo dell’apartheid. A Robben Island gli elementi di “commercializzazione” e rappresentazione dell’autenticità non sono accentuati come nel caso di Alcatraz e prevalgono i contenuti di ricostruzione storica e di heritage culturale e identitario [Shackley 2001]. In effetti l’interpretazione offerta opera una selezione tra le possibili valenze del dark. Anche in questo caso, come emerge chiaramente dagli esempi precedenti, vi è una grande variabilità – una gamma che passa dal puro divertimento e intento ricreativo, a finalità educative e formative, a scopi di conservazione ecc. – e il dato significativo è la “combinazione” dei significati, la “costellazione” che ne risulta.

Il caso del Dungeon londinese si colloca evidentemente sul versante più espressamente ricreativo e approssima l’idea di un parco tematico nel quale i contenuti dark definiscono il denominatore comune delle diverse attrazioni presentate: il set di significati corrisponde da vicino a quello estremo, o più convenzionale, del dark tourism. In una situazione di questo tipo l’elemento filologico e quello dell’autenticità risultano secondari e prevale la rappresentazione di elementi scenici “ad effetto” che siano in grado di coinvolgere il visitatore divertendolo, anche attraverso le emozioni forti connesse alla paura, all’orrido, al sinistro.

Sul versante opposto, una destinazione come i campi di sterminio nazisti si propone al visitatore con intenti di tipo essenzialmente educativo e legati alla conservazione della memoria dei fatti che vi si sono svolti. La scelta di proporre al turista un setting quanto più possibile autentico, teso a mostrare il campo di concentramento come esso appariva durante il suo funzionamento, corrisponde ad un obiettivo – evidentemente ed inevitabilmente – storico e politico [Stone 2006; Pirazzoli 2013].

4. Cautele

La continuità con cui l’attrazione per i fatti tragici e il gusto del macabro storicamente incrociano il tema del loisir suggerisce di non liquidare troppo frettolosamente il fenomeno dark tourism. D’altra parte gli elementi di novità sono evidenti: questo tipo di turismo riflette aspetti importanti delle tendenze postmoderne del turismo contemporaneo, e un programma di ricerca dovrebbe anzitutto approfondire questa connessione.

Le ragioni di interesse per il dark tourism non sembrano tuttavia avere ancora condotto ad una concettualizzazione soddisfacente: la consistenza della categoria rimane incerta e l’eterogeneità degli oggetti accomunati sotto questa etichetta richiede di essere “elaborata”.

A questo fine la ricerca dovrebbe indagare in modo più sistematico i processi di “costruzione turistica” dei luoghi in questione. Una linea di approfondimento che è già stata segnalata dovrebbe farsi carico di indagare più da vicino il lato della domanda, le ragioni che possono spingere alcune persone a includere nei loro viaggi destinazioni che presentano elementi di attrazione legati al tema della morte e del dolore. Solo un’attenta valutazione dei significati che i visitatori attribuiscono a questo genere di destinazioni può consentire di discernere tra una serie di contenuti, per così dire classici del viaggio – lo svago e la ricreazione, la curiosità storica o artistica, l’elemento naturalistico e paesaggistico ecc. – e l’attrazione per il dark.

Altro punto meritevole di maggiore approfondimento è quello del ruolo che il turismo nei luoghi di tragedia e lutto può svolgere nel contribuire a definire i significati dei fatti storici avvenuti in quei luoghi. Contenuti e forme con cui gli eventi vengono ricostruiti e narrati partecipano all’interpretazione collettiva degli eventi stessi costruendoli e ricostruendoli tramite rappresentazioni specifiche. La turistizzazione di questo tipo di luoghi può svolgere una funzione educativa favorendo la persistenza di una forma di memoria storica e la costruzione di specifiche identità collettive. Tale valenza educativa non è evidentemente neutrale ma corrisponde sempre necessariamente a scelte specifiche e socialmente date. In questo senso il turismo nei luoghi legati alla Shoah o alla resistenza al nazifascismo nella vicenda storica italiana costituiscono chiari esempi.

Un ultimo punto che credo valga la pena evidenziare attiene a quella che potremmo definire una questione etica e di correttezza del rapporto tra il luogo e i suoi visitatori. Si tratta di una questione che si pone in generale per qualsiasi destinazione turistica, ma che nel caso di luoghi associati a dolore e morte merita particolare attenzione. Questo tipo di destinazioni impone un’attenta valutazione e gestione, al fine di evitare di scadere nel triviale e nel voyeuristico sulla scorta di una stringente ragione di business.

È un punto scarsamente tematizzato ma sul quale Schaller ha scritto pagine assai chiare, con riferimento al turismo legato all’Olocausto:

That business with Holocaust tourists is highly lucrative is proven by the fact that some companies concentrate exclusively on tours to the former concentration camp. On its website, a certain tour operator promises its customers every possible comfort and an unforgettable stay in Auschwitz:

“Welcome to Auschwitz Tours. We specialize in organizing tours to Auschwitz–Birkenau, Poland’s most visited museum. In addition to cooperating with only the most highly regarded professional museum guides our Krakow-based staff guarantees that our clients will avoid crowded buses and long lines. Our aim is to accent standard tours with a personal touch, offer the lowest online prices and guarantee comfortable transportation by a private car or max. 8 person van. […] Thank you for choosing Auschwitz Tours, we hope your experience will be a memorable one and that you enjoy your stay in Krakow”.

The language of this text is both grotesque and terrible and trivializes the horrors of Auschwitz in a perfidious way. It rather reminds one of an advertisement for a museum tour in Florence or Paris [Schaller 2007, 513-14].


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